Piano di Sorrento, l’accoglienza alla Madonna delle Grazie e quella campana per il re Francesco II

Piano di Sorrento festeggia oggi la Madonna delle Grazie che da Marina di Cassano benedice tutti i marittimi e i carottesi. La Processione Nera ha postato ricordi iconici che vogliamo rendere noti ai nostri lettori

L’album dei ricordi: la prima domenica di luglio.

Manco ‘na campana salutaje’ po’ rre!

Francesco II e la campana di San Giovanni.

L’altare allestito in Piazza Cota da sempre rappresenta l’accoglienza del cuore della città alla processione della Madonna delle Grazie. La tradizione vuole che anche le autorità civili e militari, prendano parte alla processione dopo la breve ma intensa preghiera che si svolge con sullo sfondo l’artistico altare preparato molte ore prima.

Da sempre e così; forse è così, da quella prima processione di fine ottocento, inizio novecento, che vide arrivare la comunità della Marina di Cassano, con la nuova statua lignea, sotto al “barraccone”, il luogo simbolo dell’anima commerciale di “Caruotto”. Forse improvvisarono un altare su un carretto della frutta, poi furono sparati dei mortaretti per salutare la Madonna in visita ad un popolo in festa. Un popolo in festa: questa la costante nello scorrere del tempo.
In questi anni tantissimi sono stati i promotori di quell’accoglienza in Piazza: Vincenzo Maresca (alias Vincenzo ‘e Martin’ ), il nostro Giosuè Perrella e tanti, tanti ancora. Ma la vera svolta si è avuta con il Comandante Pietrantonio Iaccarino, vero e proprio genio assoluto nel dare un senso ed una chiave di lettura storica alla creazione che si andava a fare.

Così nel retrobottega del negozio del comandante Pietrantonio, che si apre sulla stradina che collega via san Michele alla Piazza Cota, settimane prima si preparava tutto il necessario per la lunga notte che precedeva la domenica della processione. Giosuè e l’inseparabile Vittorio, erano addetti a reperire “fondi” e materiale; il Comandante Pietrantonio e il Comandante Gargiulo, con l’aiuto e la consulenza del maestro Bruno Balsamo e di qualche giovane maestranza, erano deputati alla creazione del tutto.

Più del giorno della festa era bello vivere proprio queste settimane prima del grande evento; era bello ascoltare spunti storici della nostra terra che si intrecciavano con luoghi e personaggi che rivivevano nell’appassionato racconto del nostro comandante Iaccarino. Così come quell’anno in cui proprio il comandante, sfruttando la disponibilità della campana della cappella di San Giovanni, smontata per aggiustarne l’asse ormai consumato, ci racconto di quando il re Francesco II fece visita al Principe Carlo Filangieri, nel palazzo di Sopramare, per convincerlo ad assumere la Direzione del Governo del Regno delle Due Sicilie.

Così si decise di ricreare quel fatto storico vissuto dalla nostra comunità. Il Maestro Bruno Balsamo avrebbe realizzato il quadro che rappresentava la spiaggia di Cassano dove approdò la barca a vapore, proveniente da Napoli, che portava il Re fiducioso di convincere il Principe ad accettare l’importante incarico. Era il giugno del 1860, Carlo Filangieri, già comandante delle truppe napoletane impegnate nel 1848 nella riconquista di Messina (dopo i moti del 48’) e successivamente dell’intera Sicilia, aveva già ricoperto proprio l’incarico di capo del governo dal 1859 al 1860, ma, a pochi giorni dallo sbarco a Marsala di Garibaldi, il 14 maggio 1860, si era ritirato a vita privata presso il meraviglioso palazzo posto sulla Ripa di Cassano, ospite del Duca Maresca di Serracapriola.

La scena descritta dal comandante Pietrantonio era quella del crepuscolo di un regno e del suo sovrano; nessuna comunità in festa ad attendere il re, nessun drappello d’onore: tutto faceva presagire al diniego del Principe Filangieri. Erano le battute finali di quello che era stato uno degli regni più potenti e ricchi d’Europa e che si stava piegando al nuovo che avanzava. Tutto così tranne che Angela, una delle tante donne della Marina di Cassano, moglie di un maestro calatafaro (quelli che rendevano impermeabili i bastimenti) che abitava a Via San Giovanni, vedendo scendere Francesco II nella assoluta indifferenza corse prima nella cappella della Madonna delle Grazie, per accogliere al suono della piccola campanella il re, per poi precedere il suo arrivo nel palazzo di Sopramare, con il più forte rintocco della Campana della cappella di San Giovanni.
Francesco II, si racconta, abbia poi confidato a Carlo Filangieri, che più che di principi, duchi e generali, lui avrebbe avuto bisogno di soldati fedeli come quella donna. Il Re, non potendo più sperare in nulla, forse pentito dei tanti errori fatti, scendendo alla spiaggia per ripartire in fretta e furia per Napoli, si narra, abbia affidato le sorti del suo regno alla
Madonna delle Grazie venerata nella piccola cappella della Marina.
Per anni le persone anziane avrebbero ripetuto all’arrivo di una persona in vista ma decaduta questo proverbio: “Manco ‘na campana salutaje’o rre!”

