Archeologia in Penisola. Punta Campanella e l’Università di Pisa

L’Università di Pisa annuncia una borsa di dottorato in Archeologia sui materiali di Punta Campanella
L’Università degli Studi di Pisa, in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli e con il prezioso sostegno dell’Archeoclub d’Italia, sezione di Massa Lubrense, ha istituito una borsa di dottorato in Archeologia. Questo prestigioso programma di ricerca è incentrato sui materiali rinvenuti a Punta Campanella, un sito archeologico di grande importanza storica e culturale.
Opportunità di ricerca unica
Coordinata dal dott. Luca di Franco e dalla prof.ssa Anna Anguissola, l’iniziativa offre ai candidati la possibilità di impegnarsi in un progetto di ricerca dettagliato e specializzato. Lo studio si concentrerà sull’analisi approfondita dei reperti archeologici scoperti durante gli scavi e le ricognizioni a Punta Campanella, un’area rinomata per la sua ricchezza storica.
Finanziamento e struttura del programma
La borsa di studio è finanziata attraverso i fondi ministeriali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e cofinanziata dall’Archeoclub d’Italia. Il programma prevede periodi di studio e ricerca presso imprese della durata minima di sei mesi, estendibili fino a diciotto mesi, nonché soggiorni di studio e ricerca all’estero per un periodo minimo di sei mesi. Questa struttura offre ai ricercatori l’opportunità di acquisire una vasta gamma di esperienze e competenze sia in ambito nazionale che internazionale.
Il progetto di ricerca
Il progetto, intitolato “Punta Campanella: il materiale dello scavo e delle ricognizioni”, mira a valorizzare e approfondire la conoscenza di uno dei siti archeologici più affascinanti della Campania. Le ricerche condotte nell’ambito di questo dottorato contribuiranno significativamente al patrimonio scientifico e culturale della regione, aprendo nuove prospettive sulla storia e l’archeologia del sito.
Come candidarsi
Le domande di partecipazione devono essere presentate entro le ore 13:00 del 22 agosto 2024. Gli interessati possono trovare ulteriori informazioni e dettagli sulla borsa di dottorato ai seguenti link:
Conclusioni
Questa borsa di dottorato rappresenta un’occasione straordinaria per giovani archeologi di contribuire alla valorizzazione di Punta Campanella, un sito di inestimabile valore storico. La combinazione di studio, ricerca pratica e collaborazioni internazionali assicura un percorso formativo di eccellenza, capace di fornire nuove chiavi di lettura per il patrimonio archeologico campano.
Dal post di : Archeoclub Lubrense
AI NASTRI DI PARTENZA LO STUDIO SCIENTIFICO:
Nasce il progetto pilota, avallato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, tra l’Università di Pisa e l’Archeoclub d’Italia Aps – sede di Massa Lubrense. La convenzione, firmata pochi giorni fa, vede da una parte l’Archeoclub co-finanziare una borsa di dottorato per il corso in Scienze dell’Antichità e Archeologia (a.a. 2024-2026) messa a bando di concorso, dall’altra l’Università di Pisa che si impegna a destinare il finanziamento per lo svolgimento di un’attività di ricerca sui reperti archeologici di Punta Campanella.
È infatti previsto lo studio sistematico di tutto il materiale archeologico rinvenuto nel corso degli anni a cui si aggiungerà quello risultante dalla prossima campagna di scavo programmata dalla Soprintendenza.
Così il presidente Stefano Ruocco: “Desidero ringraziare l’Università di Pisa nelle persone del Magnifico Rettore, Prof. Riccardo Zucchi e Prof.ssa Anna Anguissola, che ci onorano di questa straordinaria opportunità. Personalmente poi non posso non ringraziare di vivo cuore il Soprintendente, nella persona del solerte dott. Mariano Nuzzo: è vero che l’Archeoclub di Massa Lubrense custodisce materiale archeologico per conto della Soprintendenza, ma custodisce anche tanta conoscenza acquisita sul campo in quasi cinquanta anni di attività. Ed è proprio in virtù di questo che, su spinta del Funzionario Archeologo dott. Luca Di Franco, che coordina il progetto di studio, la dirigenza dell’Archeoclub ha deciso di mettere a disposizione tutte le risorse economiche in suo possesso per raggiungere questo storico obiettivo: la prima sintesi di uno studio scientifico sull’area della Campanella.
