Presso il Teatro Sant’Antonino di scena uno spettacolo di alto spessore artistico e culturale di e con Fede ‘n’ Marlen
Sorrento, ieri (9 gennaio ndr) all’interno del Teatro Sant’Antonino, bella realtà poco conosciuta dagli stessi sorrentini, struttura arredata ancora con uno stile retrò, che conserva intatta quell’eleganza che ritroviamo oggigiorno nel design proposto da architetti come Luke e Joanne McClelland adiacente la Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo, ospiti del Parroco don Carmine Giudici, nell’ambito della rassegna “M’Illumino d’Inverno” promossa e organizzata dal Comune di Sorrento, si è esibito il duo Fede ‘n’ Marlen al secolo Federica Ottombrino e Marilena Vitale. “Il grande Eduardo”, (questo a insegnarmelo è Salvatore Piedimonte, presente in sala), “maestro del teatro napoletano e padre luminoso della lingua, della declinazione e dell’essenza stessa dell’umano sentire, dedicò una poesia bellissima alla moglie Isabella Quarantotti. Correva l’anno 1963. Eduardo dice a sua moglie Isabella: “Sai, quando non ci sarò più, guarda bene, perché, in tanti segni, io mi paleserò e tu mi troverai”. Glielo racconta con una poesia da lasciare senza fiato, intitolata Sto ccà (“Sto qua”), di cui le due cantautrici ieri sera hanno proposto una versione cantata fusa con una lirica persiana “Il ventre delle Sirene” di Federica Ottombrino e M’Barka Ben Taleb che ha la forza e regala le stesse emozioni, a mio parere, di certe poesie di Forough Farrokhzad, poetessa iraniana che dovette abbandonare il suo Paese, come molte sue conterranee perché invisa al regime del teocrate iraniano Khomeini. “È l’essenza che colma l’assenza”, questa la riflessione alla quale ci invita questa canzone, Eduardo continua a stare con Isabella anche se non è più, i luoghi che amiamo continuano ad essere abitati da noi anche quando non ci saremo più o da essi ci hanno cacciati. Molto bella anche la seconda lirica proposta “Fantasma” (brano scritto da Marilena, ndr) si potrebbe proporre come inciso in certe scene dei film di Ferzan Özpetek, mi viene in aiuto Simone de Beauvoir: “Di per sé stessa, l’omosessualità è limitante quanto l’eterosessualità: l’ideale sarebbe essere capaci di amare una donna o un uomo; indifferentemente, un essere umano, senza provare paura, limiti, od obblighi.” Ma lo spettacolo di “Fede ‘n’ Marlen” ha proposto anche un cult della canzone classica napoletana Malafemmina di Antonio de Curtis in arte Totò, che compose nel 1951 dedicandola all’amore che la gelosia divorava, quello per Diana Bandini Lucchesini Rogliani, che sposò e da cui ebbe una figlia (ci sarebbe da aprire un’altra riflessione su questa storia di possesso…) Mi piace infine citare ancora “Corallo” dedicata al personaggio mitologico di Medusa, donna bellissima, trasformata in mostro dalla dea Atena per vendicarsi del fatto che aveva giaciuto con Poseidone in uno dei suoi templi, profanandolo. Essere belle è una colpa? Essere amate è una colpa? Siamo sicuri che il vero mostro era Medusa? Federica e Marilena hanno interpretato uno spettacolo colto, accattivante per sound e stile narrativo, frutto indubbiamente di studio, impegno e di quella passione che le vede all’opera da dieci anni con progetti musicali proposti in Italia e all’estero, di loro vi consiglio, come del resto ha fatto ancor prima di me un giornalista molto più autorevole Red Ronnie: Stalattiti, Mandorle e Terra di Madonne, tutti album intriganti per contenuto, eleganti per la musicalità, proposta spesso contaminata da un sound che oltre che essere molto orecchiabile è abitato da quei luoghi che le hanno viste crescere e diventare artiste raffinate penso a Napoli come a Barcellona.
di Luigi De Rosa
Federica Ottombrino
Marilena Vitale