A Giustizia Caffè il caso dell’omicidio Sharon Verzeni. Ne parla l’avvocato di Sorrento Luigi Alfano
Il giornalista Massimiliano Mantiloni nel programma “Giustizia Caffè” affronta si è occupata dell’omicidio della 33enne Sharon Verzeni. Era la notte tra il 29 e il 30 luglio quando la donna usciva dalla sua casa di Terno d’Isola (Bergamo) da sola per una passeggiata. Dopo poco meno di un’ora la chiamata al 112: qualcuno l’ha accoltellata. L’autopsia evidenzia la presenza di tre colpi fatali che ne hanno causato il decesso. Nella notte tra il 29 e il 30 agosto viene fermato un 31enne che era stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza di Terno d’Isola mentre si allontanava velocemente in bici dalla zona dell’omicidio. Sentito come persona informata sui fatti, presto diventa indagato e poi confessa: “Ho avuto un raptus. L’ho vista e l’ho uccisa”. Quella sera era uscito di casa con quattro coltelli. Non conosceva Verzeni e non c’è alcun movente specifico per il delitto. Sul punto interviene l’avvocato di Sorrento Luigi Alfano – criminologo forense, Ctu e perito del Tribunale di Torre Annunziata e Procura di Napoli, avvocato cassazionista del foro di Nocera Inferiore e docente: «Il soggetto aveva avuto semplicemente una denuncia per maltrattamenti da parte della madre e della sorella. Nonostante si sia attivato il Codice Rosso, in quel range temporale non era stata adottata nessuna misura cautelare. Gli indicatori ed i segnali di pericolosità sociale, nonché i disturbi della personalità, sono stati sottovalutati. Ma dobbiamo chiarire bene come bisogna decifrare i segnali indicatori di pericolosità sociale. Innanzitutto questo soggetto non solo deteneva i coltelli ma si allenava a casa ed anche fuori con un manichino per sferrare i fendenti. Aveva, inoltre, avuto anche problemi di alcoldipendenza e tossicodipenza. Ma questo si è saputo solo dopo quando ormai era troppo tardi. Ecco perché continuo a sostenere la necessità di una banca dati della documentazione psichiatrica in connessione con le forze dell’ordine che riescono, quindi, a sapere in tempo reale quello che è accaduto in precedenza e si attivano con le reti psichiatriche, con la presa in carico coatta, con tutte le misure contenitive. Se anche le misure contenitive non bastassero l’unica misura contenitiva idonea è la custodia cautelare in carcere.
Oltre alla banca data psichiatrica è importante che le forze dell’ordine abbiano anche una banca dati per quanto riguarda l’utilizzo di strumenti atti ad offendere. Quindi verificare se il soggetto ha in casa coltelli, pistole, eccetera.
C’è da sottolineare che il meccanismo cerebrale è un conto ed il funzionamento cognitivo è un’altra cosa che deve essere scevro dalla capacità di intendere e di volere. Nel caso che stiamo trattando c’è un elemento di grande lucidità che non inficia assolutamente la capacità del soggetto di intendere e di volere».