Se riusciremo in questo, tutti noi sapremo qualcosa in più della storia millenaria della nostra terra, e nello stesso tempo avremo contribuito a garantire un punto di partenza certo per gli studi futuri”.
La scadenza della presentazione delle domande è prevista alle ore 13:00 del 22 agosto 2024
Per ogni ulteriore informazione si rimanda al comunicato pubblicato sul sito ufficiale della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli ove sono riportati i seguenti link: https://dottorato.unipi.it/…/concorsi-d…/item/867.html
https://dottorato.unipi.it/…/concorsi_c/sc_ant01_C.pdf
oppure collegandosi al sito dell’Università di Pisa.

Ben vengano ulteriori studi e approfondimenti sui una parte dei materiale di Punta Campanella, ampiamente studiati da Donna Paola Zancani e Mario Russo e le più grandi personalità archeologiche del ‘900. Essi sono esposti nella apposita sala del Museo Vallet. Questi dottorandi si ergeranno sulle spalle di veri giganti per guardare lontano.Ma non possiamo non citare il paradosso di questa soprintendenza archeologica napoletana. Abbiamo i reperti della Necropoli di via San Martino scavata più di trenta anni fa, mai studiata e mai pubblicati, non sappiamo nemmeno ove sono custoditi, si presume nel sottotetto del Museo Georges Vallet, oggi sarebbero quanto mai importanti, in quanto quasi sicuramente essa si collega con la Necropoli di Sottomonte, duecento metri più avanti, sulla stessa strada Minervia.
M A R I O R U S S O
PUNTA DELLA CAMPANELLA EPIGRAFE RUPESTRE OSCA E REPERTI VARI DALL’ATHENAION
con contributi critici di
MICHEL LEJEUNE, ALDO L. PROSDOCIMI, GIOVANNI PUGLIESE CARRATELLI, ATTILIO STAZIO e PAOLA ZANCANI MONTUORO
a cura di PAOLA ZANCANI MONTUORO
CATALOGO DEL MATERIALE DALL’ATHENAION
CERAMICA CORINZIA
1. Frammento di fondo di kotyle miniaturistica (Tav. XI, fig. 8).
Argilla giallina; ben depurata. Vernice bruna.
Diam. piede 3; alt. cons. 2,4. Interno verniciato. Esterno verniciato tranne una fascia risparmiata tra due filetti anch’essi
risparmiati. Sul fondo esterno del piede disco rilevato e risparmiato. Rientra nella ceramica corinzia tra il
corinzio medio e il tardocorinzio. Metà del VI sec. a.C.
Cfr. PAYNE 1940, p. 258, nn. 2504-2506, Tav. 104.
2. Frammento di fondo di vaso di /orma aperta (kotyle?) (Tav. XI, fig. 8).
Argilla giallina; ben depurata. Vernice bruna.
4,8 X 2,4. Interno verniciato. Il disco del fondo esterno, risparmiato, presenta un cerchio rosso-bruno e traccia di
un altro cerchio concentrico a larga fascia della stessa vernice. Rientra nel tardocorinzio II. Fine VI-inizio v sec. a.C.
3. Frammento di piede e fondo di kotyle (Tav. XI, fig. 8).
Argilla giallina; ben depurata. Vernice bruna.
Diam. piede 10 ca. Interno verniciato. Piede ad anello (di tipo attico) a profilo esterno convesso e completamente
verniciato, tranne la superficie di appoggio. Sul fondo esterno risparmiato, due cerchi concentrici, quello esterno
a larga fascia, quello interno molto sottile e a vernice più chiara. Rientra nel tardocorinzio II. Fine VI-inizio v sec.
a.C.
4. Frammento di aryballos etrusco-corinzio (?) (Tav. XI, fig. 8).
(Archeoclub di Massalubrense, n. inv. 414 <<frammento etrusco-corinzio»).
