Ancora Montalbano sulla Rai, perché non hanno fatto un servizio su Sinner?

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Uno dei commenti arrivati a Positanonews – Questa è la RAI ! Trasmettere 100  volte la replica di Montalbano e non un servizio su Sinner  italiano dal cuore grande e immenso, che ha finto la finale di tennis dello Slam in Australia . Che figura ci fa la rai e gli abbonati che pagano?

I commenti contro le continue repliche di Montalbano sulla Rai, ma perchè insiste la televisione di Stato?

 

Fino a pochi anni fa la stagione delle repliche era l’estate: poco pubblico davanti al teleschermo (se non per Mondiali/Europei/Olimpiadi), uguale pochi soldi da investire in nuove produzioni. D’altronde siamo un Paese mediterraneo, in cui milioni di famiglie vanno in ferie all’unisono – cosa che altrove non accade, e infatti negli USA titoli importanti come Breaking Bad o Got Talent sono stati lanciati proprio nei mesi estivi.

Ma il segnale nuovo, nei nostri palinsesti, è l’invasione dei replicanti anche in queste settimane autunnali che sarebbero la stagione televisivamente più pregiata: il cosiddetto “periodo di garanzia”, quello in cui, insieme alla finestra febbraio-maggio, le tv devono piazzare i prodotti di punta proprio per “garantire” ascolti elevati agli inserzionisti pubblicitari. Che succede: il riscaldamento globale sta intaccando le abitudini televisive? È la contrazione delle risorse economiche? O solo l’ennesimo segnale di una tv inchiodata al passato? E alla fine: chi replica vince (col minimo sforzo) anche la partita dell’Auditel?

Certo l’impressione di un’eterna ripetizione aleggia anche su programmi che repliche non sarebbero: dal talk show politico all’intrattenimento, dominano titoli ultra-decennali, se non ultra-ventennali. E talvolta un format si riproduce identico a se stesso – nella confezione, nei protagonisti e nei contenuti – persino quando cambia ditta, vedi Fazio o Berlinguer.

Ma soprattutto si moltiplicano le repliche vere e proprie, perché ogni occasione è buona per rassicurare pubblico e investitori con l’usato sicuro: proprio in questi giorni è tornato prepotentemente sul trono il re della tele-ripetizione, Montalbano, raccogliendo di nuovo ottimi ascolti. I primi due episodi scongelati hanno vinto agevolmente la serata per due mercoledì consecutivi, con una media del 18,4% di share e oltre tre milioni di spettatori. Il terzo RAI lo manda in campo a sorpresa stasera, per non “bruciare” nuovi episodi della serie Un professore contro il grande tennis di Sinner e il Grande Fratello di Signorini.

In pratica, da quasi venticinque anni il commissario di Vigata è l’arma segreta della contro-programmazione Rai: se i nuovi, rarissimi episodi sbancano regolarmente l’Auditel con percentuali Sanremesi (e storicamente Rai li inserisce, come il festival, in listini pubblicitari a parte), le repliche vengono sganciate quando altre novità scarseggiano o faticano ad affermarsi.

Del resto il formato film-tv, col singolo giallo autoconclusivo, è perfetto per la riproposizione casuale, senza seguire l’ordine cronologico delle puntate. E poi lo shock del pubblico è minimo: Zingaretti era già rasato nel 1999 e la sua Tipo è sempre quella – beata sospensione dell’incredulità. Di un episodio a caso, La gita a Tindari, abbiamo contato ventitré repliche in vent’anni, tra Rai 1, Rai 2 e Rai Premium.

In una fase in cui tante nuove prime serate stentano negli ascolti (i tentativi di De Girolamo, Quaranta, Giusti, Raznovich, Guaccero), i cavalli di battaglia della fiction permettono di correre ai ripari: si alza la media complessiva e si tranquillizzano gli investitori, a cui abbiamo promesso un certo dato d’ascolto in quella fascia. E quindi, da varie stagioni, via libera alle repliche di Imma Tataranni, Doc, Blanca, Lolita Lobosco, lo stesso Giovane Montalbano…

Riguardo alla riproposizione di fiction e documentari, un vecchio dirigente Rai parlava di “utilità ripetuta”: prodotti che hanno un costo per minuto molto più alto dei talk show e dei contenitori di cronaca, ma che invecchiano senz’altro meglio delle chiacchiere d’attualità – e pure di quelle da talent e reality show.

Lo stesso fanno i competitor con alcuni film (la fiction fatica a incassare sulle reti Mediaset e manca del tutto su La7). Col passare degli anni Rambo e Trinità hanno sterminato milioni di nemici sui canali del Biscione, come del resto Pretty Woman ha accumulato migliaia di buste, al suo trentesimo shopping di lusso su Rai 1.

