Ischia. 7 anni fa il terremoto, oggi nessuna ricostruzione

Il grido di dolore degli sfollati:“Consummatum est”. Condannati a rivivere lo stesso minuto di terrore. Sette anni dopo, in attesa di ricostruire oggi si vive con l’incubo che le case vengano abbattute

 

Si assomigliano tutti, gli anniversari di Casamicciola? No! Sono semplicemente la triste storia di film già visto. Ci sono persiane che cigolano, porte che ancora sbattono, motorini che borbottano in salita, auto che sfrecciano su strade di passaggio, ruspe e pale che abbattono e spalano chissà dove, tra i canali della frana e gli abbattimenti di stato. Il resto è un silenzio assordante. Anche chi resta, nel silenzio vive da reietto. Altrove l’isola d’Ischia fa festa, persino a Lacco e Forio che abitano lo stesso Cratere sisma: aperitivi in spiaggia e musica per la strada. Non qui, qui è tutto fermo e quando si muove distrugge. Il circo mediatico si rinnova ad ogni occasione. Anche stavolta, anniversario numero 7: il 21 agosto del 2017 tremava la terra, erano le 20.57. Terremoto di magnitudo 4.0, due vittime e 42 feriti, l’epilogo fortunato dei tre fratellini intrappolati tra le macerie. Impossibile dimenticare, anche perché piazza Majo, La Rita, Fango e dintorni sono ancora la frazione fantasma di un paese che non si rialza. Non ancora. E che intanto ha subito le conseguenze di una valanga, era il 26 novembre 2022: 12 morti, qui la storia scrive pagine drammatiche che l’uomo appunta, troppo spesso senza poter voltare pagina. “Non c’è niente che vada. Siamo ancora un popolo allo sbaraglio”, sentenzia con rabbia e saggia lucidità Franco Mattera, ormai icona, presidiante fisso della baracca degli sfollati a Piazza Majo, odiata e contestata, lei resta a testimoniare uno stato di cose che non cambia dove ci si ritrova dividendosi con il Bar Monti, simbolo di resilienza. Resti di un mondo, imprese, che prova a non scomparire. Vite e borghi che non ritornano. “Non c’è ricostruzione, solo azioni che non danno frutti, c’è la demolizione di una paese delle case storiche del Majo e quella che chiamavano ricostruzione ha ritardi inaccettabili”. Eppure, passeggiamo tra gli edifici puntellati, totem del terremoto, tra quelle reti dove timidamente si cercava di ricostruire casa con autorizzazioni prima rese e poi sospese, l’orologio è fermo, in alcuni punti sembra tornare sempre indietro allo stesso minuto in un tragico rinnovarsi della catastrofe. Mai un passo avanti. Condannati a rivivere lo stesso minuto di terrore. “Sette anni dopo in attesa di ricostruire ed oggi vivo con l’incubo che la mia casa venga abbattuta,si parla solo di demolizione. Io voglio rimanere, non voglio andare via. Qui ci sono tutti i miei ricordi”, dice a voce bassa Raffaella Iaccarino, non vorrebbe parlare con i giornalisti, ma deve. Non si è mai trasferita, vive poco lontano. “Ma vorremmo tornare, qui ho tutti i ricordi del mio papà– conclude Raffaella-Se si continua così il terremoto di Casamicciola 2017 sarà ricordato dai posteri come terremoto dei delocalizzati ed i nostri borghi collinari saranno borghi fantasma e li dove non ha distrutto  il terremoto ci stanno pensano le istituzioni, saremo come  Apice vecchia “. Per ritrovare la comunità l’appello e alle istituzioni perché comprendano anche la profondità del dolore. “Consummatum est”dice Filomena Senese ex assessore al Bilancio scrutando oltre i tubolari della casa di famiglia, in procinto di essere abbattuta, “Ormai tutto è finito senza neppure poter recuperare le nostre cose”. Il terremoto ha danneggiato negozi e casa, “attendiamo piani di ricostruzione che non arrivano. Sentiamo appiccicata addosso l’etichetta di sfollati” ci dicono Vito e Loretta di Lacco Ameno che nella zona alta avevano un negozio di parrucchieri ed ora lavorano altrove. Non c’è ricostruzione ma la demolizione di un paese e della sua comunità, stanca, malandata, vecchia che da sette anni trascinata nella diaspora degli sfollati. Non c’è un anniversario della catastrofe, ce ne sono tanti, troppo vicini, identici si assomigliano, così Casamicciola, storia iconica di tragedia, catastrofi e abusi, resta il terremoto,incapace di sovvertire il suo toponimo di caos. Nel 5° anniversario il presidente Sergio Mattarella lancio un monito: “Necessaria rapida ricostruzione”. Caro Presidente, nulla è cambiato. E’ sempre il 21 agosto 2017, semplicemente con più morti e un gran cumulo di macerie. Tant’è che oggi si commemora altrove, lontano dalle zone rosse, con un evento in comune al convento sul litorale ed una messa nella Parrocchia del Funno, simbolo, però, della ricostruzione del1883. Ci risiamo. Oggi si commemora e si insegna il ricordo di un giorno che testimonia l’immobilità di un paese a due facce: la vita e il suo fantasma.

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