Così quella mattina della prima domenica di luglio di cento cinquanta anni dopo, non Angela, ma il Comandante Pietroantonio, al suono di quella stessa campana, non accolse un re ormai al crepuscolo, ma una Regina Madre delle Grazie che, giunta a Piazza Cota, veniva accolta da un popolo in festa; un popolo che sa che passeranno gli anni, gli uomini ma mai le preghiere di una Madre che non smetterà mai di proteggere ed accompagnare i figli nel cammino della vita.

 

Madonna delle Grazie a Piazza Cota il palco e la barca

L’album dei ricordi: la prima domenica di luglio.

La barca del Comandante

Non più tardi della prima decade di giugno, con Giosuè, ci recavamo dal Comandante Pietroantonio Iaccarino per iniziare a parlare dell’allestimento dell’altare che, la prima domenica di luglio, avrebbe accolto la Processione della Madonna delle Grazie all’arrivo a Piazza Cota. Così, come sempre, anche quell’anno.

Nel retrobottega del suo negozio trovammo il Comandante Iaccarino, aiutato dai due collaboratori e dal Comandante Gargiulo, intento ad armeggiare con seghe circolari, pialle e attrezzi di varia natura. Quel luogo, per noi così familiare, a stento riuscivamo a riconoscerlo per come era stato trasformato in una sorta di falegnameria: più precisamente in un cantiere nautico.

Ad accoglierci il caro Tonino, figlio del comandante, che guardandoci, anticipo la nostra domanda dicendoci: “i Maestri d’ascia, sono dentro!” Capimmo dal sorriso che accompagnava quella indicazione, cosa bolliva in pentola: gli artisti già erano all’opera per l’altare di Piazza Cota. Il Sorriso di Tonino era il risultato dell’ammirazione per le continue creazioni geniali del padre sommato alla santa rassegnazione di chi sa che le cose devono andare così. Man mano che ci avvicinavamo agli artisti, riusciva ad essere sempre più riconoscibile la sagoma di una imbarcazione, più precisamente un gozzo. In realtà del gozzo era rimasto solo lo scheletro, il grezzo. Vedendoci il Comandante ci accolse con gli occhi che gli brillavano. Conoscevamo quegli occhi e la loro luce; quella luce parlava di passione, entusiasmo, creatività; parlava di sogni da realizzare, di idee da creare.

Tanto più li vedevamo brillare, tanto più quello che si doveva realizzare aveva dell’incredibile. Quel gozzo Pietroantonio lo aveva costruito tanti anni prima con il papà; aveva “preso il primo mare” proprio una festa della Madonna delle Grazie di tanti anni prima. Una volta il primo bagno, o tutto quello che era legato al mare si doveva fare rigorosamente solo dopo che la Madonna, con la sua processione, avrebbe solcato le acque benedicendole. Nel gioco di sguardi, quasi contemporaneamente, incrociai occhi preoccupati: erano quelli di Giosuè!

Giosuè era affascinato da tanta fantasia e genialità; a tratti, coinvolto, dava sempre il suo validissimo contributo di idee, ma era una persona pratica. Alcune idee, che al suo cuore apparivano bellissime, necessitavano, per il suo “modus operandi” (e la sua serenità) mesi e mesi di preparazione! Troppo pochi venti giorni per “sistemare” (in effetti ricostruire) un gozzo. Ma il Comandante ci raccontò che quella piccola barca era stata per tanti anni la fedele compagna di tantissime giornate spensierate al mare, sempre e solo dopo la festa “Marina”.

Così aveva pensato che quell’anno, dopo tanto tempo, quel gozzo avrebbe rivisto la Madonna delle Grazie, non a mare ma a Piazza Cota; avrebbe fatto da sfondo alla statua al suo arrivo al centro del Paese. Così fu! Alle quattro del mattino di quella domenica di luglio, una decina di uomini di buona volontà, armati di falanghe e “Sivo” (la sugna, mista a sapone) per far scivolare meglio il tutto, fecero salire il comandante nel gozzo (per l’opera creata si meritava di guidare quella “ciurma” dalla barca stessa) e dal vicoletto, che dal retrobottega del laboratorio porta alla piazza, si giunse, “navigando” gli antichi basoli come le onde del nostro mare, fino a dove si doveva allestire l’altare.

La mattina della prima domenica di luglio è stata anche questo: un momento incantato, indimenticabile! Dobbiamo essere riconoscenti per quanto abbiamo vissuto e a chi lo ha reso possibile; tutto questo ha reso le nostre vite più belle.

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