“Se domani non torno” la poesia di Cristina Torres Cáceres che sta facendo il giro del web per Giulia Cecchettin
“Se domani non torno” la poesia di Cristina Torres Cáceres che sta facendo il giro del web per Giulia Cecchettin
Nelle ultime ore, le piaghe ancora aperte della violenza sulle donne sono state riportate alla ribalta, questa volta attraverso i condivisi social della sorella di Giulia Cecchettin, Elena. La condivisione di un frammento di una poesia, attribuita a Cristina Torre Cáceres e indirizzata alla madre, ha scosso nuovamente le coscienze, richiamando l’attenzione sul problema dei femminicidi.
La frase “Se domani non torno, distruggi tutto” ha trovato eco nel cuore di molte persone, poiché rimanda al tragico destino di Giulia Cecchettin, vittima di un omicidio e con il suo ex fidanzato Filippo Turetta accusato del crimine. La lettera condivisa da Elena Cecchettin appartiene a un testo del 2011, un grido straziante di fronte alle violenze perpetrate contro le donne in America Latina di quell’epoca, che ha continuato a diffondersi in vari movimenti femministi nel tempo.
Le parole di questa lettera risuonano dolorosamente: denunciano la colpevolizzazione della vittima, l’ingiusta attribuzione di responsabilità a chi subisce violenze indicando la tendenza a giustificarle con motivi infondati. Soprattutto, i versi finali choc: “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.” Questa drammatica frase è stata condivisa da Elena Cecchettin quando la tragica conferma del ritrovamento del corpo della sorella ha chiuso in modo straziante questo testo che sembra profetico di un dolore immane.
La poesia, nel suo impeto emotivo e nella forza delle sue parole, si rivolge direttamente alla madre, dipingendo in modo crudo una serie di situazioni tragiche e, allo stesso tempo, chiede di non far pesare il proprio destino sulle spalle delle persone care. È un urlo di dolore e disperazione che chiede giustizia, che invoca un cambiamento radicale nella percezione e nella gestione della violenza contro le donne.
Questo episodio, che ha travolto la vita di Giulia Cecchettin e la sua famiglia, è solo uno dei tanti che continuano a segnare il triste conto dei femminicidi in questo 2023. Il numero 105, rappresentando le vite spezzate in modo così violento e ingiusto, è un campanello d’allarme che non può essere ignorato.
La condivisione di questa poesia da parte di Elena Cecchettin ha portato nuovamente alla luce il peso insostenibile che molte donne devono sopportare, la paura quotidiana che le accompagna e il dolore indelebile lasciato da chi ha perso la vita a causa della violenza di genere.
Questa testimonianza, condivisa pubblicamente, spera di far eco nell’opinione pubblica, richiamando l’attenzione sulle condizioni inaccettabili in cui molte donne vivono, nella speranza di cambiamenti concreti e di una società più consapevole e solidale verso tali atrocità.
È fondamentale non dimenticare le vittime, combattere per la giustizia e lavorare incessantemente per un mondo in cui le donne possano vivere senza la paura costante di diventare la prossima statistica tragica. L’urlo di dolore di Elena Cecchettin è un grido che deve essere ascoltato e rispettato affinché non si perpetui il ciclo di violenza che continua a portare via vite preziose.
IL TESTO INTEGRALE
Se domani non rispondo alle tue telefonate, mamma. Se non ti dico che torno per cena. Se domani, mami, vedi che il taxi non arriva.
Può darsi che io sia avvolta nelle lenzuola di un albergo, su una strada, o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Può darsi cha sia in una valigia o abbandonata su una spiaggia (Emily, Shirley).
Non spaventarti, mamma, se vedi che mi hanno pugnalata (Luz Marina). Non urlare se vedi che mi hanno trascinata (Arlette). Mammina, non piangere se ti dicono che mi hanno impalata (Lucía).
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, che era l’alcol nel mio sangue. Ti diranno che è stato per l’orario, perché ero da sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva dei motivi, che lo avevo tradito, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che mi ero permessa di volare troppo in alto in un mondo senz’aria.
Ti giuro, mamma, che sono morta combattendo.
Ti giuro, cara mamma, che ho urlato davvero forte mentre volavo.
Si ricorderà di me, ma’, saprà che sarò stata io a rovinarlo, perché mi riconoscerà nel volto di tutte quelle che gli urleranno contro il mio nome. Perché so, mamma, che tu non ti arrenderai.
Però, per quanto tu possa volerlo fare, non imbrigliare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non vietare niente alle tue nipoti. Non è colpa loro, mamma, così come non è stata nemmeno colpa mia. Sono loro, saranno sempre loro. Lotta per le loro ali, visto che le mie me le hanno tagliate. Lotta perché siano libere e possano volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho fatto io.
Mammina, non piangere sulle mie ceneri.
Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.