Perché si chiama Cubismo. Ce lo spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese

4 settembre 2024 | 18:57
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Perché si chiama Cubismo. Ce lo spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese
Perché si chiama Cubismo. Ce lo spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese
Perché si chiama Cubismo. Ce lo spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese

Quando Braque espose alcuni paesaggi al Salon d’Automne del 1908, rifacendosi in parte a Cézanne, qualcuno osservò (!) che dipingeva con “piccoli cubi”. Era Matisse.
“To’, guarda i cubi”, disse esattamente Matisse fermandosi ad osservare i paesaggi di Braque in cui le case somigliavano a dadi. La frase fece il giro di Parigi, fu ripresa dai giornali e dalla battuta spiritosa nacque il termine di Cubismo, che stava a indicare un’estetica nuova: l’artista guarda un oggetto reale, lo decompone nei suoi elementi e lo riorganizza secondo un ordine intellettuale, che non ha più nulla a che vedere con la realtà.
Quando Braque – riprende Paolo Battaglia La Terra Borgese – espose alcuni paesaggi al Salon d’Automne del 1908, rifacendosi in parte a Cézanne, qualcuno osservò che dipingeva con “piccoli cubi”.
Dalla battuta spiritosa nacque il termine di Cubismo, che stava ad indicare un’estetica nuova: l’artista guarda un oggetto reale, lo decompone nei suoi elementi e lo riorganizza secondo un ordine intellettuale, che non ha più nulla a che vedere con la realtà.
La Natura morta che riproduciamo è del 1912 – fa notare il critico -, appartiene cioè al periodo del cubismo “analitico”.
Poiché gli si rimproverava un certo ermetismo, Braque – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese – introdusse a quel tempo nelle sue composizioni un elemento nuovo, che doveva riallacciare il quadro al mondo reale: le lettere tipografiche, come in questa scritta incompleta, Journal (procedimento introdotto per la prima volta da lui nell’opera Il Portoghese del 1911, e utilizzato poi largamente da tutti i Cubisti).
Questa Natura morta, una delle numerose “esercitazioni” su tale tema, non ha più alcun riferimento con la realtà. Gli oggetti che la compongono non sono riconoscibili, ma sono proiettati e scomposti sulla superficie del quadro attraverso una serie di grandi piani.
È riconoscibile invece – ci fa scoprire il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese – la loro materia: superfici in falso legno, frammenti in falso marmo si richiamano a una realtà esistente, a un mondo concreto. (Braque utilizzò spesso queste “imitazioni”, rifacendosi all’esperienza compiuta da ragazzo nella bottega paterna come decoratore.
Più tardi arriverà al “collage”, all’applicazione cioè sulla tela di ritagli di giornale, pezzi di stoffa, carte da gioco, riallacciati alla superficie del quadro da una pennellata, da un tocco di gouache).
Osserviamo ancora, finendo – afferma Battaglia La Terra Borgese – che già in questa Natura morta Braque cerca gli accordi preziosi di colore, avvalendosi di pochi toni: una grandissima maestria.