Paolo Scibilia e Maurizio Pietrantonio: un’amicizia tra le note

6 settembre 2024 | 17:45
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Paolo Scibilia e Maurizio Pietrantonio: un’amicizia tra le note

Al direttore generale della Fondazione Ravello è stato consegnato il premio alla carriera “Sorrento Classica” a sigillo di un cartellone il cui finale è stato affidato al mantice di Richard Galliano

Nella incantevole cornice del Chiostro di San Francesco di Sorrento, il gala finale  della XVII edizione di “Sorrento Classica”, ha archiviato una edizione di grandi contenuti musicali, un “gioco serio”, che ha visto alternarsi in palcoscenico, negli otto appuntamenti internazionali, musicisti del calibro di Oxana Yablonskaya, Carlo Lepore, al fianco di astri nascenti della musica come Teo Gertler, Kim Hae-Ji, e ancora la Berliner Symphoniker, Pierdavide Carone con il suo omaggio a Lucio Dalla, Valeria Golino e il maestro Maurizio Mastrini. Il direttore artistico Paolo Scibilia ha affidato il gala alla fisarmonica di Richard Galliano, il quale nel suo abituale viaggio è riuscito a evocare e creare immagini, con fervido umore e sentimento, di una toponomastica che abbraccia musica, tradizione, sogni e nostalgie. La Senna scorre attraverso la sua musica, testimone oculare di anime jazz riparate a Parigi, di fumosi club tzigani, di attori e scrittori persi nella loro arte e vita. Il fisarmonicista ha spaziato tra diverse pagine di musica segnata da momenti regolarmente in bilico fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa, pagine che fanno parte del sentire di tutti noi, il cui segreto è completamente svelato nella loro introduzione, in cui il pubblico rimane incantato, proprio nel suo non offrirgli troppo facili, e in fondo rassicuranti, appigli transtilistici, ma calandolo in un ideale momento di sintesi tra i molteplici rimandi che il musicista intende riecheggiare nel suo stile. Recherche, alla cui riuscita non sono, ovviamente, estranei uno spiccato senso della tradizione jazzistica, simbolo del suo personale viaggio, alla scoperta di fortissimi radici popolari, vivificate dal cimento e dall’invenzione del fisarmonicista, nonché dalla propensione trasparente per un eloquio diretto, in cui la perizia strumentale prevale sullo scavo concettuale e sulla transidiomicità del repertorio tematico. Un danzare in musica, quello di Galliano, alla ricerca, dell’articolazione di un ritmo personale, del voler esprimere una pronuncia tutta personale, che rende stilisticamente inconfondibili, al primo attacco, il suo strumento di musicista a tutto tondo, latore di quel gioco di mutazioni, del voler a tutti i costi incarnare in uno stilema la concezione propria di ritmo che è parte integrante dell’estetica stessa della sua musica, come quella particolare idea di suono che resta un altro parametro che sollecita parallelismi con la ricerca linguistica del Novecento eurocolto, in cui tanto valore è attribuito al colore, al timbro. Un’idea di suono intesa come la voce personale dell’artista e riflettente quella dialettica voce-strumento, strumento-voce. Suono inteso come “voce interiore”, trasformantesi in canto d’amore, nostalgico o sintetizzato in energia e messaggio, trascinandovi dentro il suo sentire, descrivendone virtù e storia e riverberi mitici e al tempo stesso utilizzandoli come materiale tematico da sviluppare in questo originale rècital sorrentino, che ha trovato la sua piena dignità jazzistica nella libertà del flusso ritmico e della modulazione del fraseggio, nella varietà di accenti ed espressione, nella profondità del ludus harmonicus. Richard Galliano, innamorato di Sorrento e della sua  accoglienza, lo ha portato non solo ad omaggiarla con un’interpretazione particolare di “Caruso” di Lucio Dalla, ma ponendo il suo mantice al servizio di un’altra synthesis, quella di Gershwin, il cui codice è jazzistico, manca forse di quella “partecipazione da dentro” al mondo del jazz che il compositore frequentava e sapeva osservare con miracoloso acume, ma sempre dall’esterno e con distacco. Finale, alla presenza del Sindaco Massimo Coppola, con la consegna del premio “Sorrento Classica” alla carriera al Maestro Maurizio Pietrantonio, oggi direttore generale della Fondazione Ravello, il quale ha licenziato una interessante LXXII edizione del Ravello Festival, in veste anche di direttore artistico. Il Maestro Paolo Scibilia consegnando questo premio ha inteso guardare a quel luminoso passato della Sorrento musicale, dove tutto è iniziato, al suo “rubare” dall’esperienza del Maestro Maurizio Pietrantonio, dal suo stile, dalla sua linea estetica di realizzare la direzione artistica di un evento, quello appunto dell’Estate Musicale Sorrentina, per vent’anni, che poi lo ha portato alla Soprintendenza del Lirico di Cagliari, senza dimenticare la sua cattedra di violino al Conservatorio San Pietro a Majella, poiché è bene sottolineare, che dietro una carriera di questa levatura, ha da esserci una profonda conoscenza e amore per la musica. Nota di colore durante la consegna del premio circa l’esperienza anche di volta-pagine quella del giovane Scibilia, il quale scoprì, così, che il grande pianista Konstantin Bogino del trio Cajkovskij, le note non le suonasse proprio tutte. Tanti ricordi, tra l’altro, quello di un concerto indimenticabile con Richard Galliano in duo con Michel Portal, con il progetto Blow up e la consapevolezza di aver operato bene: “Un premio quello conferitomi che mi onora – ha commentato il M° Maurizio Pietrantonio – perché è il segno di una testimonianza sincera di come, a così tanti anni di distanza dalla mia ultima direzione artistica dell’Estate Musicale Sorrentina datata 2005, abbia lasciato un buon ricordo e consolidato un legame mai interrotto tra me e la Città di Sorrento e ciò è fonte di gioia e soddisfazione. Ringrazio il Maestro Scibilia, per la sensibilità che ha avuto nel proporre il mio nome ad un così alto riconoscimento e auguro alla sua vita professionale e a “Sorrento Classica”, sempre ulteriori e ancor più lusinghieri successi”.