Piano di Sorrento, gli Inni a San Michele nel racconto del Prof. Ciro Ferrigno
Piano di Sorrento. In occasione della festività del patrono San Michele Arcangelo riportiamo il racconto del Prof. Ciro Ferrigno sugli Inni a San Michele che ci porta alla scoperta di antiche tradizioni legate alla storia del nostro territorio: «Ci sono due vecchi inni a San Michele, entrati nella tradizione, che vengono cantati in occasione della festa e sono “Te Splendor” e “Christe Sanctorum”. I versi sono di don Eduardo Mastellone, la musica è di Padre Mariano Iaccarino, monaco benedettino a Montecassino. La datazione è da collocarsi nel primo quarto del Novecento, quando ci fu la fioritura di inni e canti sacri dedicati ai santi patroni, che interessò tutta la penisola sorrentina. Si tratta di composizioni che risentono del periodo storico che, pur nella solennità, spesso esprimono forti richiami alla barcarola ed al valzer, in voga in quel periodo. Sicuramente gli inni novecenteschi andarono a sostituire canti precedenti che probabilmente erano in dialetto e che ad un certo punto dovettero sembrare inadatti ai tempi nuovi. Purtroppo non se ne serba memoria. Solo Gaetano Amalfi ci tiene a precisare che a Carotto non viene mai nominato il diavolo, ma si usa la locuzione: “Chillo ca sta sott’’e piere ‘e San Michele”. Una Litania in onore dell’Arcangelo è stata composta in anni recenti quando, per iniziativa di don Arturo, furono introdotti i nuovi, bellissimi Vespri in onore del Santo Patrono.
Gli inni furono stampati e distribuiti nel 1926, come omaggio al parroco Mons. Michele Maresca, per il cinquantesimo di sacerdozio e questo “canto popolarizzato delle lodi del celeste Protettore” lascia supporre che la composizione degli stessi risalga ad alcuni anni prima. Non è da escludere che la necessità di invocare la celeste protezione di San Michele, anche con canti sacri, risalga agli anni 1915-18, quelli della Prima Guerra Mondiale. Come non è da escludere neppure, che possa trattarsi della rielaborazione di precedenti canti popolari, risalenti ad epoche remote.
“Gloria e virtù” o “Te splendor” ha andamento marziale cui ben si adatta l’accompagnamento della tromba ed il ripieno dell’organo. Le frasi, in un crescendo, si alzano al cielo descrivendo la gloria dell’Arcangelo Michele che lotta contro la potenza che di volta in volta assume le orride sembianze del dragone infernale o del mostro che capeggia l’orda infelice. San Michele ricaccia nella profondità degli abissi le potenze infernali, con il solo cenno del capo. È una lotta terribile, dove l’Arcangelo usa quella forza che è garanzia di salvezza anche per il popolo che lo proclama suo Patrono, lo venera e lo prega nei momenti delle prove più dure: guerre, terremoti, epidemie, eruzioni vulcaniche e pericoli d’ogni genere. San Michele è la guida del Suo popolo per un ministero voluto dall’Alto e lo svolge con fedeltà per tutti i secoli.
L’altro Inno, pure marziale e solenne, è “Cristo che gloria agli angeli congedi” o “Christe Sanctorum”, dove l’Arcangelo è invocato in modo specifico come Colui che protegge Carotto, che scende dall’alto sopra i lari “nostri” a cacciar via con la lotta i mostri infernali. È l’invocazione a proteggere ciò che è nostro e ci appartiene: gli altari, le tombe, la città con i suoi commerci, le case, le chiese, i marittimi, gli abitanti tutti. L’inno coinvolge gli arcangeli Gabriele e Raffaele ed ascende, come canto e preghiera, fino all’inclita Regina di tutti gli angeli».