Domani Vincenzo Iurillo e Claudio d’Esposito saranno ascoltati dalla Commissione Anticamorra della Regione Campania. A Sant’Agnello diverse versioni sui camion

Domani Vincenzo Iurillo e Claudio d’Esposito saranno ascoltati dalla Commissione Anticamorra della Regione Campania. A Sant’Agnello diverse versioni sui camion. Si cerca ancora di capire la vicenda della parata dei camion, pare che vi siano state diverse versioni al Comune sull’autorizzazione che Langellotto sosterrebbe di aver chiesto e ricevuto telefonicamente

 

 Vincenzo Iurillo, giornalista del “Fatto Quotidiano”, come riporta “Il Fatto” ,  dopo aver scritto degli articoli sull’imprenditore Salvatore Langellotto (attualmente agli arresti domiciliari per l’aggressione ai danni dell’ambientalista Claudio d’Esposito, presidente del WWF Terre del Tirreno) era stato da quest’ultimo velatamente minacciato durante un’intervista telefonica andata in onda nel programma di Italia 1 “Le Iene”. Per tali motivi dallo scorso 17 gennaio per il giornalista è stata disposta una misura di vigilanza della Polizia di Stato, ulteriormente rafforzata tre giorni dopo a seguito di una sorta di agguato avvenuto ai danni di Iurillo nella zona centrale di Sant’Agnello, a pochi metri dalla Chiesa dei SS. Prisco e Agnello. La Polizia di Stato ha analizzato i video dei sistemi di sorveglianza per documentare quanto accaduto ai danni di Vincenzo Iurillo che è stato anche ascoltato dalla Procura di Torre Annunziata, coordinata dal procuratore Nunzio Fragliasso, titolare delle indagini su Langellotto per l’aggressione all’ambientalista del WWF Claudio d’Esposito che Langellotto continua a negare.
Domani, venerdì 9 febbraio, Vincenzo Iurillo e Claudio d’Esposito saranno ascoltati presso la Commissione Anticamorra della Regione Campania dal presidente Carmela Rescigno e dai consiglieri della commissione.

Iurillo ha anche rilasciato un’intervista a Stylo24 giornale online che è stato molto attento sulla vicenda a firma di Marco Maffei

Come si sente? E’ tranquillo?

«No. Quell’uomo è ai domiciliari, non in carcere. Ed il territorio che gli ha consentito di fare il ras non è cambiato di una virgola. Indifferente. Per non dire pavido, omertoso. Con gente insospettabile schierata al fianco dell’aggressore di Claudio d’Esposito. Se ora, in questo momento, lo vedessero per strada, al bar a fare colazione, non chiamerebbero il 112. Farebbero finta di niente».

Da tre settimane il giornalista del Fatto quotidiano Vincenzo Iurillo è sottoposto a una misura di vigilanza della Polizia di Stato. Decisa come conseguenza delle minacce e delle allusioni intimidatorie di Salvatore Langellotto, l’imprenditore pregiudicato di camorra, arrestato il 26 gennaio per il pestaggio del presidente del Wwf Tirreno, d’Esposito. Era mosso dal rancore dei mancati profitti intorno a speculazioni edilizie impedite dalle denunce dell’ambientalista.

Gli scoop e il lavoro giornalistico

Iurillo si occupa di cronaca giudiziaria a livello nazionale. Tra i suoi scoop, le notizie sulle interferenze di Nunzia De Girolamo nella gestione dell’Asl di Benevento, e nell’assegnazione di un bar di un ospedale alla cugina, che ne causarono le dimissioni da ministro delle Politiche Agricole; la pubblicazione delle intercettazioni del febbraio 2014 tra l’allora sindaco di Firenze e segretario del Pd Matteo Renzi e il generale della Finanza Michele Adinolfi, nelle quali Renzi preannunciava la sua scalata a Palazzo Chigi, smentendo in privato le affermazioni pubbliche di sostegno al governo Letta; le 33 cartelle esattoriali per tasse e contributi non pagati ai dipendenti del padre dell’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio; i nomi degli imprenditori indagati per l’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo.

Iurillo ha scritto del caso Consip, delle indagini dei pm di Avellino su Autostrade per l’Italia, di camorra, del clan dei Casalesi e di quelli napoletani, dello scioglimento per infiltrazioni malavitose di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, è stato ascoltato due volte in commissione parlamentare antimafia.

Il caso Langellotto

Ma ha iniziato ad avere problemi solo quando ha affrontato alcune vicende ‘di paese’ collegate a Langellotto e a Sant’Agnello, dove anche il cronista vive. Oltre ad essere stato il primo a raccontare l’inchiesta sull’aggressione a d’Esposito, Iurillo infatti è stato l’autore su ilfattoquotidiano.it dell’articolo sulla benedizione religiosa dei camion dell’impresa di Langellotto. Avvenuta nella piazza davanti al sagrato della Chiesa di Sant’Agnello, a duecento metri dal luogo del pestaggio, da un parroco evidentemente non in linea con quello di Sorrento, che invece fu tra gli organizzatori di una manifestazione di sostegno all’esponente Wwf.

