Amalfi, Il disastro a Vettica Minore del 26 marzo 1924. Un fenomeno più complesso di una colata
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Amalfi, Il disastro a Vettica Minore del 26 marzo 1924. Un fenomeno più complesso di una colata . L’analisi del geologo Vittorio Di Benedetto per Positanonews il giornale della Costiera amalfitana e Penisola sorrentina.
Il territorio di Vettica Minore, fraz. di Amalfi, si estende su un ampio versante del fianco meridionale dei M. Lattari affacciandosi sul mare. Dal punto di vista morfologico a nord è dominato del rilievo tabulare di M. Finestra di Agerola, a quota + 390 m circa s.l.m.
Dal piede della parete rivolta a sud origina un vasto versante che, con traiettoria tesa, degrada fino a quota + 55 m , dove ripiega bruscamente a ginocchio raggiungendo il livello del mare.
La natura del territorio e la posizione ha favorito lo sviluppo di una vegetazione a macchia mediterranea, incolta.
Le difficoltà delle comunicazioni legate alla geometria aspra e scoscesa dei fianchi montuosi fino al livello del mare ,ha limitato lo scambio con gli altri centri , i contatti potevano avvenire solo attraverso percorsi molto accidentati o via mare.
Verso la fine del XIX sec. con la costruzione della strada per Positano e, successivamente nel XX sec, il collegamento con Agerola, sono state costruite abitazioni lungo le rotabili. Ma le nuove comunicazioni non hanno inciso molto sullo sviluppo commerciale anche per effetto di aree limitrofe economicamente più grandi.
Fino ai primi decenni del XX sec il paesaggio si completava con il più tipico insediamento rurale : case sparse e sovrapposte a gradinata, rivolte verso la migliore esposizione, i versanti sistemati e difesi con la costruzione dei terrazzamenti coltivi. Questa tecnica agricola è una testimonianza antica e vivente dell’ingegnosità umana di ricavare spazi agricoli da terreni incolti con semplici mezzi.
Quest’angolo di paradiso di colpo ha vissuto una storica tragedia : il 26 marzo 1924, dopo un lungo periodo di pioggia, in un solo giorno sul settore costiero si riversarono 108 mm di acqua ( D. Guida UNISA ). Sul versante , dalle quote più elevate tra 290 – 300 m , si innescò un primo movimento di traslazione dei materiali contenuti nei terrazzi coltivi, non più in condizioni di stabilità,fino a quota + 170 m. Da questa quota, si staccò un corpo di frana, una enorme “ valanga “ distruttiva, estesa a ventaglio, fino a ricoprire i livelli inferiori del pendio.
Nella vicina Praia, fraz. di Praiano, l’abitato di pescatori, attraversato da un alveo torrentizio stretto e limitato da pareti rocciose in forra, fu distrutto da un alluvione che provocò 13 vittime.
La visione di una raccolta di foto dei danni avvenuti e le notizie locali tramandate a memoria, hanno fornito indicazioni sulla tipologia dei movimenti e sulle fasi finali della tragedia.
Appena tre mesi prima, il governo aveva regolamentato, con R.D.L. del 30.12.1923, la limitazione d’uso dei terreni ritenuti instabili con l’introduzione del “ vincolo per scopi idrogeologici.”
Il suddetto decreto, sostanzialmente, ha avuto vigore fino alla Legge 18.05.1989 “ Norme per il riassetto organizzativo e funzionale per la difesa del suolo “.
Terminologia
Si precisa la seguente terminologia :
1) Lama : indica una massa d’acqua stagnante con piccolo spessore nelle aree con argille e limi. Questi terreni, quando diventano coperture, possono dare origine a frane per scorrimento molto superficiale ( F. Ippolito Le frane) Impropriamente questo termine è usato per individuare incisioni e solchi scavati lungo i pendii.
2) Colata di detriti : il termine indica un notevole movimento in massa di materiali detritici a varia granulometria saturi e ipersaturi di acqua piovana, può essere lento o veloce. Quando questa massa, per vari inneschi, si muove guidata dalla forza di gravità, può essere inarrestabile e distruttiva. Il termine va usato in coerenza con la classificazione. A Vettica la prima fase della frana si assimila la tipologia di una colata di detriti lenta in terreni di riporto, a Sarno 1998 dai rilievi si staccarono una quindicina colate di detriti, lenta e inarrestabile, costituenti la serie stratigrafica locale.
Le condizioni geomorfologiche di Vettica
Le ricognizioni sul territorio, l’esame cartografico della zona non hanno fornito alcun segno dell’evento in questione, il territorio è classificato ad alto rischio nel Piano Stralcio Assetto Idrogeologico.