Argilla giallina; ben depurata. Vernice nerastra quasi lucida. 4,7 x 2,5; diam. max. 6,2 ca. È conservato un uccello
frammentario a sinistra. Il piumaggio è reso con linee graffite e dalla vernice un po’ diluita. Il profilo globulare
lascia pensare ad un aryballos, ma è stato anche suggerito trattarsi di una lekythos Pagenstecher, in tal caso sarebbe
di IV sec.
Cfr. per la decorazione l’aryballos tardo-corinzio I (da una tomba di bambino di Via Oberdan a Taranto) in Lo
PORTO 1960, pp. 174-176, fig. 151c, datato 570-560 a.e.
CERAMICA A BANDE
5. Frammento di orlo e parete di coppetta monoansata (?) (Tav. XI, fig. 8).
Argilla arancione; ben depurata. Vernice bruna. Alt. max. cons. 2,6; diam. apertura 10 ca. Orlo semplice leggermente
rientrante. Interno verniciato. Larga fascia verniciata all’esterno a metà dell’altezza conservata. Fine VI-inizio v sec.
a.C.
Cfr. BAILO MODESTI 1980, Tav. 87, n. 33; Tav. 90, nn. 66-67; Tav. 95, nn. 48, 49, 51, 52; Tav. 115, n. 86 e DE
CARO 1986, p. 102, Tav. LXXI, n. 768.
6. Frammento di orlo e parete di coppa monoansata (?) (Tav. XI, fig. 8).
Argilla chiara; ben depurata. Vernice nera, compatta, liscia, poco lucente. Diam. apertura 12 ca. Parete piuttosto
sottile. Orlo ingrossato verso l’interno e quasi piatto. La parte alta della parete all’esterno è risparmiata per una
larga fascia che comprende anche l’orlo.
Cfr. SPARKES-TALCOTI, «One-handler, banded», pp. 124-127, fig. 8, n. 732 e Tav. 30, nn. 733-734, tutti datati al
500 a.C. ca.; cfr. inoltre ZANCANI MoNTUORO 1983, p. 2 e s., Tav. III, a e b.
7. Frammento di spalla e collo di piccola lekythos (Tav. XI, fig. 8).
Argilla giallino-rosata; ben depurata. Vernice marrone-nerastra, poco lucente. Alt. max. cons. 4,4; diam. max. 7,1.
Collo e spalla a profilo continuo. È conservato l’attacco inferiore dell’ansa a bastoncello appiattito. Larga fascia sulla
spalla tra due filetti a vernice molto diluita.
Per la forma e la decorazione un possibile confronto è offerto dalla «brocchetta» di età ellenistica della T. XL bis
della Necropoli di Nola, cfr. BoNGHI JovINo-DoNCEEL 1969, p. 85, p. 114, Tav. XXIII B2.

347. (Tavv. XXXVIII, XXXIX, fig. 15).
È conservato dal collo all’altezza del ginocchio. Da matrice alquanto stanca. Alt. 6,8; largh. max. cons. 4; spess.
max. 3,2. Sulle spalle scendono i capelli in bande ondulate. Veste chitone con scollatura triangolare, stretto da larga
cintura sotto ai seni. Il braccio sinistro scende lungo il fianco (per la mano e lo scudo, qui non conservati, vedi
frammento n. 373). Presso la mano l’andamento verticale delle pieghe del panneggio è un po’ disturbato dallo scudo
poggiato alla gamba, il braccio destro, che pur doveva scendere lungo il fianco, con in mano la patera poggiata
sul pilastrino accostato alla gamba, non è conservato.
348. Replica, ma da matrice più fresca (Tav. XXXVIII).
È conservata solo la parte sinistra anteriore dal collo fin quasi al ginocchio. Tracce di ingubbiatura bianca e patina
nerastra superficiale, forse dovuta a bruciatura. Alt. 5,8; largh. cons. 3,3.
349. Replica (Tav. XXXVIII).
È conservata solo la parte sinistra anteriore dal collo alla cintura sotto il seno. Alt. 4; largh. cons. 2.
e) Testine di Athena
Argilla in tutte le tonalità del rosa, con rari inclusi micacei e sabbiosi, raramente porosa. Lavorate
in due parti distinte, poi unite. Parte posteriore, quando è conservata, piuttosto grezza o grossolanamente
rifinita a stecca. L’elmo, nei casi in cui è completo, è crestato. In tutti i casi in cui
i capelli sono leggibili, sono divisi sulla fronte e scendono sul collo in due bande ondulate, fermate
dietro le orecchie, dalle quali pendono orecchini in forma di globetti. La variante n. 9 è l’unica che
si presenta con paragnatidi (alzate).
