Morte di Sinisa Mihajlovic: alla vigilia di Lazio-Bologna parla la moglie Arianna Rapaccioni
Arianna Rapaccioni, ex showgirl italiana è la moglie di Siniša Mihajlović, allenatore e calciatore professionista serbo che ha giocato e allenato in Italia dal 1991 al 2022. Il marito è deceduto in una clinica romana a dicembre del 2022, all’età di 53, a causa delle complicanze di una leucemia in una clinica romana. Qualche mese prima del decesso venne esonerato dal Bologna, la squadra che allenava.
Oggi Arianna Rapaccioni vedova Mihajlovic parla oggi del marito Sinisa e della sua morte. Ma anche dei momenti difficili trascorsi dopo la morte del marito e la depressione che l’ha colpita: «Il professionista a cui mi sono rivolta ad un certo punto mi ha detto: Arianna, o ti rialzi e vivi per te e i tuoi figli, oppure ti lasci andare e te ne vai come Sinisa. Frasi forti, che mi hanno scosso e ricordato chi sono: vengo dalla borgata, ho avuto una palestra di vita molto pesante e oggi raccolgo i frutti di quella esperienza. Non lo nego, niente è come prima, ma ho dei figli meravigliosi e una nipotina. Ho deciso di vivere». Arianna in questi giorni ha rilasciato un’intervista al “Messaggero” alla vigilia della gara Lazio-Bologna che si giocherà a Roma domenica prossima: «È la partita di Sinisa, tornerò allo stadio e mi riavvicinerò al calcio da cui mi ero allontanata. Ci tengono anche i miei maschietti, sono tifosi sfegatati della squadra biancoceleste». Dopo aver ricordata la partita Lazio-Bologna, le squadre alle quali Sinisa era maggiormente legato, Arianna fa riferimento all’esonero da allenatore del marito decretato dal Bologna: «Sinisa non se lo aspettava e ci è rimasto molto male, d’altronde lo aveva anche detto. Non si sarebbe mai dimesso, voleva continuare perché la sua voglia di lottare era unica. Il Bologna ha scelto un’altra strada e non posso giudicare: ha onorato lo stipendio di mio marito fino alla scadenza del contratto. Un gesto straordinario, che in un momento di sbandamento mi ha dato delle sicurezze. Il presidente Saputo, Bergamini, Fenucci, Marchetti, Di Vaio: nessuno mi ha dimenticato, una società speciale e una città speciale. Anche con Sabatini c’era un rapporto pazzesco. Ci era entrata nel cuore ancora prima della malattia. E durante il percorso di sofferenza è diventato un amore viscerale: le settimane in ospedale, la sofferenza al campo di allenamento. Tutto condiviso con gente meravigliosa». Poi Arianna Rapaccioni divaga sul rapporto che ha avuto Sinisa con l’ex allenatore della nazionale italiana Roberto Mancini per raccontare dei momenti di turbolenza del loro rapporto. «Vicende personali, forse incomprensioni, certamente chiarite con velocità. Negli ultimi giorni di vita, Sinisa mi aveva detto che Roberto era nel suo cuore come altri tre o quattro suoi amici. Lui non è mai mancato accanto a noi quando la morte si stava avvicinando». Poi i suo racconto rifà un passo indietro per parlare di nuovo della malattia del marito. «Dopo la ricaduta, la situazione si è aggravata e quando i medici non ci hanno dato più speranze io mi sono confrontata con i miei cinque figli. Tutti insieme abbiamo deciso di non procurare un altro dolore a Sinisa. Oggi, un po’, questo pensiero ci tormenta: lo abbiamo tradito oppure amato, nascondendo la verità? Ancora non l’ho capito». Tutto però si è complicato maledettamente quando è purtroppo fallito il tentativo di una cura sperimentale. «Sì, ricordo ancora il viaggio verso Roma, io e lui chiusi nel silenzio. Amò, mi chiamava così, a cosa stai pensando, mi sussurrava ogni tanto. Io gli facevo coraggio e lui mi gelò: sai, mi dispiace che i miei figli non avranno più un padre e che i miei nipoti non avranno un nonno». Ora, per non pensare ammette «…di non stare a casa, non ci riesco, troppa memoria, almeno per adesso. Vedo le mie amiche, mi occupo degli affari che gestiva Sinisa, poi ho dei momenti di crisi da cui esco con l’aiuto dei miei figli. Un giorno Nicolas, il più piccolo, mi ha chiesto di fare l’albero di Natale. Da sola non ce l’avrei mai fatta: guardi, lo vede? È ancora al centro della sala e non riesco a smontarlo».