Il femminicidio di Giulia Cecchettin: un grido di dolore che chiede cambiamento

Il recente femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso profondamente l’Italia, portando il Paese a riflettere sulla persistenza della violenza contro le donne. Il tragico evento, perpetrato dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha sollevato domande cruciali sulla necessità di cambiamenti culturali e legislative per contrastare questa piaga sociale.

Giulia, una giovane di 22 anni, stava per laurearsi quando è stata uccisa, evidenziando la fragile situazione in cui molte donne si trovano ancora oggi. La sua storia, purtroppo, non è un caso isolato, ma rappresenta una triste realtà che molte donne affrontano quotidianamente.

L’opinione pubblica, le celebrità e i giornalisti stanno sollevando la voce per chiedere un’immediata azione contro la violenza di genere. Massimo Gramellini, sul Corriere, ha sottolineato la necessità di riforme legislative urgenti e di un approccio comune da parte della classe politica. In particolare, ha espresso preoccupazione sul persistere di atteggiamenti possessivi e violenti, nonostante le molte campagne sulla parità di trattamento.

Siamo ancora qui. A raccontare di un ragazzo italiano del ventunesimo secolo — sto parlando di una delle immeritate celebrità mediatiche di questa settimana, Filippo Turetta — che tormentava l’ex fidanzata Giulia Cecchettin per pura smania di possesso e di controllo. Di un giovane nato e cresciuto in una società aperta, dove da ogni parte si ribadisce la superiore bellezza di un legame paritario e non proprietario, che aveva avvolto la sua ragazza nelle ragnatele di un egoismo spacciato per afflato sentimentale e poi trasceso in violenza.

Ci si domanda, più rassegnati che sorpresi: a che cosa sono servite le migliaia di prediche laiche, compresa questa, e le tantissime battaglie sulla parità di trattamento, persino nelle regole grammaticali, se poi troppi giovani maschi continuano a comportarsi come il marito del film di Paola Cortellesi, ambientato però nell’Italia di quasi ottant’anni fa? Se le ragazze che subiscono un certo genere di attenzioni invadenti e morbose hanno ancora paura a parlarne o non vengono credute? Se in tante, troppe canzoni conosciute a memoria dai giovanissimi si inneggia alla gelosia possessiva come a un indice di vero amore? Se di recente un avvocato difensore ha sentito il bisogno di scrivere in un esposto che il suo assistito aveva aggredito il rivale di cuore perché considerava la ragazza contesa «cosa sua»?

Cosa sua. Ma davvero nel 2023 bisogna ancora spiegare che l’amore consiste in un paio d’ali e non in un lucchetto?”

Il femminicidio di Giulia Cecchettin è diventato un grido di dolore che chiede un cambiamento urgente nelle mentalità, nelle leggi e nella società. Questa tragedia non può essere ignorata, e la speranza è che possa essere un catalizzatore per un’impegno più deciso contro la violenza di genere, affinché le giovani donne possano vivere libere dalla paura e dalla minaccia di perdere la propria vita solo perché cercano di realizzarsi e crescere indipendenti.

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