Nella zona affiorano rocce carbonatiche costituite da calcari-dolomitici organizzati in strati in giacitura orizzontale, con continuità laterale e verticale formando tutti i rilievi sin dal livello del mare.
Sull’intera penisola sorrentino-amalfitana , la serie carbonatica si presenta ricoperta da una coltre di sedimenti di origine vulcanica, la cui granulometria , compresa tra 0.5 a 1 cm circa è tipica dei principali costituenti ; lapilli, pomici, ceneri, scorie.
Lo spessore di questa coltre piroclastica, negli accumuli originari da caduta, variava dal metro a 3-4 m, esistono prove certe che, nel corso dei secoli i maggiori spessori nelle zone basali furono dovuti ai processi di fluitazione e rideposizione di colate di detrito, fenomeni giustificati sia dallo stato fisico di materiali incoerenti che dalle variazioni di pendenza.Dalle foto inizio 1900 buona parte del versante risulta essere sistemato a terrazzamenti coltivi ( vite, ulivi e prodotti ortofrutticoli ) realizzati con i fertili materiali della copertura piroclastica locale.
I caratteri descritti conferiscono all’area di Vettica la peculiarità di essere predisposta all’instaurarsi di fenomeni di instabilità, ma anche alla rapida ricostituzione della vegetazione dovuta al fertile quanto instabile terreno piroclastico.
In superficie tuttora non si rilevano alterazioni ambientali, come solchi di scorrimento di acque superficiali e depositi caotici di detriti, che sono monito di instabilità avvenute o in atto.. Anche i segni della complessa frana sono stati cancellati per la ricostituzione naturale della vegetazione incolta , in parte per la costruzione dei terrazzi coltivi e una contenuta urbanizzazione.hj
Ciò riduce al minimo la possibilità di individuare dove e perché si potrà verificare un movimento di massa.
La pendenza media del versante, pari a 32°-33°, coincide con l’angolo di attrito attribuito ai sedimenti, determinando una situazione di equilibrio che può essere rotto se le precipitazioni oltrepassano una certa soglia di intensità e durata.
Al confine con il Comune di Conca de’ Marini si rileva un solco di scorrimento scavato dalle acque piovane, in direzione alto-basso, denominato lama, che attraversa una fitta boscaglia ai piedi della suggestiva parete di S. Rosa.
L’unica probabilità di crolli di massi può derivare dal rilievo tabulare di M. Finestra, sito a distanza e, allo stato attuale, compatto ( si osservano sulla parete due nicchie di crolli di massi avvenuti oltre 50 anni fa).
La costruzione dei terrazzi coltivi in costiera resta un’impresa unica perché sono stati realizzati su piccoli ripiani rugosi, poi ampliati, parte integrante di pareti rocciose verticali. Altrove i terrazzi sono stati costruiti sulle colline.
Senza entrare in particolari, il muro a secco ( denominato macera nel basso Lazio e Campania ) che protegge il terreno agrario, ottenuto incastrando pietre “ vive “ ( senza lesioni ) di forma irregolare e senza malta, risulta stabile con la sola resistenza di attrito sviluppata sulle superfici di contatto tra i conci.
Delle molteplici azioni benefiche’ si considera la riduzione alla sensibilità delle azioni meteoriche e della velocità di deflusso, la notevole capacità dell’infiltrazione delle acque piovane impedendo il rischio di scivolamento delle rocce e dell’erosione provocate dalle precipitazioni.
Il punto più debole del muro a secco è la sostenibilità a lungo termine del letto drenante che minimizza le spinte idrostatiche e la stabilità della fondazione. Questo elemento richiede base solida per evitare erosioni di fondo in occasione di piogge torrenziali.
Gli effetti al suolo delle piogge di marzo 1924
E’ noto dalle cronache che il mese di marzo 1924 fu caratterizzato da pessime condizioni meteorologiche su tutta la costiera,
Nel periodo piovoso precedente il giorno 26, non apparvero segni di potenziale instabilità, l’afflusso delle piogge non diventò deflusso perché 1) le acque piovane furono drenate dai terrazzi e anche dai sedimenti piroclastici molto permeabili per porosità intergranulare.
L’intensità, la durata e l’altezza delle piogge non avevano raggiunto il livello di soglia di equilibrio limite dei terreni, molto incerto precisare se questo periodo piovoso possa essere cumulato tra le concause di quanto accaduto successivamente.
Il 26 marzo , fin dalle ore mattutine iniziò una pioggia che diventò più compatta nel tempo per la formazione locale di celle atmosferiche .favorite dalla presenza del fronte montuoso che culmina a oltre +1300 m con i monti di Agerola. In meno di 24 ore si rovesciarono 108 mm di acqua,cioè 108 litri per metro quadro.
