Già a gennaio il tasso di inflazione era pari a +1,9%. Secondo l’Unione nazionale consumatori equivale ad una maggiore spesa annua di ben 375 euro per una famiglia media di 4 persone, staccando di gran lunga i 286 di Milano e i 259 di Roma. A spingere in alto i prezzi del carrello della spesa è, ancora una volta, il settore alimentare dove si registra un aumento del 6,7 per cento su base annua, tasso che a Roma è del 4,2%, mentre a Milano è del 3,3% a fronte di una media nazionale è del 3,9.
Secondo i dati Istat riportati dal Comune c’è un +3,4% su base annua per abbigliamento e calzature, +2,7% per servizi ricettivi e ristorazione, +2,9% per mobili e articoli per la casa, +1,7% per servizi sanitari, +1,6% per i trasporti. Unico dato in controtendenza riguarda abitazione, acqua, elettricità e combustibili con –13% rispetto allo scorso anno. Ma questo dipenderebbe, secondo l’Unc, dal crollo delle bollette energetiche
Per l’olio extravergine d’oliva l’aumento è del 6,6% rispetto al mese di gennaio, +0,6% per il riso, +1,1% per i salumi, ben +2,8% per pesci freschi e frutti di mare. Formaggi e latticini (+0,6%), uova (+0,8%) e prodotti d prima necessità (burro +0,8%) non temono confronti. La crescita dell’inflazione ha pesanti effetti anche sui consumi che a febbraio 2024 sono calati dell’1,5% a Napoli, a fronte del +10 per cento registrato a novembre.
Una «botta» per i napoletani che, d’altro canto, devono fare i conti con stipendi che non crescono alla stessa velocità ma che devono fare i conti anche con pesanti aumenti delle tasse e delle imposte, introdotte o aumentate, da Palazzo San Giacomo. Lo stesso Comune che non ha saputo gestire il boom turistico che ha prodotto il rincaro di tutti i prezzi dei generi alimentari e dei trasporti. I napoletani, insomma, si ritrovano tra l’incudine e il martello: da un lato il forte rincaro del costo della vita e con servizi scadenti e dall’altro una città invasa senza alcun tipo di organizzazione.