Viaggio nella “consapevolezza” con Alice
“Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa”
Luigi Pirandello
In “Vivere in pienezza la vita”, articolo che firma Nunzio Galantino su “Domenica” (Il Sole 24 Ore; ediz. 7 gennaio 2024), all’interno della rubrica settimanale “Abitare le parole”, ci vengono offerti una serie di spunti sul termine “consapevolezza” che è “essenzialmente armonia tra le diverse parti che ci compongono, è frutto di scelte tra le tante opportunità che attraversano le nostre giornate”. Essa però va conquistata, mettendo in conto anche dei passi falsi. La parola “consapevolezza” costituita da – con (insieme) + sapere -, è da noi, oggigiorno, più cercata che vissuta, in barba ai grandi mastri del pensiero come Pascal o Sartre che su di essa molto hanno scritto. Essere consapevoli, vuol dire arrivare – insieme – a rendersi conto di qualcosa attraverso un confronto, che può stabilirsi con chi ci sta di fronte o con noi stessi. “In questo secondo caso la consapevolezza è: chiamare a raccolta tutte le parti di noi per vivere in pienezza la nostra vita, entrare in un dialogo leale con le proprie emozioni, con i propri pensieri e il proprio corpo”. La riflessione di Monsignor Nunzio Galatino trova raffinata originalità non nell’analisi di un testo filosofico ma letterario; il teologo, infatti, ricorre al romanzo “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Nel suo capolavoro lo scrittore Lewis Carroll ricorre a una metafora molto interessante della “consapevolezza”. Quando Alice, dopo l’inseguimento di Bianconiglio, sarà invitata a bere la pozione che la allungherà, scopre che la sua testa è talmente lontana dal resto del corpo che, paradossalmente, è costretta a scrivere – all’Egr. Ill. Piede destro di Alice, per Natale vorrei un paio di scarpe nuove”. Ecco la metafora, “la testa lontana dai piedi”, che Carroll adotta per sottolineare lo stato di “mancanza di consapevolezza” che mette in crisi il processo cognitivo dal personaggio. In suo aiuto giungerà il Brucaliffo che la inviterà a masticare le parti di un fungo per ristabilire la giusta distanza tra “la testa e i piedi”, la poverina però sarà costretta a cimentarsi in più tentativi per ristabilire l’equilibrio. Lo scrittore britannico descrive forse meglio di un filosofo il senso di smarrimento e nello stesso tempo di conquista a cui siamo chiamati se desideriamo vivere un’esistenza consapevole e raggiungere l’equilibrio tra il nostro corpo, la nostra coscienza e il mondo esterno che ci circonda. La narrativa carrolliana è stata in questi anni riproposta anche dalla coreografa Alessandra Sorrentino con il suo progetto “I paesaggi interiori di Alice”, che ha la capacità di invitare lo spettatore non più lettore, nel suo caso, a riflettere sulle dinamiche cognitive che sottendono la crescita di una giovane donna. Nel suo caso, come una “danzattrice” di Philippine Bausch ancora una volta “testa e piedi” disegnano, attraverso il linguaggio coreutico, la ricerca e il raggiungimento del “Con – sapere”, avere piena coscienza del nostro esistere. “Alice nel Paese delle Meraviglie” ha ancora, ne converrete, molto da insegnarci a distanza di quasi centosessant’anni dalla sua creazione. “Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli” Virginia Wolf.
di Luigi De Rosa
Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll (traduzione di Silvio Spaventa Filippi)