A Sorrento con i Tableaux Vivants omaggio al coraggio di una donna: Artemisia Gentileschi
Sorrento – La pittura e la musica insieme per un omaggio ad una donna che ancor oggi è l’icona del coraggio della donna che si ribella alla società patriarcale. Nell’ambito della rassegna “M’ Illumino d’Inverno”, la Città di Sorrento, nella persona del Sindaco Massimo Coppola, in collaborazione con la Società dei Concerti di Sorrento, direzione artistica di Paolo Scibilia presenta l’evento “Tableaux Vivants da Artemisia Gentileschi”, nuova opera costruita con la tecnica dei tableaux vivants a cura di Paolo Scibilia e Dora De Maio che attraverso la ricostruzione in live di undici tele omaggiano Artemisia Gentileschi, figura femminile che è l’emblema di un contesto patriarcale che rende la donna oggetto alla mercé degli uomini e non un soggetto della propria esistenza. L’appuntamento è per il 13 e il 14 gennaio 2024, all’interno della Basilica di Sant’Antonino, con questi orari di inizio 17.00, 18.00, 19.00 (tre turni), ingresso gratuito. Nata a Roma nel 1593, Artemisia ereditò dal padre Orazio la passione per la pittura, ma con una grande differenza: lei era una donna alla mercé di un contesto prettamente maschilista. Morta la madre, infatti, vivrà insieme ai fratelli, al padre e ai suoi garzoni, imparando cosa significava essere donna in mezzo a uomini spesso ostili. Il padre, incapace di gestire una figlia dalla forte personalità, la teneva reclusa sotto sorveglianza di una custode, dandole però lezioni di pittura, rimanendo sempre più meravigliato dalle sue straordinarie capacità artistiche. Artemisia inizierà dunque la sua carriera aiutando il padre in bottega, per poi passare a opere completamente sue. A diciassette anni dipinge “Susanna e i vecchioni”, la prima tela che la consacra vera pittrice. La scena è tratta dalla Bibbia, due contabili cercano di sedurre una ragazza che, nel momento in cui si ribella, viene accusata di essere stata sorpresa con un amante; al processo il profeta Daniele interviene a suo favore, spiegando la verità e salvando Susanna. Strano ma vero, questa tela sarà premonitrice dell’orrore che subirà lei stessa. Tra i soci del padre c’è, infatti, Agostino Tassi, al quale Orazio chiede di insegnare alla figlia le sue tecniche, così da renderla un’artista a tutto tondo. Artemisia ha diciotto anni quando Agostino inizia a frequentare la loro casa; lui ne ha invece trenta, ha un carattere violento ed è separato dalla moglie. Nel 1611 abuserà della ragazza nella sua stessa casa, persuadendola con la promessa di un matrimonio riparatore. Quando Artemisia capisce che non la sposerà, nonostante i consigli a sfavore, decide di denunciare l’accaduto. Il processo si trasforma però in un altro dramma: le donne chiamate a testimoniare in sua difesa, dalla custode alle levatrici che l’hanno visitata, lo faranno invece contro di lei, che verrà addirittura torturata affinché ritiri l’accusa. Ma la sofferenza e le maldicenze che si diffondono non la faranno cedere. Agostino trascorrerà pochi mesi in carcere per poi tornare alla sua vita normale, mentre lei, a diciannove anni, sarà emotivamente distrutta. (Sembra il dramma che una donna contemporanea sta raccontando ad un’operatrice del 1522, invece accadeva quattro secoli fa). Artemisia, dopo l’accaduto, decide di allontanarsi dal padre, che non ha saputo proteggerla. Nel 1612 sposa, per mettersi al riparo dalle critiche e cercare stabilità economica con Pierantonio Stiattesi, anch’egli artista, da cui avrà quattro figli. Lo seguirà a Firenze e nel 1616 sarà la prima donna a essere ammessa all’Accademia del Disegno, dove conoscerà Galileo Galilei e il nipote di Michelangelo, chiamato Buonarroti il giovane, che le commissionerà l’opera: l’Allegoria dell’Inclinazione. Artemisia negli anni fiorentini dipinge il quadro più simbolico e celebre della sua vita: Giuditta che decapita Oloferne, attraverso questo quadro pittrice romana esprime la sua voglia di rivalsa nei confronti dell’uomo che l’ha umiliata: sceglie, infatti, di rappresentare il momento in cui Giuditta decapita il generale, non quello successivo della fuga e soprattutto ritrae una donna sicura, risoluta, decisa a compiere questo gesto di rivincita nei confronti del suo oppressore. Nella tormentata vita di una donna come Artemisia, non poteva mancare un amore clandestino, lontano da quel matrimonio celebrato per ragioni economiche e sociali. Grazie alla cerchia dell’Accademia nel 1617 conoscerà Francesco Maria Maringhi e se ne innamorerà, come mai le era accaduto prima, ma temendo di rivivere un nuovo scandalo lascia la Toscana, torna prima a Roma, poi si sposta a Genova, a Venezia, e a Londra per ricongiungersi al padre, stabilendosi a Napoli, dove trascorrerà la vecchiaia finalmente insieme al suo Francesco. Scrive la professoressa Giulia Frigerio: “Artemisia ha dovuto scontrarsi con il suo tempo, contro i pregiudizi e la violenza subita solo perché era una donna, ma ciò nonostante non ha avuto paura di seguire la sua strada. Le donne che dipinge hanno sempre negli occhi qualcosa di lei, della sua storia, del suo temperamento; non hanno solo un corpo, ma anche un’anima che traspare dalla tela. Attraverso la pittura Artemisia Gentileschi ha trovato il modo di dar voce al suo dolore, di guadagnarsi la sua rivincita senza essere annichilita da una società gretta e maschilista. La sua lezione è che anche il dolore e la vergogna possono essere sublimate in bellezza. In un mondo in cui la violenza sulle donne è un dramma ancora esistente, storie come la sua possono essere un esempio positivo per tutte le donne, affinché non perdano mai la propria voce e la forza di denunciare e di lottare attivamente contro abitudini tossiche e comportamenti profondamente umilianti, che purtroppo continuano a essere tollerati o giustificati, sviluppando il loro talento indipendentemente dalle visioni che ancora ci impongono certi stereotipi antiquati”.
A cura di Luigi De Rosa
Elenco Tableaux Vivants rappresentati nello spettacolo “Artemisia Gentileschi”:
“Annunciazione” – (Napoli – Museo di Capodimonte)
“Minerva” (Firenze – Galleria degli Uffizi)
“Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne” (Terni – Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni)
“Maddalena penitente” (Firenze – Galleria Palatina)
“Giuditta e la fantesca Abra, con la testa di Oloferne” (Napoli – Museo di Capodimonte)
“Davide con la testa di Golia” (Orazio Gentileschi)
“Corisca e il satiro” (Collezione privata)
“Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne” (Firenze – Galleria Palatina)
“Cleopatra” (Ferrara – Fondazione Cavallini-Sgarbi)
“Giaele e Sisara” (Budapest – Szepmuveszeti Muzeum)
“Giuditta che decapita Oloferne” (Milano – Galleria Arcivescovile)
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