Vajoint 60 anni dopo e quel gemellaggio con Casamicciola Terme

L’apocalisse del Vajont 60 anni dopo, il presidente Mattarella a Longarone, la città gemellata con Casamicciola Terme. Due mondi, due realtà unite nella bellezza e nelle sciagure. Mentre ad Ischia si attendono gli esiti dell’inchiesta sulla strage del Celario. Il presidente Mattarella ha parlato di “Pesanti responsabilità umane, di scelte gravi che venivano denunziate, da parte di persone attente, anche prima che avvenisse il disastro. La Repubblica non ha dimenticato”. Sessant’anni dopo, l’immane tragedia – che viene ricordata lunedì 9 ottobre con la visita del Presidente Sergio Mattarella al cimitero monumentale e poi alla diga. Un richiamo alla memoria collettiva. Un ritornello che anche questa volta non servirà a nulla. C’è un prima e un dopo Vajont nella storia del Paese. Sessant’anni non hanno guarito le ferite di queste popolazioni. Erto, Casso e Castelavazzo sono diventati paesi fantasma, con case e finestre sbarrate. Longarone è stata rifatta a forza di cemento armato. Delle costruzioni del 1963 sono rimasti in piedi il solitario campanile di Pirago, a nord dell’abitato, e il vecchio palazzo del Comune. Quattro minuti sono il tempo che ebbero gli abitanti di Longarone e della valle del Piave per tentare di mettersi in salvo, quella notte del 1963, prima che l’onda generata dalla frana del Toc nell’invaso del Vajont superasse la diga, radendo al suolo il paese. Le vittime del Celario di Casamicciola Terme, sempre troppe, sono morte in un istante indefinito. Il Capo dello Stato ha osservato un momento di raccoglimento davanti a quasi 500 bambini ognuno dei quali reggeva un cartello con il nome dei 487 bimbi che hanno perso la vita quella notte.
Il Presidente, accompagnato dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia, dal presidente della Camera Lorenzo Fontana, dal prefetto di Belluno e dal sindaco di Longarone, Roberto Padrin, si è quindi diretto verso la diga del Vajont. Padrin è stato più volte a Casamicciola Terme. Nei giorni del terremoto del 2017 e poi con l’alluvione del 2022 ha portato a Casamicciola la sua vicinanza concreta. E’ un legame lungo e duraturo quello che lega Longarone e Casamicciola. Tra i due paesi da anni esistono dei rapporti di collaborazione in virtù di un patto di amicizia che ha le sue radici agli anni successivi al disastro del Vajont. Casamicciola negli anni ’60, su iniziativa di alcune persone del posto, organizzò un viaggio per ospitare i bambini longaronesi orfani del Vajont che furono accolti per qualche estate di villeggiatura, un modo per alleviare loro le sofferenze subite. Un legame di affetto e ricordo della generosità dell’epoca mai sopito. Nell’ottobre del 2017 c’è anche stata una visita del sindaco Roberto Padrin. «Come longaronesi abbiamo il dovere di portare la solidarietà a chi ha subito queste tragedie per non dimenticare mai l’enorme solidarietà ricevuta dopo il Vajont». Così il sindaco Padrin nel 2017 lanciò il suo messaggio di vicinanza ed affetto facendo partire una catena di solidarietà per Ischia, confermando le sue convinzioni nei reciproci rapporti tra i due paesi accomunati dalle difficoltà e dalle catastrofi naturali.
Probabilmente gli abitanti di Casamicciola nemmeno se lo ricordavano quel gesto di solidarietà compiuto nei confronti della popolazione colpita dalla tragedia del Vajont, quando ospitarono per le vacanze estive diversi bambini sopravvissuti a quel disastro, alcuni dei quali rimasti orfani. Ciò nonostante nel maggio 2012 i superstiti e sopravvissuti della tragedia dell’“altra Italia“ vennero in vista nella cittadina termale per incontrare i volti e le famiglie che quasi 50 anni prima seppe regalare loro un estate lontana dal dramma e dalla devastazione del Vajont. Da quell’estate sono passati decenni, ma lì in Veneto quell’episodio non l’hanno dimenticato. Del resto, quella del Vajont è una delle tante ferite del nostro paese mai completamente rimarginate come lo è stato e quasi certamente lo sarà ancora Casamicciola. Un paese quest’ultimo. Dove forse si dimentica troppo presto.
Le parole del presidente Mattarella
“Siamo qui a rendere memoria di persone”, “quelle che sono morte il 9 ottobre 1963”, le “sopravvissute, quelle che hanno dovuto lasciare le loro case e quelle che hanno lottato strenuamente per ricostruirle, per rimanervi”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla cerimonia di commemorazione della tragedia del Vajont. Mattarella ha parlato dei “silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte per sempre nei greti dei corsi d’acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini. Cinquecento bambini. Sono tormenti che, tuttora – sessant’anni dopo – turbano e interrogano le coscienze”.