Da carnefice a preda: il video social del gatto Grey affogato nella fontana incastra l’autrice, che diviene oggetto di linciaggio virtuale.
Sembra non finire più la cronaca di atti violenti verso gli animali: una spirale di violenza che sembra essere diventata virale come un “contagio”.
Due storie orribili che giungono dalla Puglia, di due gattini morti a distanza solo di alcuni giorni l’uno dall’altro.
Il primo è un randagio di San Ferdinando nella Bat, a cui è stato dato simbolicamente il nome di “Leone 2”, che è morto dopo essere stato ferito da un petardo nella notte di Capodanno.
L’altro dopo essere stato gettato, con un calcio in una fontana, si chiamava Grey, ed era un micio di Alberobello, appartenente ad una colonia felina del comune barese.
Per la sua morte, è stata già individuata una ragazza, il cui gesto violento, è stato immortalato da un video rimbalzato sui social.
Nel video si vede una giovane che, in una piazza ancora addobbata dalle luci del Natale, spinge l’animale con un calcio dentro la fontana: nella fredda notte di gennaio, Grey annega, il suo corpicino verrà recuperato da una negoziante del quartiere, che se ne prendeva cura.
La donna gestisce un bar, ed ha riconosciuto il gatto dalle foto che circolavano online, ora non solo lei ma l’intera comunità, si augura che le autorità competenti facciano giustizia.
Non è solo un gioco finito male ma si tratta proprio di un macabro gioco, attuato con premeditazione.
Il micio era per conto suo, tranquillamente steso sul bordo della fontana, a pochi metri dal Comune, ed all’improvviso la ragazza gli si avvicina e gli sferra un calcio: Grey annaspa per lo spavento nell’acqua gelida, le sue forze non sono sufficienti per riuscirci, ma lo spettacolo della morte innocente diventa uno stimolo, così tanto “forte”, da non resistere alla tentazione di mostrarlo sui social con un video shock.
Subito dopo però, scatta il meccanismo della violenza feroce via social, dove giungono migliaia di minacce di morte, rivolte a quella balorda ragazza, che da carnefice diventa preda di un crudele messaggio d’odio:
“Che tu possa provare gli stessi atroci dolori”, “Sappiamo chi sei, quello che hai fatto ti perseguiterà per sempre”, “Che tu possa finire come quel gatto. E che quel sorriso di beffa si trasformi in lacrime”, “togliete l’ossigeno a questa!!!!”, “Un mostro che si diverte a uccidere un essere indifeso non merita altro”.
La violenza, e non solo quella fisica, sembra stia diventando quasi un modello comportamentale, per questa generazioni di millenium.
In effetti, soprattutto in età evolutiva, c’è una forte tendenza a replicare lo stesso modello di comportamento con il quale si entra in contatto.
Il fenomeno non distingue nemmeno fra maschi e femmine, come si è riscontrato tra gli addetti ai lavori. Le donne che si sono rivolte ai centri di ascolto, hanno evidenziato che, se in famiglia o nel “gruppo”, le picchiavano o se vedevano compiere violenza verso qualcun altro, quello schema violento era stato in grado di tornare a riproporsi, iniziando a volte proprio dalla violenza a danno di animali indifesi.