350. Variante n. 2 (Tavv. XXXIX, XL, fig. 15).
Alt. 4,9; largh. max. 2,8; spess. max. 2,9. È conservata anche la parte posteriore fino all’attaccatura delle spalle.
A spessore pieno fino al collo. Viso tondo, alquanto caratterizzato; labbra tumide; mento pronunciato. Lievi tracce
di ingubbiatura bianca.
351. Replica (Tav. XL).
Alt. 3,3; largh. max. 1,8; spess. max. 2,9. È vista di profilo a destra. Completa, anche della parte posteriore, fino
al collo. Spessore pieno.
352. Replica (Tav. XL).
Alt. 4; largh. max. 2; spess. max. 1,8. È conservata fino al collo. Superficie di attacco per la parte posteriore (mancante)
piatta. Lievi tracce di ingubbiatura bianca.
353. Replica (Tav. XL).
È conservata solo la parte anteriore della testina frammentata sulla testa e all’inizio del collo. Nonostante la corrosione
e la frammentarietà è quasi sicuramente una replica della variante n. 2.
354. Variante n. 3 (Tav. XL).
Alt. 4,9; largh. max. 2,2; spess. max. 3. È vista di profilo a sinistra. Fratturata alla base del collo, a spessore pieno
e completa della parte posteriore. Poco delineati i contorni dell’elmo e dei capelli. Arcate sopraccigliari marcate,
leggermente più alta quella sinistra; mento triangolare e sporgente; espressione corrucciata e triste.
355. Replica (Tav. XL).
356. Replica (Tav. XL).
Manca la parte posteriore.
357. Replica (Tav. XL).
Alt. 5,2; largh. max. 2,6; spess. mx. 3. Spessore pieno. Completa della parte posteriore fino alla base del collo
che è il punto da cui comincia la parte cava. Ricoperta da una patina nerastra che sembra dovuta a bruciatura.
Si discosta dalle repliche precedenti per lievi particolari, dovuti forse a ritocchi del plasticatore.
358. Variante n. 4 (Tav. XL).
Alt. 5; largh. max. 2,4; spess. max. 2,1. È conservata fino alla base del collo. Spessore pieno. Manca la parte posteriore.
Viso rotondo, poco caratterizzato.
3. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SUL MATERIALE
Per quanto riguarda il materiale, nonostante la sua frammentarietà, va osservato che il suo ottimo
stato di conservazione autorizza ad escludere le varie ipotesi (1), peraltro tutte formulate dubitativamente,
sulla sua originale posizione. La presenza di testine, cocci e monete nelle murature
romane, l’assenza totale di frammenti (2) al di sopra della linea di sezione B-B’ (fig. 2), le notizie
su scavi fatti sempre nello stesso luogo e sul rinvenimento di monete riferite dal Persico (3 ), le monete
trovate dai francesi nel 1807 quando costruirono il fortino ( 4) e il rinvenimento di «immagini
fittili di Minerva» (5) sono tutti elementi che inducono a ritenere che il materiale sia quasi in situ (6).
La stipe o le stipi votive vanno cercate nei ripiani delle due batterie (fig. 2, nn. 4-5) senza tralasciare
la zona della terrazza più bassa che circonda la torre, dalla nuova casa del guardiano fino
al nuovo faro e cioè nell’arco nord-est-sud. È in tutte queste aree che si riscontra addensamento
di materiale e sempre in prossimità di zone in cui, in epoche diverse, il terreno è stato sconvolto.
Il materiale da me raccolto è costituito generalmente da residui lasciati da «raschiatori» o scavatori
clandestini che continuano a scavare buche nei cumuli di detriti originati dalle buche ben più
profonde fatte per le batterie, per la costruzione del faro e della nuova casa del guardiano. Pertanto
l’affioramento, più che alle piogge o all’erosione, è da attribuire a questi fatti contingenti. Anche
il materiale studiato da J.-P. Morel (7) e quello visto dalla Signora Zancani e da me presso l’Archeoclub
di Massalubrense (8) deve essere stato messo insieme allo stesso modo. Va inoltre osservato
che, anche se in numero limitato, vi sono cocci che combaciano e che le rotture sono quasi sempre
antiche, il che sembra confermare che il materiale sia quasi in situ.