E se ad esempio La7 rimanda vecchie inchieste di Atlantide, del compianto Andrea Purgatori, le neo-generaliste puntano moltissimo sulle repliche: TV8 ritrasmette in chiaro X Factor a quasi una settimana dalla messa in onda a pagamento su Sky1 (doppio incasso, anche se gli ascolti non sono più quelli di un tempo) e i Quattro ristoranti di Borghese sono diventati quattromila, se contiamo tutti i passaggi; il Nove da sempre replica Crozza e da questa stagione anche Fazio, integrale a sei giorni dalla diretta, ma anche spezzettato in altri giorni (giovedì notte solo il tavolo, venerdì le interviste). Quanto mi spremi? Ma quanto mi costi…

Del resto, con la moltiplicazione dei canali, tutti gli editori si sono dotati di piccole reti tematiche che vivono di minestre riscaldate: la già citata Rai Premium, ma anche Italia 2 e Mediaset Extra, La7d e Cielo… Un reality o un talent va riproposto a stretto giro, se no va a male, un programma di cucina è buono sempre. Ne sa qualcosa Benedetta Parodi, che, a dieci anni dal passaggio a Real Time, si ritrova ancora tre volte al giorno su La7d.

Il mantra è sempre quello dell’utilità ripetuta: riciclare tutto il riciclabile, spremere i gioielli di famiglia per incassare ancora qualche briciola di ascolto.

E le piattaforme, che di nuovi prodotti ne pubblicano (rilasciano, dicono alcuni con anglicismo fisiologico) a getto continuo? A ben vedere, ancora più della vecchia tv lineare, il grosso dell’offerta di Netflix & co. è fatta di magazzino, library, repertorio. I campioni dello streaming accumulano migliaia di ore di serie e film, propri e altrui, per il lungo inverno tra uno Stranger Things e uno Squid Game, tra lo scorso LOL e il prossimo. E continuano a contendersi Friends, dieci fortunate stagioni dal 1994 al 2004 che guardiamo ancora volentieri, a colpi di cento milioni di dollari all’anno.
Per dire: su Netflix ci sono anche Don Matteo e I Cesaroni, su Prime Video pure Rocco Schiavone e Camera Café. E talvolta il rilancio in streaming fa la fortuna di prodotti che sulla generalista non erano ancora esplosi, vedi il fenomeno Mare fuori.

Poi ci sono gli imprevisti, ma anch’essi abbastanza rivelatori. In questi giorni c’è chi ha polemizzato per una inattesa replica, pardòn, il-meglio-di Domenica In: Mara Venier aveva il Covid ed è andata in onda una selezione delle ultime interviste. Non si poteva mandare in onda un’altra conduttrice, o un altro programma, ha tuonato qualche giornalista? La risposta è semplice: certo, si poteva, ma costava di più e non garantiva gli stessi ascolti. Domenica 12 novembre la Venier replicante ha raccolto una media del 13,5% di share con 1.750.000 telespettatori, poco meno di quel 16,5% con 1.800.000 individui della domenica prima – e non è detto che tutto il pubblico abbia notato la differenza (perdonaci Zia Mara).

A volte, anche nel resto del mondo, le repliche sono imposte dalla congiuntura economico-sociale, vedi il recente sciopero USA (il primo congiunto di attori e sceneggiatori dal 1960): un sondaggio degli scorsi mesi, quando ancora Hollywood era bloccata, indicava che quasi il 60% degli spettatori della tv generalista era propenso a guardare repliche. Percentuale che saliva al 65% per la generazione Z, sorprendentemente. O forse prevedibilmente: perché per i giovanissimi quelle non erano affatto repliche, ma contenuti mai visti, peraltro selezionati e di valore.

E qui c’è il punto più profondo, culturale, della faccenda. Film che diventano appuntamenti di visione condivisa, come Una poltrona per due o Pretty Woman, serie ormai classiche, come Montalbano e La signora in giallo, sanno essere un balsamo contro le insicurezze dell’attualità, ma anche, più banalmente, contro l’ansia da troppa offerta (spesso di novità scadenti).

Come l’asino di Buridano, che non sa scegliere tra due mucchi di fieno fresco, torniamo volentieri al porto sicuro di storie già note, di personaggi già amici. Il miglior critico e programmatore di palinsesti rimane il tempo, che seleziona implacabilmente i racconti validi e di successo.

Certo, mai come oggi lo spettatore occidentale è malato di nostalgia, ma d’altronde sono quasi tremila anni che ci raccontiamo le stesse storie. E le novità, soprattutto in tv, costano.

In definitiva: repetita iuvant. A (quasi) tutti.

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