Amalfi: “lectio magistralis” del Capitano dei Carabinieri Alessandro Bonsignore alla celebrazione della Virgo Fidelis; umiltà e gentilezza, parole forti che fanno riflettere

E’ stata una bellissima pagina di educazione all’umiltà ed alla gentilezza, con un occhio ai giovani, speranza in un futuro migliore, il discorso del Capitano dei Carabinieri di Amalfi, Alessandro Bonsignore, al termine della celebrazione religiosa tenutasi mercoledì mattina in Cattedrale in occasione della Virgo Fidelis.

Innanzitutto, per i presenti, un gesto che ha lasciato tutti piacevolmente colpiti è stato il momento della pace; il Capitano ha lasciato il suo posto per stringere la mano a tutti i sindaci della Costiera, quasi a voler comunicare loro l’importanza della coesione, il fare gruppo, il mettersi al servizio di un territorio, la Costiera Amalfitana, che ha bisogno della collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine e cittadini per aiutare chi è in difficoltà.

E’ seguito poi il discorso del Capitano, un discorso semplice, puntuale, chiaro, alla portata di tutti, che ha toccato svariati temi, dalla gloriosa storia dell’Arma ai tragici eventi di oggi, con un occhio al futuro. E’ stata davvero una mattinata carica di emozioni e di profonda riflessione per i presenti, grandi e piccoli.

Sicuramente le parole del Capitano Bonsignore hanno acceso una lampadina in tutti quei ragazzi che hanno fatto lezione di educazione civica in chiesa e che hanno potuto toccare con mano come le istituzioni non sono lontane dalla quotidianità, ma sono al fianco dei cittadini per risolvere piccoli e grandi problemi, hanno potuto ascoltare una voce autorevole che ha spiegato loro con una semplicità disarmante che la vita è una missione. Non sarebbe giusto estrapolare pezzi da questo discorso, è necessario leggerlo nella sua completezza per rendersi conto del fatto che il nostro territorio ha, in questo momento, una persona pronta con i propri uomini a fare il possibile, il necessario e l’impossibile per permettere alla comunità tutta di vivere in pace, serenità e sicurezza.

“Eccellenza, Autorità, Signori e Signore, grazie della vostra presenza e della vostra vicinanza. Oggi abbiamo tre ragioni per fare memoria. Oggi si celebra la nostra celeste patrona, Maria Virgo Fidelis, oggi si commemora la Giornata dell’orfano e i fatti d’armi avvenuti il 21 novembre del ‘41quando i carabinieri si distinsero eroicamente nei combattimenti per la difesa dei territori in Africa Orientale, meritando una medaglia d’oro al valor militare alla bandiera dell’arma. Oggi facciamo memoria di quegli eventi, riflettiamo su di essi chiedendo alla Vergine Maria la grazia di trarne ispirazione per indirizzare correttamente il nostro operato di cittadini, sacerdoti, militari.

Partiamo dal primo La nostra padrona. La veneriamo come Virgo Firenze perché fu l’unica a continuare a credere nel messaggio di Cristo nelle ore buie tra la sua cattura e la sua resurrezione.  Oggi che valori e virtù sembrano non significare più nulla, noi carabinieri vogliamo continuare ad essere fedeli senza incertezze e senza compromessi ai valori che fondano la nostra civiltà e che la Costituzione riconosce e tutela. Sii fedele fino alla morte per noi significa due cose: significa accettare con coraggio di offrire la propria vita per un altro o per altri come fece il Brigadiere Salvo D’Acquisto, servo di Dio di cui quest’anno ricorre l’anniversario del sacrificio e martirio e come fanno oggi anche i carabinieri che perdono la vita nell’adempimento del loro dovere ma significa anche essere disposti a morire a noi stessi, alla nostra fatica, alla nostra stanchezza per compiere ogni giorno con disciplina il nostro dovere fino all’esaurimento di ogni energia fisica e morale,  come richiede il giuramento che abbiamo prestato. Non a tutti infatti sarà chiesto un gesto eclatante, offrire la propria vita, ma a tutti si chiede di adempiere ogni giorno agli impegni del proprio giuramento davanti alla patria che qui oggi rappresentate noi carabinieri vogliamo rinnovare oggi il nostro impegno a servire questa comunità sulle orme di chi ci ha preceduto conquistando all’Arma il titolo di Benemerita.

