Sant’Agnello, ancora in carcere Salvatore Langellotto, avrebbe avvicinato un testimone

Sant’Agnello, costa di Sorrento. Ancora in carcere Salvatore Langellotto, avrebbe avvicinato un testimone. A riportare la notizia è il Fatto Quotidiano

Resta in carcere Salvatore Langellotto, imprenditore edile di Sant’Agnello già condannato in via definitiva per illecita concorrenza e concorso esterno in associazione camorristica (ha espiato la pena ed è uscito di prigione alcuni anni fa) ed ora imputato per stalking nei confronti di Vincenzo Iurillo, giornalista de Il Fatto Quotidiano, e per violenza e minacce nei confronti di Claudio d’Esposito, il referente del Wwf in penisola sorrentina. Langellotto per questa ultima vicenda era agli arresti domiciliari, ma il 19 luglio era stato condotto a Poggioreale perché accusato dai carabinieri di avere violato l’obbligo di permanere nel suo domicilio. Aveva poi presentato richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare.

Il giudice Maria Camodeca, però, l’ha respinta con il provvedimento depositato in cancelleria il 24 luglio e notificato anche agli avvocati Salvatore Pinto e Gianni Pane, che patrocinano rispettivamente Iurillo e d’Esposito, i quali nel processo a carico di Langellotto sono costituiti parti civili, al pari del Wwf Italia. Camodeca motiva il diniego con le circostanze che Langellotto sia stato sorpreso al di fuori del domicilio il 27 maggio e il 10 luglio. Nella seconda occasione aveva addotto a giustificazione un malore, ma non aveva convinto i carabinieri, i quali avevano rilevato diverse incongruenze nella sua ricostruzione dei fatti. Non basta.

«Dalla istruttoria dibattimentale finora compiuta – scrive Camodeca –è anche emerso come il prevenuto (Langellotto, n.d.r.), in occasione delle autorizzazioni alla visita alla madre, abbia approfittato per avvicinare e colloquiare con un testimone del processo». Conclude il giudice: «Le emergenze citate portano a ritenere che, per la neutralizzazione dell’elevato pericolo di reiterazione criminosa, l’unica misura allo stato sia quella più grave della custodia cautelare in carcere, non essendo risultata idonea allo scopo quella degli arresti domiciliari, oggetto delle ripetute violazioni».