Sant’Antonio Abate, confiscato il ‘Castello delle Cerimonie’, rischia la demolizione: la famiglia Polese: “Valutiamo ricorso alla Corte di Strasburgo”

Sant’Antonio Abate, confiscato il ‘Castello delle Cerimonie’, rischia la demolizione: la famiglia Polese: “Valutiamo ricorso alla Corte di Strasburgo”

Il rinomato “Castello delle Cerimonie” di San’t Antonio Abate, celebre per le sue apparizioni televisive su RealTime, è stato sequestrato in seguito a una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione ieri. La sentenza ha ordinato il sequestro della struttura nota come “La Sonrisa” e ha confermato la prescrizione dei reati imputati agli indagati. Le indagini sulla struttura, che risale al 1979 e copre un’area di oltre 40mila metri quadri, hanno rivelato una serie di abusi edilizi. Gli immobili e i terreni su cui sorge il Castello saranno ora di proprietà del Comune di Sant’Antonio Abate. Nel 2016, una sentenza del tribunale di Torre Annunziata (Napoli) aveva condannato Rita Greco, moglie del “Boss delle Cerimonie” Tobia Antonio Polese (ormai deceduta), e Agostino Polese, suo fratello e amministratore della società, a un anno di reclusione con sospensione della pena. La sentenza di primo grado è stata in parte modificata dalla Corte d’Appello di Napoli e confermata successivamente dalla Cassazione.

Oltre 100 posti di lavoro sono ora a rischio presso “La Sonrisa”, che rappresenta una fonte significativa di reddito e occupazione per Sant’Antonio Abate. Si tratta di circa un centinaio di dipendenti tra stagionali e fissi, di cui 40 sono a tempo indeterminato e 70 impiegati per eventi speciali. Fotografi, wedding planner e altri professionisti del settore legati alle cerimonie tenute presso il Castello rischiano di perdere la loro fonte di reddito. La struttura potrebbe essere demolita completamente o destinata solo a utilizzi di pubblica utilità, senza alcuna connessione con il suo precedente giro d’affari.

Il sindaco di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale, ha espresso sorpresa per la decisione della Cassazione, sottolineando l’importanza economica e sociale della struttura per la comunità locale e annunciando l’intenzione di collaborare con le autorità competenti per gestire la situazione nel rispetto della legalità e con trasparenza.

Una possibile soluzione potrebbe essere un’iniziativa pubblica per gestire la struttura senza coinvolgere i membri della famiglia Polese. Si prevede un incontro tra il Comune e la prefettura per discutere delle opzioni disponibili, che potrebbero includere l’assegnazione tramite bando pubblico a privati escludendo i Polese. Il Comune potrebbe inoltre ottenere un affitto per l’utilizzo della struttura a fini di pubblica utilità, seguendo un modello simile ad altri casi già presenti nella zona.

I membri della famiglia Polese stanno valutando la possibilità di presentare un ricorso alla Corte di Strasburgo, sostenendo di essere stati vittime di ingiustizia e di non aver avuto un processo equo. Ciro Polese, uno dei soci e proprietari, ha dichiarato che continueranno a lottare per difendere i loro interessi e quelli dei dipendenti, sperando che la situazione possa risolversi in modo positivo per tutti.

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