Riguardo al tempio (9) mi sembra che alcuni elementi verosimilmente ad esso pertinenti (10)
confermerebbero per la prima volta che esso vada ubicato, seguendo Strabone, btì. Jtog-ttμcp, cioè
sullo stretto (I, 22) il che non contrasta con l’altro passo (V, 247) in cui egli dice che esso si trovava
ÈJt’ axgcp, se si intende per axgov la punta del promontorio (11). Allo stato attuale delle ricerche,
pur essendo convinto che lo spazio estremo del promontorio, compreso entro la linea di sezione B-B’
(fig. 2), deve aver ospitato il luogo di culto, non è agevole fare ipotesi più precise, non essendo mai
stata effettuata un’indagine topografica, né scavi veri e propri.
(l) MINGAZZINJ-PFISTER 1946, p. 52 e MOREL 1982, p. 151.
(2) Fatta eccezione per i frammenti di materiale ceramico di epoca
romana pertinente alla cosiddetta «villa».
(3) PERSICO 1644, p. 59.
(4) flLANGlERI DI CANDIDA 1910, p. 69.
(5) AA.VV., Storia di Napoli, Napoli 1967, p. 113 (commento ad
una illustrazione).
(6) Il pessimo stato di conservazione di due fondi di skyphoi e di
qualche altro frammento sporadico a vernice nera, rinvenuti perlustrando
la zona a monte della linea di sezione B-B’ (fig. 2) in direzione di
S. Costanzo, è un’ulteriore conferma che il materiale non è dilavato.
(7) Si tratta di «… materie! recueilli à Punta della Campanella par
M. Saverio Mollo et remis par celui-ci en mai 1976 à M. Luigi D’Amore,
de la Surintendance». Cfr. MoREL 1982, p. 149, nt. 15.
(8) Si tratta di migliaia di frammenti provenienti essenzialmente
dallo scavo
da La Terra dele Sirene N°13
GLI ULTIMI ANNI DI PAOLA ZANCANI MONTUORO RICORDI DI INCONTRI E STUDI AL ‘PIZZO’
di Mario Russo
Gli ultimi due anni di vita di Paola Zancani Montuoro (luglio 1985-giugno 1987) furono quasi totalmente
assorbiti dall’interesse che aveva suscitato in lei la scoperta dell’importante epigrafe
osca di Punta della Campanella presso il santuario di Athena Tirrena (figg. 5-6).
Dietro consiglio di Bruno d’Agostino, al quale avevo mostrato per primo una
fotografia dell’iscrizione, mi presentai al Pizzo con un apografo (fig. 6) e la Sign?ra
rn.i accolse con uno scetticismo pari all’importanza della scoperta. Nella splendida
veranda adiacente al suo studio distesi l’apografo sul pavimento tentando di avviare
un discorso, ma, nonostante il chiaro interesse che la cosa suscitava in lei, la mia
insistenza su questa prova inoppugnabile di una presenza sannitica l’ Athenaion,
contrariamente a quanto affennavano le fonti antiche, 18 fu la causa d1 un pressante
interrogatmio della durata di circa due ore sulla penisola sorrentina. Ogni tentativo
di uscire dalla direzione in cui lei avviava il discorso veniva troncato sul nascere.
Era palese un atteggiamento di scetticismo nei confronti di uno che, non avend
seguito studi regolari di archeologia, pretendeva di avere delle idee sulle fonti
antiche, sulla situazione archeologica, sui monumenti, sulla bibliografia e su
quant’altro riguardasse l’antichità della sua terra di elezione.
