Dott. Pietro Vuolo: Aree Marine Protette, biodiversità e sviluppo sostenibile al centro della ricerca
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Parliamo di aree marine protette con il dottore Pietro Vuolo, dottore di ricerca dell’Università di Salerno in Diritto Internazionale del Mare, che si è occupato di un progetto di ricerca relativo alla disciplina della Aree Marine Protette nei diversi livelli ordinamentali quali strumenti di tutela della biodiversità.
Qual è stato il motivo della scelta del suo progetto di ricerca?
“Viste le mie origini cetaresi, il mare fa parte di me da sempre.
Negli anni ho vissuto una vera e propria evoluzione legata al mio rapporto con il mare, passando dalla passione per la pesca sviluppata fin dall’infanzia, fino ad arrivare in tempi più recenti a sviluppare una forte sensibilità alle tematiche ambientali, che mi ha portato ad occupare ruoli anche nazionali in associazioni ambientaliste che si occupano di tutela del mare.
Un altro aspetto che ha indubbiamente rivestito un ruolo fondamentale verso questa scelta è la mia formazione giuridica: ho inteso applicare la competenza giuridica alle tematiche del mare. Mi sono reso conto che spesso anche a livello normativo vengono prese decisioni senza una diretta conoscenza di quelli che sono poi gli aspetti pratici della vita vissuta in mare.
il senso del mio lavoro è di cercare un equilibrio tra aspetti prettamente giuridici che riguardano il diritto internazionale del mare, la pianificazione degli spazi marittimi, la strategia marittima in generale rispetto alla realizzazione concreta delle attività in mare, sia intese in termini di pesca che di attività legate alla blu economy.
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Perché si interessa di aree marine protette?
“È ormai pressoché unanime la considerazione che le aree marine protette rappresentano lo strumento migliore di tutela della biodiversità e non a caso sia la normativa internazionale che quella più specificamente europea, puntano alla tutela della biodiversità proprio attraverso l’implementazione della rete di aree marine protette.
Di recente, nel giugno 2023, è stato siglato un accordo a New York per la costituzione di aree marine protette addirittura in alto mare, ossia in quella parte di mare che non rientra nella competenza e nella giurisdizione esclusiva di un singolo Stato ma che appartiene a tutti gli Stati. Persino quindi in queste aree si guarda alla realizzazione di aree marine protette quali strumenti più idonei alla realizzazione degli obiettivi di efficace tutela della biodiversità valorizzazione del territorio, di sfruttamento razionale delle risorse.
Si parla di Strategia 30/30, cioè si punta a garantire la protezione del mare per almeno il 30 %. Inoltre, di questo 30 % si punta ad ottenere una protezione effettiva di almeno il 10 %, questo perché sebbene vi sia stata spesso la definizione e la costituzione di Aree Marine Protette, in realtà si tratta spesso di Paper Park ossia di parchi presenti solo “sulla carta”, in via teorica, che non riescono a garantire un’azione efficace e concreta”.
Cosa pensa si debba fare?
“Ritengo sia essenziale sviluppare una consapevolezza delle Aree Marine Protette a livello territoriale, attraverso, ad esempio, campagne di sensibilizzazione nelle scuole. Non è più ammissibile che i cittadini non siano a conoscenza della presenza di una A.M.P. sul proprio territorio. Inoltre, la dottrina internazionale individua nella collaborazione, nell’equilibrio tra i diversi azionisti del territorio la soluzione giusta per garantire una efficace azione di tutela della biodiversità e di sviluppo di attività, anche turistiche, ad essa collegate.
Per questo motivo prima di tutto occorre consapevolezza e conoscenza: è sorprendente quanto poco siano conosciute le Aree Marine Protette, in particolare anche in rapporto ai Parchi naturali.
Oggi cosa è cambiato?
“Fino a qualche anno fa si pensava a realizzare il maggior numero di Aree Marine Protette, ma purtroppo sebbene a livello nazionale siano passati circa quarant’anni dal disegno complessivo iniziale, soltanto la metà di quelle previste sono state realizzate.
Oggi si è compreso come non sia più sufficiente aumentare il numero delle aree protette, ma sia necessario soprattutto creare dei corridoi tra queste, in particolare per la tutela delle specie migratorie, ma anche nell’ottica di un confronto costruttivo tra le A.M.P. anche dal punto di vista scientifico.
Qui a Positano…
“L’Area Marina di Punta Campanella, del cui ente il gestore fa parte anche del Comune di Positano, in quanto parte del territorio di Positano ricade in Area Marina Protetta è un’Area Marina protetto di eccellenza , non a caso facente parte della categoria ASPIM(aree specialmente protette di importanza mediterranea) previsto dalla convenzione di Barcellona, Sicuramente è un’Area Marina Protetta che sviluppa progetti sul territorio di valenza internazionale e per questo motivo salta particolarmente in evidenza l’importanza del suo ruolo di volano dello sviluppo turistico del territorio, in un approccio olistico che guarda alla ecologia e alla economia”.
Cosa si aspetta per il futuro delle AMP?
“Riscontro una coerenza nelle linee di indirizzo programmatico che vengono continuamente ribadite a livello internazionale ed oggi anche nazionale, per via della costituzione a livello italiano del Ministero del Mare e poi ancora del Comitato Interministeriale per le Politiche del Mare (CIPOM), che nello scorso anno ha varato tra l’altro anche il Piano del Mare, che si occupa anche di Aree Marine Protette. Per questo, sebbene il processo sia ancora lungo, in realtà per la direzione sembra quella giusta.
Un’ultima riflessione: quando si parla di Aree Marine Protette, gli addetti ai lavori, mi riferisco in particolar modo al settore della pesca, pensano immediatamente a norme che in un certo qual modo possono operare una restrizione per le loro attività. In realtà, tantissimi studi scientifici dimostrano che ad un periodo iniziale di chiusura delle attività di pesca corrisponde, a distanza di pochi anni, un incremento notevole delle biomasse, dei pesci quindi, non soltanto nell’area marina in cui è avvenuta la restrizione della pesca (no take zone), ma anche nelle zone adiacenti, esterne all’area marina protetta, fenomeno questo definito dello spillover ed oggi ampiamente conosciuto e studiato.
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