Il Rosario cantato in onore della Madonna Assunta di Positano nel racconto del Prof. Ciro Ferrigno

15 agosto 2024 | 10:12
Share0
Il Rosario cantato in onore della Madonna Assunta di Positano nel racconto del Prof. Ciro Ferrigno

Piano di Sorrento. In questo giorno in cui la città di Positano festeggia la Madonna Assunta si rinnova la tradizione del Rosario cantato in suo onore. E ci piace riportare il bellissimo racconto del Prof. Ciro Ferrigno nel quale ci parla di questa bellissima e diffusa usanza: «L’ora: il vespero. I giorni: dal 6 al 14 agosto. Gli anni: mezzo secolo, fino al 1976. Chiunque si fosse trovato a passare per il vicoletto dei Calafati in Via Bagnulo a quell’ora, in quei giorni, in quegli anni, avrebbe sentito un canto a più voci, provenire dalla casa della nonna. Era il Rosario cantato della novena in onore della Madonna Assunta di Positano.
Un gruppo intonava: “O Maria ca ‘ncielu sei, ammirate l’opra mea, e purtateme ‘ncielo ccu vuje, dint’ ‘e bracce d’’o Gesù”
L’altro rispondeva: “ O Maria ca saglie ‘ncielo e dall’angele arurata… Saglie ‘ncielo ccu cante e suone e da ‘o figlio si ‘ncurunata”
La pratica del Rosario cantato aveva radici assai lontane negli anni.
La nonna, quasi trentenne, era incinta. Un giorno d’estate del 1916 stava falciando l’erba sopra Monte Comune, sul ciglio dello strapiombo che guarda la Costiera Amalfitana, quando per un capogiro, dovuto forse al suo stato, o per un movimento imprudente, cadde rotolando verso il baratro sottostante. Un volo mortale, se non fosse stata trattenuta da una grande ginestra che, sospesa tra il cielo ed il mare luminoso di Positano, spandeva nell’aria quel suo profumo inebriante. Erano sciure ‘e ll’angiulille per la nonna, che per il resto della sua vita li avrebbe nominati sempre con quel misto di tenerezza e di riconoscenza.
Nonna Maria, afferrandosi agli spuntoni di roccia, agli arbusti ed ai rami bassi di cespugli e rovi, riuscì a guadagnare la sommità del dirupo ed a mettersi in salvo. Partorì, l’11 febbraio dell’anno successivo, una bambina, alla quale fu dato il nome di Francesca. Era una creatura sana, ma col passare dei giorni e dei mesi apparve sempre più evidente che il trauma materno aveva lasciato alla piccola il suo tremendo marchio: era sordomuta. Il dolore fu grande e non trovò lenimento nei responsi dei medici; per loro si trattava di un difetto congenito, senza dubbio conseguenza della caduta traumatica della madre, lungo il fianco della montagna.
Passarono gli anni, nove o dieci, senza che Francesca desse segni di mutamento nella sua condizione di piccola sordomuta. Un giorno, vigilia di ferragosto, la nonna, mentre era ancora sul Monte Comune intenta al lavoro, sentì in lontananza la campana di Positano suonare a festa per la Madonna Assunta. Istintivamente si inginocchiò e disse: “Maronna mia, si Tu faje parlà chella criatura, i’ te regalo tutto ll’oro ca tengo e ogn’anno, vengo appere a chiesia Toja pe’ Te ringrazià, fino a che ‘o Signore me darrà vita!” – In quello stesso momento, a casa, la piccola Francesca si avvicinò al nonno e disse: “ ‘O no’…voglio vevere!” – Il miracolo era avvenuto.
La nonna fu fedele al suo giuramento. Presto portò all’Assunta di Positano tutti gli oggetti d’oro che possedeva, compresa la fede nuziale e mai più, per tutto il resto della vita, ne avrebbe indossati. Portò in dono anche la vestina bianca della Prima Comunione della bambina. Fu allora che ebbe inizio la pratica del Rosario cantato. Il comò della nonna era un piccolo santuario domestico; al centro troneggiava il quadro della Madonna di Positano e tutto intorno altre immagini di santi e Madonne. Sempre, ma in particolare per la novena, c’erano i fiori ed i ceri accesi. Tutta la famiglia ed il vicinato si ritrovava in quelle sere al cospetto del Quadro ed iniziava il canto. Tutti partecipavano: la nonna, il nonno, le zie, i cugini e le donne del vicinato, alle quali la nonna ripeteva della caduta, dei fiori ‘e ll’angiulille che l’avevano salvata, del voto e del miracolo ed a tutti mostrava le mani e le braccia disadorne, senza oro. Ogni volta che ripeteva queste cose, era per lei come se tutto fosse accaduto il giorno prima e sempre aveva le lacrime agli occhi.
La vigilia dell’Assunta, verso l’imbrunire, dopo aver cantato l’ultimo Rosario, la nonna si metteva in cammino, accompagnata da un gruppetto di familiari ed amici e partiva alla volta di Positano: Via Bagnulo, La Trinità, i Colli di San Pietro e poi giù per le curve della Costiera. In quelle ore sulle montagne si accendevano i primi falò che, secondo la credenza popolare, dovevano illuminare il percorso alla Madonna, nella sua ascesa al cielo. Erano gli anni dei piccoli falò, intorno ai quali la gente suonava, cantava e mangiava fette di anguria col pane. Oggi le nostre colline sono esse stesse dei falò, segno di una civiltà che muore. I pellegrini di Bagnulo passavano la notte della vigilia dormendo sulla spiaggia; il giorno dopo partecipavano alla messa, prendevano la comunione e aspettavano che passasse la processione. Poi si rimettevano in cammino per ripercorrere i quindici chilometri che li separavano da casa. Al ritorno, la nonna aveva per ciascuno di noi delle immaginette, gli abitini con l’immagine della Madonna e delle pietruzze forate, da usare come medicina contro ogni male.
La nonna ai primi di dicembre del ’77 morì e sulla casa in Via Bagnulo scese per sempre il silenzio».