L’intensità e durata della pioggia trasformò l’afflusso in deflusso perché tutti i terreni superficiali non riuscirono a drenare l’acqua in profondità. Anche intense le sottospinte idrauliche essendo le sottostanti rocce calcaree ipersature. Si era formato un piccolo “ torrente montano “ che provocò sottoscavazioni delle fondazioni dei terrazzi. .
Verso quota + 290- 300 m, le piroclastiti diventarono una miscela viscosa di acqua e detriti scivolando sui primi terrazzi coltivi, la forza peso dei materiali aggiunti distrusse i primi terrazzi. La frana iniziò nelle prime ore meridiane.
Tutto ciò che sarà esposto in seguito è ben visibile nell’allegata foto.
Il complesso movimento franoso
E’ opportuno rilevare che nelle piroclastiti incoerenti giacenti sui pendii, l’innesco in testata del moto franoso ha un limite complessivamente arcuato, e dopo si formano lobature per dilatazioni e fenomeni avventizi. Viceversa , dalla foto si rileva chiaramente che la linea di testata della della frana era orizzontale-rettilinea. non troppo estesa, nonostante che il versante consentisse più libertà di cinematismi.
Si nota che il fronte si interruppe nettamente in ambedue i lati per tutta la direzione del moto di traslazione ortogonale ai filari dei terrazzi coltivi, c tagliati dalle spinte gravitative perpendicolari al pendio.
Il mescolamento di detriti, blocchi rocciosi e componente argillosa rallentò il moto per la viscosità della massa.L’energia liberata dal moto franoso fu spesa per vincere resistenze e deformazioni.
Nonostante l’alto indice di franosità ( indicato dall’angolo della differenza di quota tra inizio e fine movimento) , il volume della massa franata non percorse molto spazio, arrestandosi verso quota + 170 m.
Si è venuto a conoscenza che gli abitanti , dopo il primo moto franoso, cercarono di dare l’allarme alle altre zone, ma si verificò il secondo e più distruttivo evento: crolli di tronchi stradali ( via per Agerola ), scivolamenti di case e terrazzi coltivi formarono un grande e unico tappeto di rovine , 61 furone le vittime, una ritrovata nel mare.
Del secondo movimento le cause furono diverse. Al determinante evento meteorico , si associarono altre concause:
– sbancamenti per la realizzazione della strada per Agerola sul lato monte;
– cedimento dei materiali del sottofondo stradale. All’epoca degli eventi in descrizione, la strada era ultimata ma non attiva, i soccorsi arrivarono via mare;
– la forte circolazione delle acque di scorrimento superficiale,la cui pressione, uguagliando il peso dei materiali solidi soprastanti, fluidificarono il materiale sottoscavando la base delle abitazioni e dei terrazzi coltivi;
– molte abitazioni e terrazzi erano disposti a gradinata, il crollo della struttura posta più in alto può aver coinvolto le altre sottostanti, furono distrutte una trentina di case.
– data la non elevata pressione unitaria delle fondazioni delle abitazioni, inferiore al Kg/cmq, può essere stato utilizzato un terreno di scadenti caratteristiche meccaniche;
– lo scarico delle acque reflue e le corrosioni dei terreni, unito ai sistemi di drenaggio.Nella frana in via M.Camera Amalfi 2021, si formò una notevole massa di terriccio rossastro per corrosione da perdita di tubi fognari.
Si conclude con un semplice interrogativo : il rischio idrogeologico è diminuito ?
La Protezione civile, in alcuni settori funziona bene,ma gli interventi strutturali sono discutibili.
Molti comuni sono attraversati da alvei tombati, ma per quale portata massima sono stati sono stati costruiti ? In molti casi è avvenuta la rottura della copertura perché il tratto tombato è diventato una condotta in pressione. Nelle zone pianeggianti l’impermeabilizzazione del suolo trasforma le strade in alvei fluviali.
La previsione meteo ; sarebbe utile disporre di dati ben calibrati e attendibili, sopratutto nelle zone montane più isolate. Ma il sistema radar regionale non quantifica il livello di pioggia prevedibile sui territori, è una limitazione tecnica perché le antenne sono disposte in orizzontale ed esplorano il sistema nuvoloso più vicino, descrivono ciò che sta avvenendo, non quello che avviene.
In costiera molti eventi sono stati ritenuti catastrofici, ma nel 1954 24 ottobre a Maiori si misurarono 300 mm di pioggia, a Vietri 505 mm giornalieri per il medesimo evento. Appare una forzatura considerare evento estremo con 80 mm di pioggia.
Tra il considerare impossibile poter controllare gli eventi in oggetto , ovvero raggiungere la sicurezza assoluta, il Piano Assetto Idrogeologico ha scelto gli interventi graduali, diventando Piano Stralcio Assetto Idrogeologico.
geologo Vittorio Di Benedetto