Castellammare di Stabia: agenzie di scommesse in mano ai clan, arrestate 7 persone

29 febbraio 2024 | 09:51
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Castellammare di Stabia: agenzie di scommesse in mano ai clan, arrestate 7 persone

Sette arresti emessi dal gip di Napoli Fabrizio Finamore e notificati dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una indagine della DDA, sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, tra i quali anche M. D., 31 anni. Con lui sono stati arrestati anche altri presunti appartenenti al clan camorristico: si tratta di R.D. di 37 anni; A. B. di 24 anni; R. D. di 32 anni; M. D. di 34 anni; A.L. di 41 anni, e U. L. di 62 anni.

Secondo le indagini le agenzie di scommesse erano intestate a tossicodipendenti e disoccupati, a cui la camorra dava 5 euro al giorno per fare da prestanome, alcune agenzie di scommesse utilizzate per riciclare i proventi illeciti frutto di scommesse clandestine e delle estorsioni: è quanto emerso dalle indagini  coordinate dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata, comandante colonnello Gennaro Pino, e dalla DDA, che hanno consentito di arrestare sette presunti appartenenti a clan stabiesi e di sequestrare sei attività commerciali tra internet-point e agenzie di scommesse tra Castellammare e Sant’Antonio Abate, dove sono stati anche trovati totem clandestini per effettuare le puntate. Le accuse a vario titolo contestate dagli inquirenti ai 19 indagati, sette dei quali arrestati, sono associazione per delinquere oltre che di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso. Nelle attività commerciali del clan finivano anche i proventi del “pizzo” imposto ai commercianti di quella zona a sud di Napoli, come quelle documentate in occasione del Natale 2021: il clan imponeva le estorsioni chiedendo ai negozianti denaro per i detenuti in cambio di gadget e materie prime per il commercio (buste e imballaggi) che spesso però neppure consegnava. Le agenzie di scommesse si avvalevano della collaborazione di broker, sia italiani che stranieri, delegati alla raccolta delle puntate clandestine che il clan D’Alessandro riciclava nelle sue attività imprenditoriali fittiziamente intestate a prestanome.