Sorrento – Applausi in Cattedrale per il pianista americano Dustin O’Halloran
“La musica è una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo” Torquato Tasso
Sorrento (NA) Ieri all’interno della Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo di Sorrento si è tenuto il Concerto per la Pace nell’ambito del “Premio Internazionale Torquato Tasso – Città di Sorrento” che ha visto protagonista il compositore americano Dustin O’Halloran (con Volker Bertelmann per il film Lion (2016) ha ricevuto la nomination per il Premio Oscar) accompagnato dalle musiciste Margaret Hermant (violino) e Charlotte Danhier (violoncello). Un grazie va alla disponibilità del Parroco don Carmine Giudici e alla sensibilità del presidente dell’Istituto di Cultura Torquato Tasso, Luciano Russo, e al Sindaco di Sorrento avv. Massimo Coppola. Fin dalle prime note si è intuito che il concerto di Dustin era un evento fuori dagli schemi, il compositore americano, che ieri ha presentato al pubblico sorrentino il suo ultimo progetto musicale “Silfur” (Deutsche Grammophon) incanta con melodie che hanno radici in Chopin e Debussy, Arvo Pärt ed Erik Satie per spaziare poi lungo i secoli, fino a riproporre melodie che, fondendosi con l’elettronica, assumono colori e sfumature nuove capaci di toccare la parte più profonda di ogni ascoltatore. Dal primo brano “A Great Divide” a “Opus 28”, quindi “Constellations n.2” e poi “Fossils”, l’artista statunitense sembra raccontarci la sua passione per la musica, per la bellezza di certi paesaggi islandesi, il Paese dove ha composto “Silfur”, fino a melodie più introspettive quelle di “An Ending, A Beginning” e poi “A New Home”, che come note biografiche raccontano a noi la storia di un ragazzo di Phoenix che oggi, a 52 anni, conserva intatta dentro di se la magia di interrogarsi sulla vita dando risposte su quanto appreso facendo ricorso alla tastiera di un pianoforte. Ieri la poetica di Dustin O’Halloran è stata premiata dall’Istituto di Cultura Torquato Tasso proprio perché nella sua opera è riconoscibile quell’affinità elettiva che lo avvicina alla produzione tassiana più serena ed equilibrata quells che personalmente riconosco nella prima stesura dell’Aminta (1573). Quella che segue è l’intervista che il musicista mi ha gentilmente concesso:
Buonasera e complimenti per la sua opera, prendendo spunto dal titolo del concerto di questa sera le chiedo qualche riflessione sulla Pace
La musica è anche un linguaggio universale che più d’ogni altro può parlare agli uomini; non possiamo tacere, dobbiamo invocare con tutte le nostre forze la Pace, senza: siamo perduti.
So che lei ha un legame molto forte con l’Emilia Romagna?
Sì, ho vissuto per molto tempo in questa Regione, l’amo tantissimo e quando c’è stata la catastrofe anche il mio pianoforte è finito sotto l’acqua. Un disastro. Per questo non posso che esprimere tutta la mia solidarietà a chi durante questa tragedia ha perso tutto. Sono esperienze durissime ma spero che oggi che i riflettori sono spenti la gente non venga abbandonata.
Mi parli della sua ultima opera “Silfur”
Come ho detto ad altri suoi colleghi ho convissuto con i brani che compongono l’album per molti anni, quando Christian Badzura della Deutsche Grammophon mi ha chiesto se volevo registrarli di nuovo, ho pensato che questa sarebbe potuta diventare un’occasione per dare loro più di ciò che intendevo. È stato un po’ come viaggiare indietro nel tempo, nel mio passato. È veramente speciale poter catturare il tempo in questo modo. Penso che sia quasi l’essenza della musica: catturare il tempo, fermarlo, riflettere su ciò che è stato. Rivivere sensazioni antiche con occhi nuovi. È anche e soprattutto un viaggio in sé stessi.
Mi piace anche il suo concetto di prisma che riprende anche nei riflessi del silfurberg (“roccia d’argento” pietra islandese che da il titolo all’album), la luce la colpisce e attraversandola diventa altro.
Sì, è così. Quando suono, come stasera in chiesa, la mia musica è ascoltata da altre persone e diventa altro. Anche la mia musica scritta quando sarà interpretata da un altro pianista diventerà altro, non mi appartiene più. Questa condivisione totale, queste mille sfaccettature che mi ricordano il raggio di luce che colpisce un prisma o una pietra come il silfurberg è si trasforma in tanti altri raggi e colori, mi affascina molto. Rappresenta uno dei motivi del perché suonare è un’arte speciale.
A casa O’Hallaran era l’unico a coltivare la passione per la musica?
Mia madre è stata una ballerina, grazie a lei in casa c’era sempre musica, mio padre era un sub.
Quindi la musica della danza e il silenzio delle profondità marine? Un connubio affascinante. Due cose che comunque fanno rumore, una eco esterna e una interna. (Sorridiamo N.d.A.)
Infine una curiosità sulla colonna sonora Marie Antoinette
Beh, che dirle, quando hai la fortuna di lavorare con personaggi del calibro di Sofia Coppola non puoi che arricchire la tua esperienza sia dal punto di vista umano che professionale.
La ringrazio
A cura di Luigi De Rosa
Dustin O’Halloran premiato da Luciano Russo, presidente dell’Istituto di Cultura Torquato Tasso