Clostebol: cos’è, il suo impiego storico e il caso di Jannik Sinner
Clostebol: cos’è, il suo impiego storico e il caso di Jannik Sinner.
Il clostebol è uno steroide anabolizzante sintetico, storicamente noto per il suo utilizzo nel doping sportivo, specialmente durante gli anni ’60 e ’70 nella Germania dell’Est (DDR). Nonostante le sue proprietà anabolizzanti lo rendano potenzialmente utile per migliorare le prestazioni fisiche, oggi il clostebol trova impiego principalmente in ambito medico, come componente di creme topiche per il trattamento di lesioni cutanee e la rigenerazione dei tessuti.
Storia del Clostebol come sostanza dopante
Il clostebol è stato una delle numerose sostanze dopanti utilizzate sistematicamente nel contesto del programma statale di doping della DDR, mirato a migliorare le prestazioni degli atleti nelle competizioni internazionali. A causa delle sue proprietà, simili a quelle del testosterone, il clostebol era in grado di incrementare la massa muscolare e la resistenza fisica, caratteristiche estremamente ricercate in ambito sportivo.
Con l’evolversi delle normative antidoping, il clostebol è stato inserito nella lista delle sostanze proibite dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). La presenza di questa sostanza nei test antidoping è considerata un chiaro indicatore di tentativo di doping, con conseguenti sanzioni severe per gli atleti risultati positivi.
La formula di struttura del clostebol
Il Clostebol in Medicina
Nonostante il suo passato controverso, il clostebol viene ancora utilizzato in medicina, ma esclusivamente per scopi terapeutici. Si trova principalmente in creme e pomate per uso topico, dove è impiegato per il trattamento di lesioni cutanee, favorendo la guarigione dei tessuti. Questo uso legittimo può, tuttavia, portare a problematiche in ambito sportivo, specialmente quando gli atleti non sono consapevoli della presenza della sostanza in prodotti prescritti per scopi medici.
Il Caso Jannik Sinner
Un caso recente che ha suscitato grande attenzione è quello di Jannik Sinner, il giovane tennista italiano di fama internazionale. Durante il torneo di Indian Wells, Sinner è risultato positivo al clostebol in un test antidoping. Tuttavia, dopo un’indagine approfondita, è stato stabilito che la contaminazione era avvenuta in modo accidentale.
Sinner aveva applicato una crema prescritta dal suo fisioterapista per trattare una lesione al dito, ignorando che il prodotto contenesse clostebol. Questo episodio ha sollevato questioni sull’intenzionalità e la responsabilità degli atleti nell’assunzione di sostanze proibite, portando all’assoluzione di Sinner da ogni accusa di doping intenzionale.
Le conseguenze e il precedente di Marco Bortolotti
Il caso di Sinner non è isolato. Un altro tennista italiano, Marco Bortolotti, ha vissuto una situazione simile nel 2023, quando è risultato positivo al clostebol. Anche in questo caso, la contaminazione è stata riconosciuta come accidentale, e Bortolotti è stato assolto da ogni accusa di doping intenzionale.
Tuttavia, nonostante la dimostrazione della loro innocenza, sia Sinner che Bortolotti hanno subito conseguenze significative: i risultati ottenuti durante i tornei in questione sono stati annullati e i premi vinti sono stati revocati.
Conclusione
Il clostebol rappresenta un esempio di come una sostanza possa avere un uso legittimo in medicina, ma allo stesso tempo comportare rischi significativi per gli atleti. Il caso di Jannik Sinner evidenzia l’importanza di una maggiore consapevolezza da parte degli sportivi riguardo ai farmaci e ai prodotti che utilizzano, nonché la necessità di una rigorosa supervisione medica per evitare situazioni simili in futuro. Nonostante l’assoluzione, le ripercussioni di tali eventi possono essere pesanti, ricordando a tutti gli atleti l’importanza di vigilare su ciò che viene utilizzato per trattamenti medici.