“2972. Un pianeta di pioggia”: la fantascienza di Luigi Mollo
Cosa accade se un intellettuale di spicco come il napoletano Luigi Mollo, filosofo, antropologo, raffinato poeta e scrittore profondo, si cimenta con la fantascienza? Accade che nasce un puro gioiello: con il suo terzo romanzo, “2972. Un pianeta di pioggia”, Mollo ci regala una fantascienza d’autore, feconda di spunti di riflessione e di squarci di aperta denuncia sui rischi che corre l’umanità. Il testo ci proietta nel 2972, la Terra non esiste più, distrutta dalla cupidigia dell’uomo, soffocata per sempre da guerre, pandemie, carestie e devastazioni ambientali, spenta nella ricchezza delle sue infinite biodifferenze dal rigore asettico degli algoritmi matematici. Il nuovo mondo è Gaia: non più stagioni, paesaggi, emozioni e poesia, solo una pioggerellina fine costante, in un’atmosfera patinata e statica da perenne videogioco. Anche gli esseri umani non ci sono più, col loro universo di sentimenti, ricordi, pensieri e sogni: al loro posto, gli “esseri pulsanti”: automi governati dalle macchine che, create dall’uomo per rendere più facile la vita, hanno nel tempo preso il sopravvento assoluto, cancellando ogni traccia di empatia e umanità. Senza passato e senza futuro, senza relazioni e bisogni, i nuovi umani vivono esistenze lunghe e vuote, nel grigio perenne di una solitudine senza speranza. Ma uno di loro, Spinoza, lo stesso nome del filosofo del 1600 antesignano dell’Illuminismo, rompe l’incantesimo, e assieme a sparuti sopravvissuti che hanno conservato barlumi di mente pensante, osa provare fremiti di sentimenti, sperimenta emozioni e sensazioni che appartengono all’umanità obsoleta. La ribellione alle macchine è cominciata? Uno spiraglio per recuperare quell’umanità che secoli di storia ci avevano consegnato? Questo splendido romanzo non ha risposte, ma pone tante, inquietanti domande. La prima, è se il ritmo incalzante dei progressi dell’innovazione tecnologica possa davvero rappresentare un rischio per l’umanità. Oggi, assistiamo meravigliati alle inaspettate possibilità dell’intelligenza artificiale. Un potente sviluppo della tecnologia che accresce a dismisura le possibilità della mente umana di conoscere, catalogare, analizzare, approfondire l’enorme mole di dati che vengono messi a disposizione della banca informatica affinché con algoritmi prefissati possano essere manipolati a seconda delle richieste. In tanti si domandano dove ci porterà: migliorerà della qualità della vita o potrebbe causare l’inesorabile apocalisse dell’umanità? E’ possibile che, sfuggendo ai protocolli di sicurezza e monitoraggio, come nel romanzo di Luigi Mollo, davvero la tecnologia vada fuori controllo, che la sua potenza sempre più rafforzata soppianti la necessità di prestazioni umane, fino ad esautorarle del tutto? Il dominio delle macchine teorizzato dall’autore è solo una paura dell’immaginario collettivo spaventato dalla rivoluzione tecnologica di sbalorditiva rapidità, o un rischio reale che, ancora una volta, una letteratura illuminata svela con incredibile anticipo? Già ora, non è insensato immaginare che l’automatizzazione informatica possa rendere superflua la manodopera creando disoccupazione, povertà e instabilità sociale. Ma gli studiosi sottolineano anche un altro potenziale rischio della progressiva supremazia della tecnologia: l’atrofia del pensiero critico, della memoria, della capacità di problem-solving, dato che ormai tutto è, maledettamente, a portata di un semplice “click”. L’uso intensivo di soluzioni informatiche rischia di banalizzare il nostro pensiero, ridimensionare lo sforzo dell’ingegno, portare a perdita di identità e inaridimento emotivo. Oppure si potrebbe paventare un uso irresponsabile dei dati, per creare armi invincibili, o manipolare le menti offuscando la logica e la ragione, o utilizzare a fini illeciti i dati personali accumulati nelle piattaforme. Un altro interrogativo angosciante che emerge dalla lettura del testo è se i drammatici cambiamenti climatici innescati dalle attività umane predatorie della Natura, lo sfruttamento sfrenato di risorse, l’agricoltura non sostenibile, gli allevamenti intensivi, il consumo di suolo, la produzione massiva di scorie non smaltibili, ci porteranno in un baratro di completa distruzione dell’habitat naturale, con il sovvertimento dell’integrità degli ecosistemi, la deforestazione, la perdita di specie di flora e fauna selvatiche. L’ultimo spunto è quale sia l’essenza di un essere umano, cosa è che lo rende irripetibilmente tale. Sono le sue relazioni, sembra suggerire Luigi Mollo, nelle pieghe del racconto. La relazione con sé stesso e quella con gli altri. Senza relazione, non c’è pensiero, non c’è coscienza, non c’è umanità. Credo sia questo il messaggio fondante del libro.
Carlo Alfaro