Ricostruzione privata post sisma, parere giuridico fa chiarezza su annullamento in autotutela titolo edilizio e dimostrazione stato legittimo immobile

Quanto tempo ha una pubblica amministrazione per annullare in autotutela un titolo edilizio? Come si attesta lo stato legittimo di un immobile? Con un parere ad hoc prodotto dall’ufficio giuridico e pubblicato su questo sito, si fa chiarezza su tali due punti, che spesso hanno suscitato dubbi interpretativi e bloccato le procedure istruttorie nell’ambito delle Conferenze speciali dei servizi per la ricostruzione privata post-terremoto sull’isola. Per assicurare pronunciamenti uniformi e più celeri della Conferenza dei servizi, con tale parere si precisa che: Per esercitare il potere di annullamento in autotutela di un titolo edilizio, anche formatosi per silenzio-assenso, un ente, come stabilito dalla legge, deve procedere entro e non oltre 12 mesi. L’unica eccezione di annullamento oltre tale termine è quella della falsa rappresentazione dei fatti e dei luoghi da parte del professionista o di chi ha richiesto il titolo edilizio. Per dimostrare lo stato legittimo di un immobile, il parere richiama espressamente l’art. 9 bis del Testo unico dell’edilizia, a cui il professionista e le amministrazioni comunali, nonché quelle a vario titolo coinvolte, dovranno attenersi. Quindi, se si è già in possesso di un titolo edilizio, o è stata provata l’esistenza dell’edificio quando non era necessario tale titolo, e non vi sono comunque procedimenti sanzionatori in corso, non c’è motivo per procedere con nuove indagini sulla legittimità di quell’edificio.
Ecco di seguito il Parere in materia di esercizio dei poteri di annullamento in autotutela del titolo edilizio e dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile reso dall’Ufficio del Consigliere giuridico Prof. Avv. Pierluigi Mantini.
Circa il termine ragionevole per l’annullamento in autotutela del titolo edilizio
Sono stati sollevati in più occasioni dubbi e quesiti circa il corretto esercizio dei poteri di annullamento del titolo edilizio, anche formatosi per silenzio-assenso, per difetto di un parere o di un requisito, per legge necessari, riscontrato pur a distanza di tempo dall’approvazione dell’atto.A tal riguardo occorre subito chiarire che bisogna fare riferimento all’articolo 21 nonies, comma 1, della legge n. 241/1990, come modificato dall’articolo 63 del decreto-legge n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 108/2021, secondo cui “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”.L’applicazione di tale disposizione generale, che pone ora un termine di 12 mesi per l’esercizio dell’annullamento in autotutela (in precedenza era di 18 mesi, n.d.r.), vale anche per quanto concerne l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire.Tale principio è stato chiarito di recente dal TAR Lazio nella sentenza n. 378/2024 del 9 gennaio, relativamente ad un’ordinanza del marzo 2023, con la quale un comune ha annullato in autotutela dei titoli edilizi relativi ad un immobile realizzato con permessi di costruire del 1997, 2001 e 2002, in quanto tutti rilasciati in assenza di autorizzazione paesaggistica (ex art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004).La giurisprudenza – ricorda inoltre la sentenza del TAR Lazio– ha anche chiarito che “È illegittimo l’annullamento d’ufficio di un permesso di costruire in sanatoria — adottato anteriormente alla riforma dell’art. 21-nonies, l. n. 241/1990, operata dalla l. n. 124/2015 — emanato oltre il termine di diciotto mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione, in assenza di condotte integranti i presupposti giuridici che autorizzano il superamento di tale termine. Infatti, il temine di diciotto mesi, se, per un verso, non può applicarsi in via retroattiva — nel senso di computare anche il tempo decorso anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 124/2015 — per un altro verso, non può che cominciare a decorrere dalla entrata in vigore della nuova disposizione anche in relazione a provvedimenti emanati anteriormente. In ogni caso, quanto al rispetto del parametro della ragionevolezza del termine, la novella vale come prezioso indice ermeneutico ai fini dello scrutinio dell’osservanza di tale regola”.Occorre altresì ricordare che l’unica deroga ammissibile al termine di dodici mesi per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela può essere determinato, come riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, dall’eventuale fattispecie di falsa rappresentazione dei fatti e dei luoghi da parte del professionista o del richiedente il titolo edilizio.Come precisato nella sentenza n. 265/2023 del TAR Marche, la falsa rappresentazione dei fatti dev’essere però frutto di una condotta dolosa e non già di una mera colpa determinata dalla inidonea rappresentazione di fatti e luoghi, che avrebbe potuto essere riscontrata dal Comune in sede di esame del progetto e della domanda, ossia da una condotta colpevole dell’istante di cui l’amministrazione è chiamata a fornire la prova.Il Comune, dunque, è tenuto a provare non solo l’errore del progettista ma anche la sua malafede. Fermo restando quanto precisato, occorre soggiungere che anche per la giurisprudenza anteriore alle norme di legge richiamate era ben fermo il principio secondo cui l’annullamento in autotutela di un atto amministrativo è legittimo solo in presenza di un rilevante interesse pubblico che deve essere oggetto di adeguata motivazione.È poi del tutto ultroneo sottolineare che l’annullamento in autotutela deve essere adottato dalla stessa autorità amministrativa che ha emanato l’atto e non può certo essere richiesto né tantomeno adottato da un’amministrazione diversa che potrà, nel caso, richiederne l’annullamento al giudice amministrativo, nei modi e nei limiti ammessi dal codice del processo amministrativo.Unica eccezione è costituita dal c.d. “annullamento gerarchico” del titolo edilizio da parte della Regione, nell’ambito di un procedimento in contraddittorio con il Comune competente ai sensi dell’art. 39 del Testo Unico dell’Edilizia.Nell’ipotesi, talvolta ricorrente, del rilievo a distanza di anni da parte di un’amministrazione della presunta illegittimità di un titolo edilizio, per carenza di presupposti (ad es. omessa autorizzazione paesaggistica), non è possibile procedere all’annullamento in autotutela del titolo edilizio da parte del soggetto legittimato, ossia da parte del comune, decorso il termine stabilito dalla legge, a meno che non sussista l’ipotesi di una falsa rappresentazione dolosa dei fatti che abbia tratto in inganno il comune al momento del rilascio del titolo o abbia condizionato l’omesso controllo in caso di SCIA e sempre che sussista un rilevante e motivato interesse pubblico all’annullamento.
La dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile
Per quanto concerne, in via generale, la dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile, il professionista e le amministrazioni comunali, nonché quelle a vario titolo coinvolte, dovranno attenersi a quanto prescritto dall’art. 9 bis del Testo unico dell’edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, secondo cui “1. Ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti dal presente testo unico, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d’ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull’autenticità di tali documenti, informazioni e dati. 1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.Questo principio di legge, introdotto dalla legge n.120 del 2020, e già previsto dall’art. 4 dell’ordinanza commissariale Sisma 2016 n.100 del 2020, fa a volte fatica ad affermarsi nelle prassi amministrative più conservatrici e resistenti ai cambiamenti.In realtà, se il titolo edilizio sussiste o è data prova dell’esistenza dell’edificio nel tempo in cui esso non era necessario, e nel contempo non sussistono procedimenti sanzionatori in corso, non vi è motivo per procedere a nuove indagini circa la legittimità di esso.Diversa è la procedura per la sanatoria di abusi tramite condono edilizio, secondo quanto previsto dalle leggi n.47 del 195, n. 724 del 1994 e n.269 del 2003, che hanno ovviamente la finalità di ripristinare la legalità violata, previo pagamento dell’oblazione, nei modi e nei limiti previsti dalla legge.
Conclusioni
In conclusione, non risulta legittima l’interruzione del procedimento di rilascio del contributo commissariale, o il rigetto della domanda, e neanche una mera ripetizione del procedimento “ora per allora”, in presenza di dubbi circa la legittima formazione del titolo edilizio relativo all’edificio esistente, ove ricorrano i richiamati requisiti di cui all’art. 9 bis mentre l’ipotesi dell’annullamento in autotutela di un titolo edilizio è possibile solo nei limiti, richiamati al precedente punto 1, previsti dall’art. 21 nonies della legge 241/1990.Sotto il profilo pratico, si può forse suggerire, a fini collaborativi e per mero scrupolo, di sottoporre in sede di Conferenza dei Servizi al Comune competente di pronunciarsi, in via di riesame del titolo edilizio, circa la sussistenza di una falsa rappresentazione dei fatti sorretta dall’assoluta mala fede dell’istante.È stato in proposito sentenziato dal TAR Campania che: “la falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato, che comporta l’inapplicabilità del termine di diciotto mesi ( ora dodici, n.d.r.) per l’annullamento d’ufficio, si configura quando l’erroneità dei presupposti del provvedimento non è imputabile (neppure a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ma esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa grave) del privato, dato che anche sul cittadino incombe pur sempre un obbligo di comportamento corretto ed in buona fede in adempimento dei doveri di solidarietà imposti dall’art. 2 Cost.” (cfr. TAR Campania, Sez. II, 17.03.2023 n. 1709).Alla luce della richiamata giurisprudenza del giudice amministrativo campano, il Comune competente potrà dunque essere chiamato ad esprimersi, anche nell’ambito della Conferenza dei servizi, in relazione allo specifico titolo edilizio rilasciato se sia rilevabile in concreto una condotta, da parte del tecnico o del cittadino che a suo tempo ha presentato la domanda, che ha determinato in malafede la falsa rappresentazione dei fatti e degli atti che non poteva realisticamente essere individuata dal Comune in sede di esame istruttorio.Solo sulla base di tale verifica il Comune potrà procedere, in forza di autonoma valutazione, all’eventuale annullamento in autotutela del titolo edilizio anche oltre il termine di dodici mesi. Essendo noto che l’illegittimità di un atto amministrativo può essere fatta valere solo nelle forme dell’annullamento giurisdizionale o in via di autotutela amministrativa, risultando irrilevante ogni oltra opinione, ne consegue che la Conferenza dei servizi, ai sensi degli articoli 5 e 6 dell’ordinanza n.17/2022, può proporre al Comune competente di esprimersi sulla richiesta di annullamento in autotutela e sulla base di tale pronuncia, positiva o negativa, assumerà le proprie determinazioni, anche a maggioranza.