Gioia di Rosita D’Esposito: un libro per le donne

15 luglio 2024 | 02:01
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Gioia di Rosita D’Esposito: un libro per le donne

Gioia di Rosita D’Esposito: un libro per le donne

“Nomen omen” dicevano i Latini, «il nome è un presagio», ma non è così per la protagonista del romanzo d’esordio della sorrentina Rosita D’Esposito, “Gioia”, che dà anche il titolo al testo, perché la sua vita, dopo la parentesi felice dell’infanzia vissuta nell’inconsapevolezza del suo destino, è triste e cupa. Dietro l’apparente quadro di serenità familiare, evocato con rimpianto in pagine di autentica poesia, si cela un universo di dolore. Un dolore buio e senza speranza che grava sulla storia sin dalla prima pagina. La morte di un bambino di 8 anni è un dolore senza appello che condanna tutti i protagonisti a subirne le conseguenze senza possibilità di riscattarsene. Gioia ha un padre che sotto la maschera di uomo di successo e perfetto padre di famiglia cela psicopatie manipolative e fobiche e morbosità violente per traumi infantili irrisolti e carenze affettive abissali. Ha una madre che è la descrizione pura e fedele dell’essenza della maternità, ma è anche una donna vittima della violenza domestica cui non ha saputo mai ribellarsi. Ha una sorella e un’amica fedeli, in questo romanzo tutto al femminile. Gli uomini invece non fanno una bellissima figura se, oltre al padre intrusivo e disaffettivo, ci sono i suoi innamorati che, pur professandole amore appassionato, fuggono di fronte alla vita difficile che le crea il dramma familiare invece di aiutarla ad affrancarsene, e un medico, amico di famiglia, che non brilla per limpidezza di comportamenti ed etica professionale. L’autrice è coerente e non banalizza con un lieto fine la tragedia che ha confezionato. I suoi personaggi con fierezza portano la loro croce fino all’epilogo. Rosita D’Esposito è una bravissima insegnante e si vede, perché il suo testo ha una scrittura perfetta, ineccepibile. La scarsità dei riferimenti a un contesto reale che sia riconoscibile e la scarsa preoccupazione della verosimiglianza delle vicende narrate sono funzionali probabilmente al suo desiderio inconscio di descrivere il dolore universale. Un dolore intimo, quasi congenito, affondato nelle radici della famiglia e dell’esistenza stessa. “Gioia” è un inno alle donne, e alla loro capacità di reagire all’amaro della vita, con innata attitudine alla resilienza. Con la loro capacità unica di sorridere nello sconforto e scegliere il bene supremo anche a costo del proprio martirio. “Gioia” è anche la denuncia dell’abisso di segreti, bugie, crudeltà, inganni e violenza che si cela dietro una famiglia all’apparenza perfetta. Per questo il testo ha attirato l’attenzione di intellettuali, amministratori e associazioni a difesa delle donne. Si candida, per il profondo valore umano e sociale, a diventare bandiera di un grido di riscossa.
Carlo Alfaro