Minori e Costiera amalfitana : il culto del vino
Minori , Costiera amalfitana Prima che nascessero tutte queste Case produttrici di vini, alcune delle quali molto apprezzate ovunque, il consumo del nettare d’uva, particolarmente rosso, era soddisfacente.
Ora le nuove leve, se non per qualche bravata, rifuggono alquanto dal consumo .
Un tempo , qualcuno ancora oggi, diversi proprietari o fittuari di aree coltivate a vite (nei terrazzamenti usati anche per i limoneti) usavano “fare il vino” per la famiglia e per la vendita da consumarsi a cena al rientro dal lavoro; qualcuno ne regalava qualche litro a “compari e comare” o a parenti prossimi. Arrivarono in seguito i n aiuto gli importatori grazie ai quali alcuni amici, associandosi, producevano vino per il loro fabbisogno comprando l’uva che arrivava dalla Puglia, Sicilia ed avellinese. Più tardi vennero le proposte commerciali, specialmente rivolte ai venditori al dettaglio, da parte di Matroberardino prima maniera, dal Piglio (FR) per il cesanese (importato da Giovannai Papaccioli reggente dell’ufficio del dazio di via Strada Nuov), da Ettore Sammarco agli albori dell’attività,; e via via gli altri.
Esistevano i negozi di mescita di vino che acquistavano in barili il vino porodotto artigianalmente a Torello e Sambuco di Ravello o di qualche contadino di Tramonti, e cosi via. A Minori lo compravano d’a funtanella (attuale Hotel Villa Romana), ‘o Capurale che aveva anche una frequentata trattoria ( mio padre), Gerardo ‘o 3/4.; dd’o Capurale se ne consumava di più (spesso annacquato,) di pomeriggio quando i soliti si riunivano e giocavano a tressette o a padrone e sotto: il vino era immancabile e diversi rientravano a casa alquanto alticci. Era l’unico passatempo (per quanto io ultraottantenne possa ricordare) e diverse bevute si accompagnavano con un piatto di baccalà con patate, suffritto, stocco, milza, gelatina di maiale, polpo lesso e papocchio (polenta gialla povera).
Altri tempi. Ora una buona bottiglia costa circa 40 – 50 euro