Massimiliano Fuksas: “Troppi B&b: Napoli tuteli il suo centro storico e protegga la sua identità”
Massimiliano Fuksas: “Troppi B&b: Napoli tuteli il suo centro storico e protegga la sua identità” , un discorso che può valere anche per Sorrento e Amalfi
«Il turismo di massa sta uccidendo le nostre città. Napoli è un gioiello, ma è fragile e bisogna stare attenti ai processi di trasformazione in atto, a cominciare dal proliferare di bed and breakfast nel centro storico, che si impoverisce e perde identità. Un rimedio? Il più semplice di tutti: proibirli».
Sorride amaro Massimiliano Fuksas riflettendo sulla “turistificazione” delle nostre città, a margine dell’incontro in cui racconta il suo progetto di ricostruzione per Casamicciola, accompagnato dal sindaco del comune colpito dal sisma del 2017 e dall’alluvione del 2022, Giosi Ferrandino, e dal commissario Giovanni Legnini.
Un progetto in fase embrionale, che muove dall’esigenza di dare un nuovo volto a un territorio dove ancora profonde sono le ferite delle calamità. Ma l’archistar parla anche dei grandi processi della contemporaneità.
Come si può ostacolare il boom di B&b?
«Le amministrazioni possono prevedere politiche che limitino fortemente, ed efficacemente, i fitti di appartamenti per pochi giorni, soprattutto nei centri storici. Firenze è stata distrutta, Roma – dove vivo – soffre e lo stesso accade a Parigi, che però sta provando ad opporsi, come ha fatto New York. Ecco, anche Napoli deve rispondere all’invasione di un turismo che non ha alcun interesse ad approfondire la città. E che alimenta un circolo vizioso».
In che senso, Fuksas?
«Tutti i giorni a Napoli circolano 300 mila persone, chiamiamole turisti, che utilizzano la città e i suoi servizi. Generano benefici economici, ma influiscono sulle infrastrutture e alimentano flussi regolati e, possibilmente, non assecondati. Non è ammissibile per esempio che a Napoli, la città dove si mangia meglio al mondo, la qualità dell’enogastronomia si abbassi, come accade, tra friggitorie e pizzetterie, contrapposte all’altro estremo, la cucina inutilmente chic degli stellati».
Ma non si può mica imporre il numero chiuso dei turisti?
«Certo che no. E non nego che sia difficile, per le città, difendersi dall’overtourism. E chiarirei, a scanso di equivoci, che la mobilità diffusa, e dunque l’idea stessa che nelle città arrivino tanti turisti, non è di per sé negativa. Ma il problema sorge quando, e accade spesso, i flussi si alimentano attorno a luoghi comuni e cliché, e non alla cultura e ai suoi processi. Dovremmo iniziare a governare la trasformazione delle nostre città partendo dalla cultura».
Cultura che a Napoli è presente anche nelle stazioni della metro: il suo studio ha firmato il progetto Duomo della Linea 1.
«Promuovendo un dialogo tra artisti, architetti e ingegneri, tra i quali grandi amici come Bonito Oliva, il progetto delle metro dell’arte è stato geniale. Napoli è stata all’avanguardia: nessuna città è stata in grado di copiarla, né di generare lo stesso grande dibattito culturale».
Perché ha deciso di offrire la sua visione alla ricostruzione di Casamicciola?
«Da bambino mia madre mi ripeteva che la mia camera era una specie di “Casamicciola”: l’espressione è stata per me a lungo un mistero. Poi ho compreso. Oggi Ischia è meravigliosa, ma ha pagato dazio alle calamità naturali. Casamicciola può rinascere partendo da un nuovo rapporto con il mare, dalla valorizzazione delle acque termali, patrimonio unico, dalla creazione di un museo della memoria. E da una rifunzionalizzazione del Pio Monte della Misericordia, che domina il waterfront».
Crede che Ischia abbia pagato anche le ferite dell’abusivismo?
«Vado controcorrente: questo è un luogo abitato ed abitabile, ci sono le fregnacce, come ce ne sono ovunque, e vanno sostituite. Il paradigma non è costruire meno, ma farlo meglio. Valorizzare i luoghi insoliti, mettere in comunicazione le piazze».