Su questa chiassosa benedizione che paralizzò il traffico, le Iene di Italia 1 hanno realizzato un servizio che la collegava all’inchiesta sulle lesioni a d’Esposito. Ad un certo punto si ascolta Langellotto dire al telefono a Giulio Golia, «Iurillo pensasse ai guai suoi… ai suoi scheletri nell’armadio… a chi era socio suo padre», ripetendone il cognome in modo ossessivo. Pochi giorni dopo e prima dell’arresto di Langellotto, è avvenuto uno strano episodio in piazza davanti alla Chiesa di Sant’Agnello. Sul quale sono in corso indagini e sul quale Iurillo ha riferito al pm di Torre Annunziata, che ha sulla scrivania una annotazione di polizia e i video del luogo e degli interni di una farmacia.

L’omertà e le delusioni

Sull’indifferenza del territorio lei dice cose molto gravi

«Solidarietà poca. Una telefonata del sindaco di Sant’Agnello, un post di un assessore di Piano di Sorrento, un comunicato dei Verdi Ambiente e Società di Sorrento. Ed un bellissimo intervento del pm anticamorra Catello Maresca a un dibattito al Msc Sporting Club, lui è un esperto, ha capito la gravità dell’accaduto. Sul silenzio degli altri sindaci e della politica locale stendiamo un velo pietoso. Su quello dei cittadini comuni, peggio mi sento. ‘Vorrei commentare, darti sostegno, ma abito lì vicino… ho un parente che vive nei paraggi… mio figlio è piccolo…’. In costiera sorrentina, eh? Mica nella Corleone de ‘Il Padrino’».

Chi l’ha delusa maggiormente?

«Il parroco di Sant’Agnello davanti alle telecamere delle Iene. Pareva giustificare la violenza. Il silenzio del Vescovo, che non parla e non prende provvedimenti, dunque approva. Una ex consigliera comunale che mette un like a un post di una signora vicinissima all’imprenditore, per ragioni familiari, che rilancia le minacce contro di noi. Alcune strane insinuazioni sui social dal mondo ambientalista di Massa Lubrense, che si sono saldate con gli apprezzamenti di persone contigue a Langellotto: hanno scritto che d’Esposito non faceva le denunce in quei luoghi per chissà quali ragioni, e che io ero un giornalista che scriveva articoli a chi gli offriva pizze e cene… Silenzi e menzogne che espongono me e Claudio a ulteriori ritorsioni in un momento delicato».

Cosa ha provato ascoltando Langellotto a Le Iene?

«Poca meraviglia e molta inquietudine. Lui sa bene con chi lavorava mio padre, perché anche la famiglia Langellotto fece affari con lui. Mio padre è morto da 14 anni e lui ripeteva a Golia “di chi era socio…”».

Le allusioni

A cosa alludeva?

«A una vecchia società con un palazzinaro che costruiva interi quartieri a Gragnano e che regalava case ai boss dei clan D’Alessandro e Cesarano per lavorare sereno, nonché padre di un mio quasi coetaneo che sarebbe diventato un camorrista e uno dei più potenti narcotrafficanti del mondo» (il giornalista si riferisce alla «Isi concessionaria d’auto» di Pasquale Iurillo con Ludovico Imperiale, padre del ‘boss dei Van Gogh’ Raffaele Imperiale, ndr).

Sì, ma lei che c’entra? E perché si preoccupa delle parole di Langellotto?

«Do’ per scontato che la gente normale e per bene abbia pensato la stessa cosa, ‘che c’entra il padre di Iurillo’. Peraltro per fatti risalenti ad anni in cui io ero un bambino che viveva chiuso in casa perché i miei genitori avevano paura dei rapimenti, cosa che mi ha causato problemi di salute seri, perché non mi facevano fare sport o attività extrascolastiche. Però spaventa il piano ‘personale’ della rabbia verso un giornalista che svolge soltanto il proprio lavoro. È tipico di un certo codice criminale alludere a famiglie e parentele. Per il resto, quel che dovevo dire l’ho detto al pm di Torre Annunziata, e comunque non è la prima volta che mi capita».

Il precedente

Quando è successo?

«Nel dicembre 2012. Avevo scritto del ritorno in politica di un condannato che era stato vicinissimo a Raffaele Cutolo. Volle incontrarmi attraverso un avvocato amico comune. Ci andai nella speranza che mi raccontasse qualcosa di giornalisticamente interessante, è un personaggio carismatico che tuttora custodisce molti segreti della prima repubblica, della trattativa con Cutolo per la liberazione di Ciro Cirillo. Mi tirò fuori una vecchia visura camerale anni ’70, battuta a macchina. Risultava che mio padre era stato socio di un altro condannato per complicità con Cutolo. Poi l’uomo aprì il libro delle foto del suo matrimonio. Erano presenti anche i miei genitori. Vuole una chicca?»

Dica

«L’uomo con cui parlai è il compare di matrimonio di Langellotto. Stessi linguaggi, stesse allusioni, stessi giri. Tutto si lega»

Ha paura?

«Vivo nella consapevolezza dei fastidi e dei rischi del mio lavoro, quando viene fatto in un certo modo e non per ottenerne cene gratis»

Ha mai pensato di smettere di fare il giornalista?

«In questo periodo ci penso ogni giorno. Ma mi chiedo: a 53 anni cosa mi metto a fare? Ho provato in passato a fare l’ufficio stampa, non sono capace. Butterei a mare 25 anni di carriera. Modesta, ma dignitosa. Getterei via una credibilità e una rete di fonti costruite dal basso, con la gavetta, quasi 5000 numeri di telefono. Non lo so, è un momento di riflessioni, la stanchezza è tanta e il posto dove vivo non mi è amico».

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