Cos’altro significa per noi fedeltà: essenzialmente significa stare al nostro posto, non sfuggire alle responsabilità.
La complessità delle situazioni, l’insistenza dei mezzi di comunicazione e dei social nel gridare la gravità dei problemi nel mettere in evidenza fatti di cronaca orribili e sentimenti di rabbia, inducono a un senso di scoraggiamento, di rinuncia, di sfiducia nel futuro e nell’umanità e la tentazione di scansarci dalle responsabilità tocca tutti, anche noi.

Noi oggi celebriamo la Virgo come padrone e dichiariamo che fa parte della nostra identità assumerci delle responsabilità. Non vogliamo essere rinunciatari perché siamo consapevoli di essere al mondo non per essere serviti, ma per servire. La vita è una missione, non l’aspettativa che siano soddisfatte le nostre pretese. Siamo convinti che la sicurezza di un popolo, di una città, di una famiglia, passa anche da noi, dall’attenzione che prestiamo a quello che succede intorno a noi mentre siamo di pattuglia, dalla nostra gentilezza mentre vi accogliamo nelle nostre caserme, dalla nostra competenza mentre rispondiamo ai vostri dubbi e quesiti e cerchiamo di risolvere i problemi, che certamente non sono semplici, ma se siamo fieri e onorati si poter contribuire a risolvere. Noi oggi celebriamo la Virgo come padrone e dichiariamo che fa parte della nostra identità assumerci delle responsabilità. Non vogliamo essere rinunciatari perché siamo consapevoli di essere al mondo non per essere serviti, ma per servire. La vita è una missione, non l’aspettativa che siano soddisfatte le nostre pretese. Siamo convinti che la sicurezza di un popolo, di una città, di una famiglia, passa anche da noi, dall’attenzione che prestiamo a quello che succede intorno a noi mentre siamo di pattuglia, dalla nostra gentilezza mentre vi accogliamo nelle nostre caserme, dalla nostra competenza mentre rispondiamo ai vostri dubbi e quesiti e cerchiamo di risolvere i problemi, che certamente non sono semplici, ma che siamo fieri e onorati si poter contribuire a risolvere. Di fronte ad una società sempre più liquida, atomizzata da un individualismo che lascia soli e spesso disperati davanti ai problemi della vita, abbiamo il privilegio di poter contribuire a far rinascere una comunità organica, viva e coesa, capace di testimoniare credibilmente i propri valori alle nuove generazioni. A noi non piace il lamento sterile, perché siamo coscienti dei talenti ricevuti e fieri di poterli mettere a disposizione del prossimo per continuare a scrivere una storia che meriti di essere raccontata. L’essenziale ci è ancora possibile; questo è ciò a cui dobbiamo lavorare e voglio dire ciascuno di noi e ciascuno di voi piantare palafitte nelle sabbie mobili, piantarle quanto più profondamente e solidamente possibile, una qui, un’altra là, alcune vicine, altre lontane, fino a quando non saranno sufficienti a porre le basi della ricostruzione. La chiave è non scoraggiarsi mai, l’essenziale è combattere ogni giorno, perché, fino a quando si lotta, non si è mai sconfitti.

La seconda ragione per cui oggi abbiamo celebrato questa santa messa è che oggi commemoriamo la Giornata dell’Orfano, anzi la giornata degli 1150 orfani di cui l’Arma si prende cura per il tramite dell’ Opera nazionale di Assistenza degli Orfani dell’Arma nazionale dei carabinieri di cui quest’anno ricorre il 75° anniversario della fondazione avvenuto nel ’48 con Decreto del Presidente della Repubblica Einaudi per sostenere le famiglie dei militari scomparsi durante la seconda guerra mondiale. Il ruolo dei carabinieri, diverso nelle sue forme ma unico nella sua sostanza è quello di assicurare il pacifico e ordinato svolgimento della vita nella comunità. Nell’assolvimento di questo compito, abbiamo avuto caduti e feriti. Oggi è il giorno per ricordarli con affetto, insieme alle loro famiglie e, in particolare, ai loro figli più piccoli.  Oggi, ancor più di ieri, l’Arma dei Carabinieri è orgogliosa di poter offrire a questi bambini e ragazzi dei contributi per la loro formazione e il loro avviamento professionale.