Non potevo meravigliarmi.. Altri, e ben piL1 importanti di me, avevano fatto
questo tipo di esperienza . Basti la testimonianza di Giovanna Bennond Montanmi
che, invitata a Paesturn con l’incarico di occuparsi insieme a Piet SLoop del 1iordino
del mate1iale dell ‘Heraion del Sete in occasione deU ‘apertura del nuovo Museo, così
descrive il suo incontro con Donna Paola: “Arrivai al Pizzo piena di entusiasmo e fui
sottoposta per alcuni giom i in maniera elegante e quasi ‘salottiera’ ad un vero e prop1io
esame che consisteva nel riconoscimento di male1iale, richieste di pare1i, datazioni”.19
Fui congedalo freddamente ali ‘ora di pranzo e lasciai la sua casa con un senso
di sfiducia, pur avendo ottenuto la promessa che sarei stato richiamato e se ne
sarebbe parlato ancora. Rimanevamo comunque intesi che, fino a quando non
avessimo preso una decisione sul da farsi, non ne avrei fatto parola con nessuno.
Tanto il documento era stato lì esposto agli occhi di tutti per ci.rea ventidue secoli,
senza essere mai stato notato, quindi non faceva nessuna differenza se le istituzioni
ne venissero a conoscenza un mese prima o un mese dopo, ammesso che si trattasse
di una vera scoperta e non di un falso.
Dopo alcuni giorni di silenzio, ci fu un susseguirsi di telefonate e di incontri
durante i quali, pur protraendosi il fuoco di fila degli i.nte1rngatori, Donna Paola
conùnciò a manifestarmi velatamente qualche barlume di fiducia e il suo progetto
di presentare personalmente la scoperta, dopo anni di assenza, al Convegno ?i
Taranto che, per una fortuita coincidenza, aveva quell’anno come tema Neapolis.
Tutto ciò a patto che mi impegnassi a tempo pieno per allestire.I docume1:t a.zione
necessaria per illustrare il sito dcl ritrovamento con chapos1t1ve graf1c1. l
frallempo aveva già preso contatti con Giovanni Pugliese Carratelh cn At.t1.1Lo
Stazio. Raccomandazione importante: scegliere un numero ridotto d1 diapos1t1ve
e fame un ‘ulleriore selezione, tale da non stancare l’uditorio ma da lasciarlo con il
desiderio di vederne altre – era questo il segreto secondo lei della riuscita di u . n
mtervento, che doveva inoltre essere contenuto negli stretti limiti di venti minuti
da rispettare rigorosamete. Era tale la sua precisione che categoricamente mi obbligò
a fare ua prova, o
‘
rolog10 alla mano, nel suo studio, alla presenza dell’egittologa
Marghenta Aosta d Asburgo. Superai la prova.
Fig. 7 – Paola Zanccmi al XXV Cn1111eg11u di
Tara/Ilo (foto: R. Ingenito, Tara111n).
Il 3 ottobre 1985 l’iscrizione fu portata
a conoscenza del mondo scientifico internazionale
nella prima giornata del Convegno
di Taranto da Paola Zancani (fig. 7), da Giovanni
Pugliese Can-atelli e da chi scrive.20
Prima sua idea era stata quella di pubblicare
l’iscrizione nella rivista la Parola
del Passato, ma, via via che si rendeva conto
dell’immensa quantità di frammenti ceramici,
coroplastica (fig. 8) e monete provenienti
dal sito dell ‘Athenaion, che ne
documentavano la vita dalla metà del VI alla
metà del II sec. a.C., si fece strada in lei
l’ambizioso progetto di dedicare un intero
fascicolo della prestigiosa serie dei
Monumenti Antichi dei lincei all’edizione
critica dell’epigrafe e ad una selezione dei
materiali più significativi. Cosa impossibile
nella rivista napoletana a causa dello spazio
necessario per le figure, le tavole e i disegni.
Intese coinvolgere nella edizione vari studiosi
di alto prestigio che aderirono immediatamente all’invito.21
Con il suo fare perentorio, che non ammetteva repliche, mi impose di mettermi
suito al lavor, schedare i materiali, allestire la documentazione fotografica,
scnvere la stona della scoperta e dei rinvenimenti e di fare tutte le osservazioni
che credevo opportune, sia sull’iscrizione sia sui materiali. Lascio immaginare lo
sgomento che mi prese di fronte a questo compito immane che veniva affidato a
un ‘dilettante’ quale ero: ma la fiducia esplicitamente accordatami con le parole