Con Fiorella Mannoia due strumentisti salernitani: il violinista Danilo Gloriante e l’oboista Antonio Rufo
LXXII edizione del Ravello Festival romanticamente pop, domani, lunedì 29 luglio, quando alle 21, dinanzi all’Orchestra Sinfonica Saverio Mercadante di Altamura, diretta da Rocco De Bernardis, comparirà Fiorella Mannoia per ripercorrere i grandi successi del suo repertorio, declinati con nuove sfumature e, per proporre la massima varietà di espressione, riarrangiati dai compositori del momento, Valeriano Chiaravalle, Alterisio Paoletti, Clemente Ferrari, Emanuele Bossi, Stefano Zavattoni e Pippo Caruso. Un’ orchestra che saluterà in formazione due musicisti salernitani, colonne dell’orchestra del Teatro Verdi l’oboista Antonio Rufo e il violinista Danilo Gloriante, già protagonisti in piazza del Plebiscito a Napoli, al seguito di Renato Zero. Fiorella Mannoia è l’unica cantante ad aver vinto più di una volta la targa Tenco quale miglior interprete e dire che la “vocazione” le si è rivelata ben tardi. La scaletta della serata prenderà il via proprio con “Caffè nero bollente” con cui quasi senza accorgersene fu scaraventata a Sanremo, un rock arrabbiato scrittole da Mimmo Cavallo che scandalizzò sembra a tutti un evidente elogio all’autoerotismo. Ma si passerà anche attraverso Pescatore, la sua esperienza in Cgd, al fianco di Pierangelo Bertoli, la nuova competizione a Sanremo con “Come si cambia”, che nel 1984, le stava come un guanto: già qui la Mannoia si fece interprete ideale della fragilità femminile dopo un amore sbagliato, con cui si candida a diventare lo strumento ideale per quegli autori che avessero voluto indagare cosa ci fosse nell’altra metà del cielo. Ed ecco i grandi successi “Quello che le donne non dicono” nel 1987 e “I dubbi dell’amore”, lavori colmi di grazia che faranno scrivere a certa critica che Fiorella Mannoia è un’interprete nel vero senso della parola, una cantante, ovvero che riesce a rispettare le idee degli altri, il loro feeling, e a riproporle come fosse un attrice che veste i panni di un particolare personaggio. Confessioni femminili struggenti, sussurrate quindi l’intesa con Piero Fabrizi che si accolla l’onere della produzione per l’album “Canzoni per parlare” pagine di gran classe con arrangiamenti sofisticati e atmosfere soffuse. Tocco vocale sempre più delicato e profondo quello della Mannoia e profondo al tempo stesso, con la sua maestria nel saper dosare i chiaroscuri, il fraseggio, i silenzi del racconto cantato. Non mancherà Sally di Vasco Rossi, e nemmeno il suo particolare omaggio alla musica latina, con “Besame mucho” e “Quizas Quizas Quizas”, per la quale ebbe la consacrazione da Chico Buarque nell’incisione di Oh che sarà. A metà giugno, poi, la cantautrice ha pubblicato il nuovo brano Domani è primavera in collaborazione con Michele Bravi. La canzone si è inserita nella lista dei tormentoni di questa estate e farà il doppio con il brano Mariposa, già disco d’oro, un manifesto di donne per le donne, dove canta le voci di ognuna di loro, nel tempo, nella storia, nel sentimento e nel mistero, raccontandole nella loro libertà, forza, dolore, gioia, amore… donne sottomesse e donne protagoniste si uniscono tra i versi di Mariposa e un po’ di ogni canzone, che gridano insieme l’identità eterna e inviolabile di ogni persona. Una proposta questa Fiorella Sinfonica, ideata per festeggiare i settant’anni della cantante che vedrà in orchestra anche il gruppo di base dell’artista romana, ovvero il direttore artistico Carlo Di Francesco alle percussioni, Raul Scebba alle percussioni, Sebastiano Burgio al pianoforte, Pierpaolo Ranieri al basso elettrico e double bass e Massimiliano Rosati alle chitarre, che pone un aureo sigillo sia sulla voce che sull’animo di un’artista unica e versatile, sofisticata quanto basta, appassionata oltre ogni limite. Facciamo nostro il pensiero della Mannoia, la quale crede che un artista debba sempre cambiare e che non si possono fare le stesse cose per tutta la vita. Bisogna lasciarsi contaminare, sentire intorno che aria tira, lasciandosi affascinare dal cambiamento, poiché resta l’unica cosa certa.