La terza ragione di memoria. Oggi ricorre l’anniversario della battaglia di Culquaber, conclusasi il 21 novembre 1941 in Africa orientale, che potremmo definire una gloriosa sconfitta. I Carabinieri di Culquaber erano prevalentemente ragazzi ventenni che si sono trovati a oltre 4000 km da casa isolati dalla Madrepatria con decine di migliaia di connazionali in pericolo. Questo è il contesto nel quale hanno scelto di essere fedeli fino alla morte, dando concretezza ad uno dei contenuti più peculiari della nostra cultura e della nostra civiltà, la frase di Cristo “non c’è amore più grande di questo, dare la propria vita per i propri amici”. Non a caso, i reparti inglesi che li hanno sconfitti, hanno reso loro l’onore delle armi, un modo di altri tempi per riconoscere la dignità, il valore e la lealtà dell’avversario. Se è vero che i ragazzi di oggi e più in generale l’uomo contemporaneo ascoltano più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascoltano i maestri, lo fanno nella misura in cui sono dei testimoni, gli eroi di Culquaber hanno fatto quello che anche oggi tutti si aspettano dai carabinieri, cioè che ci impegniamo senza riserve per difendere in Italia e all’estero la pace vera che, come ci insegna Sant’Agostino, è la tranquillità dell’ordine, ovvero la quiete di tutte le tendenze interiori dell’uomo, perché la pace imposta con oppressione e ricatti non è una pace vera, è una pace fragile.

La pandemia ha lasciato molte cicatrici, disagio giovanile, accentuazione dell’individualismo. Il quadro internazionale ci allarma, l’ordine e la gerarchia riflesse nelle istituzioni di ogni ordine e grado sono messe costantemente in discussione.
Le istituzioni tutte e l’arma dei carabinieri in particolare hanno il dovere di stare vicini ai cittadini a fungere da collante per tenere unità la comunità, a soffrire con essa i drammi che essa vive. Noi siamo onorati di far parte di questa comunità, vogliamo trasmettere speranza soprattutto a voi ragazzi che siete il nostro futuro.
Ricordatevi, ragazzi, che ogni cosa di questa vita è racchiusa nel 50 e 50. Guardate quanta bellezza e guardate anche quanti problemi, in apparenza anche irrisolvibili. C’è abbastanza luce per sperare e abbastanza buio per disperare ma non dobbiamo lasciarci rubare la speranza. Vi riporto uno dei dialoghi più significativi della “Trilogia del Signore degli Anelli”, che spero abbiate avuto l’occasione di leggere e conoscere. Sam, parlando con Frodo, gli dice: “E’ come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte; ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so: le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto; andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa”. Frodo gli risponde: “Noi a cosa siamo aggrappati Sam?”. E Sam risponde: “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo: è giusto combattere per questo!”

Infine un grazie a tutti coloro che si assumono delle responsabilità, a coloro che si rendono disponibili per ruoli amministrativi, i sindaci, i funzionari della pubblica amministrazione, coloro che lavorano nelle scuole, negli ospedali, gli operatori di prossimità, grazie a coloro che nella loro professione sono animati da intenzioni e realizzano programmi che sono di pubblica e privata utilità, che sanno unire con equilibrio il proprio interesse e il bene di tutti, imprenditori, docenti, liberi professionisti, grazie ai volontari, che dedicano tempo, competenze e passione per aiutare le persone fragili, per tenere vive iniziative e istituzioni educative come gli oratori, i centri sportivi, le associazioni culturali, grazie a coloro che hanno stima di loro stessi e che perciò si fanno avanti per l’impresa di conquistare il mondo con determinazione e gentilezza, che trovano insopportabili e ridicole l’arroganza e la presunzione.
Grazie a voi, cittadini, che vivete con onestà, impegno e fiducia i rapporti ordinari, e che contribuite a dare di questo territorio l’immagine di una società in cui è possibile una vita buona.

