La Lunga Notte di Christian Berger, un thriller psichiatrico per Giuseppe Petrarca
Lo scrittore napoletano Giuseppe Petrarca, riconosciuto maestro del noir psicologico, molto amato dalla critica e dal pubblico, è di nuovo alla ribalta con il suo nuovo romanzo “La Lunga Notte di Christian Berger”, pubblicato a ottobre 2023 per Edizioni Cento Autori, che in questi mesi ha fatto incetta di plausi unanimi e riconoscimenti prestigiosi, ultimo in ordine di tempo il “Premio letterario Roma International”.
Il testo è di grande pregio per l’alto livello di scrittura, l’avvincente dipanarsi della trama, fitta di colpi di scena e trovate insolite, i temi trattati, di grosso spessore esistenziale. Christian Berger, il protagonista, è un giovane uomo con problemi mentali. L’autore lo descrive affetto da “depressione psicotica in personalità borderline con amnesie e disturbi del sonno”. E’ anche farmaco-dipendente: assume psicostimolanti per la depressione e morfina per dolori cronici alla colonna, senza disdegnare droghe. La compromissione della salute mentale è l’autentica epidemia dei nostri tempi. Il mondo appare pericolosamente impazzito, privo dei punti di riferimento della razionalità che ne arginavano la deriva sociale. Un disagio crescente già in epoca pre-pandemica, che il Covid ha fatto deflagrare. Il suo disturbo di personalità spinge il giovane protagonista a un comportamento inusuale e bizzarro. Mascherato dall’oscurità della notte, si arrampica sui tetti dei palazzi per scrutare la vita degli altri. Orienta il suo binocolo verso gli appartamenti illuminati per penetrare l’intimità dei nuclei familiari, rubare scene, gesti, immagini, che gli suggeriscano ricostruzioni di vissuti, emozioni, dinamiche. Perché lo fa? Una strategia inconscia e disperata per trovare un senso alla propria vita disgregata. Uno specchio, in cui cercare negli altri l’immagine di sé scomposta dai mostri di una mente confusa. Un modo disperato ed estremo per connettersi con se stesso, attingendo alla “normalità” delle vite delle vite degli altri. Senza chiedere nulla, senza fare male a nessuno. Una doppia vita, consumata nel segreto di un vizio solitario e inconfessabile. Un brivido, per sentire vivo un cuore alienato da un dolore ignoto che, giorno dopo giorno, lo ha staccato dalle radici del reale. «Mi considero un uomo come tanti, in cerca di nuove emozioni, attratto dalla notte e dalle sue lusinghe, curioso di scoprire negli altri un tassello di verità per ricomporre il puzzle intricato della mia esistenza. Scopro il velo delle miserie umane cercando di intuire quella realtà vera che ognuno di noi cerca di sottacere, di rimuovere. Il giorno è pura falsità. La notte, invece, regala l’imprevedibilità.
Come un falco atterro con lo sguardo del binocolo all’interno delle case, passando dalle finestre e dai balconi; mi faccio largo tra le tende, gli arredi, le persiane semi- chiuse. è come se cercassi dei frammenti di me nelle vite degli altri. Non accetto la mia vita e cerco negli altri quello che non sono e che non sarò mai». Anche gli altri personaggi del racconto sono come lui dei “diversi”, delle persone non omologate: il fratello Karl che nel sesso senza amore cerca una disperata comunicazione dei corpi essendosi negata quella delle anime, l’amico d’infanzia Daniele sognatore e creativo, sbarcato con i suoi quadri in terra australiana, ma entrambi tradiscono la loro disperazione e si conformano al sistema “del fare soldi”. Invece Christian non si sottrae alla dannazione della diversità. «Ho le mie manie. Sono un nottambulo che vaga nella notte…». Ma una notte, accade qualcosa. Scopre che nell’appartamento che è intento a spiare si sta consumando un delitto. Spaventato e pieno d’angoscia, chiama in anonimo la polizia e scappa via. Ma le tracce della sua presenza lo inchiodano: la mattina seguente, la Polizia lo rintraccia a casa sua e lo arresta. Ipotesi di reato: omicidio e sottrazione del corpo della vittima, Irene Schwarz. Gli viene assegnato un avvocato d’ufficio, ma tutti gli indizi sembrano incastrarlo. Inizia per Christian un viaggio delirante, in un’atmosfera da incubo, asfissiante, un po’ alla maniera de “Il processo” di Kafka. Vive il dramma della carcerazione, la soffocante burocrazia che ostacola perfino i pensieri, il paradosso dell’impossibilità di rendere credibile quella che è invece la verità: «Nessuno potrà credere alle mie sortite sui tetti dei palazzi di questa maledetta città per spiare la vita degli altri. Troppo inverosimile. Molto più probabile, per questa società ipocrita, che un uomo possa vagare di notte in cerca di una preda da uccidere». Non ricorda cosa sia successo quella notte, immagini disallineate gli suggeriscono un legame con la vittima, e altre ancora riemergono dal suo passato: il rapporto difficile con la famiglia, quello con la fidanzata Giulia e l’amore non corrisposto di Erica, la governante. Con l’abituale talento narrativo e la sua capacità unica di sondare i meandri della mente umana, Petrarca confeziona un thriller psicologico di sofisticata qualità. L’indagine al centro del romanzo non è solo la ricerca del colpevole di un inspiegato delitto: è lo studio dei troppi perché che affliggono il tormentato vivere dell’uomo contemporaneo. Così, il racconto si trasforma in una metafora dell’incomunicabilità e della solitudine. La solitudine è il primo male di Christian Berger: inesorabilmente solo, pur tra tante persone, perché la sua è una solitudine esistenziale. E’ l’assoluta mancanza di speranza nel futuro. E’ la sensazione, triste e dolente, di essere distante, escluso e isolato dagli altri esseri umani, senza possibilità di instaurare con i suoi simili un dialogo intimo e reale e una comunicazione efficace e soddisfacente. E’ veleno per la mente, in quanto negazione dell’indole intrinseca della natura dell’uomo, che, “animale sociale”, ha bisogno di interagire e di trovare il proprio posto all’interno della comunità. La solitudine fa male perché dichiara il fallimento del proprio mantra vitale, amare ed essere amato. I contatti umani sono letteralmente cibo per il nostro cervello, che nella solitudine e nell’isolamento reagisce, ci spiegano le neuroscienze, come quando abbiamo fame: si attivano le stesse aree e soffriamo come se fossimo privati di un sostentamento indispensabile alla vita. La solitudine è la malattia dei nostri tempi veloci e distratti, in cui le chat, i social, i videogame creano una mera illusione di comunione, che si trasforma in frustrazione quando ci si accorge della sua evanescenza e vacuità.
Il percorso che compie Christian nella storia, in un continuo volteggiare tra il reale e l’immaginario, in bilico tra il sogno e la vita vera, è l’uscita dal suo guscio per arrivare alla conoscenza di se stesso, il suo io nascosto sotto una realtà apparente che cela l’essenza. Sullo sfondo, la domanda cruciale dell’esistenza dell’uomo: «Siamo anime nobili eredi di un regno di luce, oppure siamo animali destinati al buio e alla polvere?». I profondi contenuti sono proposti con una scrittura assolutamente particolare, densa, colta, poetica, visionaria, che rendono questo testo un gioiello della letteratura contemporanea. L’autore nel libro ringrazia la Scrittura «che ci illumina, ci solleva e trasfigura ogni cosa, nel nostro quotidiano vivere». E noi, da lettori, ringraziamo invece lui per la sua scrittura.
Carlo Alfaro