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Diffamazione , assolti i tre ischitani finiti nel mirino del giudice che condannò Berlusconi

Nuova affermazione per i tre ischitani in continua contesta giudiziaria con il giudice che condannò Berlusconi. Si tratta dell’ennesimo scontro in giudizio con l’ex giudice di Cassazione campano Antonio Esposito  balzato agli onori delle cronache nel 2013 per la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi che costrinse l’allora Cavaliere a lasciare il senato della Repubblica e a scontare una condanna con l’affidamento ai servizi sociali presso un ente di beneficenza lombardo. Da quella sentenza della Cassazione, in cui Antonio Esposito, oggi pensionato, era il presidente del collegio giudicante, ci sono stati ulteriori processi promossi dall’ex magistrato, di origini salernitane ma trapiantato a Roma che non si è mai arreso alle sconfitte. Due settimane fa, l’ennesimo verdetto sfavorevole per l’ottantatreenne giudice in quiescenza è stato pronunciato dal tribunale civile di Roma in composizione monocratica. Il giudizio era stato proposto proprio da Antonio Esposito, che chiedeva di condannare per diffamazione tre cittadini ischitani, residenti a Lacco Ameno. Michele D’Ambrosio, Domenico Morgera e Giovanni Fiorentino, nel 2014, avevano infatti rilasciato delle dichiarazioni molto pesanti contro l’allora alto magistrato, e lo avevano fatto davanti all’avvocato napoletano Bruno Larosa nel corso di indagini difensive svolte per conto e su mandato proprio di Silvio Berlusconi.Fino a finire in una trasmissione TV. I tre ischitani erano camerieri impiegati presso un noto hotel di Lacco Ameno, di proprietà dell’allora sindaco Domenico De Siano, all’epoca dei fatti parlamentare nonché coordinatore regionale di Forza Italia.

Da qui la causa per diffamazione promossa tre anni fa dal magistrato in pensione, con la quale ha chiesto ai tre camerieri un risarcimento di 150mila euro (50mila a testa) per i danni arrecati alla sua reputazione. Ma il giudice del tribunale di Roma Silvia Albano gli ha dato torto e ha anzi condannato l’ex magistrato di Cassazione a pagare le spese di giudizio ai tre camerieri, nella misura di 4.500 euro oltre al 15% di spese forfettarie e alle imposte. Per il giudice del tribunale di Roma, infatti, non vi è alcuna prova che i tre abbiano detto il falso, e anzi gli argomenti dedotti in giudizio da Antonio Esposito «non possono neanche in via presuntiva indurre a concludere che i convenuti abbiano testimoniato il falso». Il tribunale romano bolla in questo modo le tesi sostenute in giudizio dall’ex giudice di Cassazione: «Si tratta di valutazioni di natura personale, di circostanze che non si prestano ad un’interpretazione univoca o di presunte anomalie in ogni caso irrilevanti poiché, anche qualora riscontrate, da esse non dipenderebbe, quale logica conseguenza, la falsità delle dichiarazioni rese».Non si tratta della prima volta che Esposito accusa i tre ischitani. Già nel 2019 l’ex giudice Esposito presentò una denuncia penale contro i tre camerieri e, in quell’occasione, anche contro l’avvocato Bruno Larosa.

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