Vi ringrazio della gentilezza perché è il tratto necessario per creare un clima costruttivo e a rendere più sciolti i compiti e le responsabilità, il lavoro quotidiano. La gentilezza si esprime nel trattare gli altri con rispetto, nell’apprezzare il bene che si compie, nel ringraziare per il lavoro ben fatto, anche quando il bene è compiuto da avversari politici o da persone antipatiche, anche quando si devono denunciare le cose storte e criticare scelte sbagliate, si può dissentire senza insultare, si può provvedere con fermezza, ma senza disprezzo, si può correggere senza disprezzare.

Cari concittadini, voglio concludere con un monito, perché i fatti di cronaca accaduti in questa settimana hanno colpito tutti. Giulia Cecchettin è la 55° donna a morire quest’anno per mano del suo compagno o ex compagno. Il suo carnefice è un ragazzo di 22 anni che è stato arrestato, ma questo non ci soddisfa. Giulia non tornerà più. Che cosa possiamo fare, allora? Si avverte che nella nostra società ed anche nella nostra comunità sono presenti persone ed organizzazioni che disprezzano la vita umana, è cercano in ogni modo il potere e il denaro, si approfittano dei deboli, fanno soldi sulla rovina degli altri, distruggono giovinezze inducendo alla dipendenza dalla droga, dall’alcool, dal gioco d’azzardo, dalla pedo-pornografia, si approfittano di coloro che attraversano difficoltà economiche, di ragazzi con fragilità psicologiche, convincendoli con prepotenza incontrastabili che inducono alla resa prima della lotta e alla rassegnazione invece che alla reazione onesta condivisa con le istituzioni fiduciosa. E’ necessario che le famiglie e le istituzioni siano alleate per contrastare queste forze che insidiano e rovinano i giovani. E’ necessario, inoltre, tentare di reimpostare una corretta relazione tra uomo e donna. Ricordatevi, ragazzi, che la reciprocità tra uomini e donne moltiplica il bene e genera un futuro se risplende in ogni cosa, anche nella gentilezza. Forse ci verrebbe spontaneo ma certamente riduttivo fare della gentilezza un tratto caratteristico dell’animo femminile e della fortezza u tratto caratteristico dell’animo maschile, piuttosto è urgente promuovere una capacità di apprezzamento reciproco della pluralità dei linguaggi gentili e contrastare con determinazione l’aggressività dei linguaggi prepotenti, sgarbati e offensivi. Lo scandalo della violenza, in particolare la violenza di cui le donne sono vittime, impone una reazione ferma e un cambiamento profondo di linguaggi e di comportamenti.
Occorre guardare lucidamente a noi, urge formare un’opinione pubblica concorde nel ritenere ignobile il comportamento disonesto, nell’emarginare chi vuole imporsi e insegna ai figli e ai giovani a fare della prepotenza un titolo di merito.
Cari sacerdoti, aiutate noi famiglie ad educare i nostri figli all’affettività, non possiamo demandare questo arduo compito alla scuola.
Abbiamo un patrimonio inestimabile che San Giovanni Paolo II ci ha lasciato. La Familiaris Consortio, La Mulieris Dignitatem, L’Evangelium Vitae, le catechesi sull’amore umano. Aiutateci a leggere e riscoprire questi documenti, per formare una nuova generazione sulla base della straordinaria e profonda esperienza che il magistero millenario ci offre.
Per noi genitori, sforziamoci di motivare i nostri figli a guardare al futuro non solo con la minaccia di castighi. E’ urgente quella gentilezza della conversazione che trasmette la persuasione che la vita è una vocazione, non un enigma incomprensibile.
Che il futuro è promessa e responsabilità, non una minaccia; che ciascuno, così com’è, è adatto alla vita e all’altezza alle sfide, è degno di essere amato e capace di amare. Grazie”

Dopo i ringraziamenti al Sindaco di Amalfi Daniele Milano, un applauso lungo e sentito di approvazione ed ammirazione da parte di tutti i presenti, a cui si sono aggiunti commenti lusinghieri sui social.

Queste parole, così sincere, così vere, siano un messaggio di speranza per tutti.

Grazie a Voi, Capitano Alessandro Bonsignore.