Profondo Rosso: Cronaca di un naufragio

A volte una parola o un evento producono un effetto domino inaspettato e indesiderato. Alle ore 22:30 dello scorso 23 luglio il cedimento del ballatoio della VELA celeste di Scampia ha causato la morte di tre, il ferimento di dodici e l’evacuazione di 800 abitanti. L’unica, delle sette originarie vele costruite negli anni sessanta e settanta, che rimarrà a monito e memoria del degrado nel quale quel luogo era piombato, grazie ad un piano di rigenerazione urbana ed all’insediamento di alcuni corsi di laurea della Facoltà di Medicina della Federico secondo. Per alcuni giorni sono stati dati gli aggiornamenti sulla sistemazione degli sfollati in altre strutture, sul tempo loro concesso per il recupero dei capi di abbigliamento, della biancheria personale e per la casa, degli oggetti di arredamento, degli elettrodomestici, dei ricordi, … in un breve lasso di tempo dovevano prendere atto che in buste di plastica e sgangherate scatole avevano raccolto alla rinfusa tutta la storia della loro vita. Anche se in quella casa vivevano a disagio, lasciarla certi che in essa non torneranno più e se tornassero non la riconoscerebbero più, è stato doloroso. Ovviamente sui feriti ricoverati in vari Ospedali è calato il silenzio … meglio riferire delle squallide sceneggiate degli affranti parenti dei malati in attesa di ricovero o di persone passate a miglior vita. Quelle scene mi ricordano un funerale al quale ero stata invitata a partecipare dai parenti del de cuius perché abitavo nel Castello del borgo. La Chiesa Madre era priva di panche e i fedeli che volevano sedersi portavano le sedie da casa. Partecipavo in piedi alle funzioni religiose restando in fondo alla Chiesa. Terminato il funerale non vedevo l’ora di tornare al castello ma le urla, le grida, le scene di disperazione mi indussero a restare. La scena non era nuova per me: Ogni volta che il postale salpava da Palermo per Napoli sul molo correvano, urlando e piangendo, parenti ed amici di sposi che iniziavano il loro viaggio di nozze o di persone che partivano per motivi di lavoro. Ma improvvisamente quelle persone scalmanate si diressero verso di me e con aria preoccupata mi chiesero: “Vossia soddisfatta fu?” Compresi che il compenso che sarebbe stato dato loro dipendeva dal mio gradimento della loro sceneggiata. Provo ancora vergogna per i complimenti che feci loro per aver trovato una fonte di guadagno … del resto la loro e la mia terra facevano entrambe parte del Regno delle due Sicilie!
Ma dopo qualche giorno i media riprendono a parlare di VELE, di un veliero di 56 metri (ignoro se la misura era stata presa da prua a poppa o includeva anche l’albero orizzontale o bompresso che dir si voglia) colato a picco. Un veliero che trasportava VIP, persone che avevano accumulato ricchezze favolose, ricchezze che possono lievitare, che facevano e fanno gola a tanti. Non sono stati salvati proditoriamente o per negligenza dell’equipaggio? Questo naufragio ricorda il disastro della nave Concordia, disastro che avrebbe potuto essere contenuto se il Comandante non fosse stato preda di una crisi di panico. Un buon Comandante deve pensare alle persone che trasporta, all’equipaggio e solo dopo a sé stesso. Nella storia della navigazione viene narrato che l’ammiraglio LAURO relegò in cabina MARCONI per impedirgli di andare in coperta mentre l’Elettra affrontava un fortunale.
In poco più di cento anni abbiamo trasformato il mare mediterraneo in un cimitero. Abbiamo consentito a politicanti senza scrupoli di plagiarci, di incutere in noi paura dell’altro: del diverso per orientamenti sessuali, per colore della pelle, lingua, religione, del rom e dell’ebreo, di farci dimenticare le leggi razziali, i campi di concentramento ed i forni crematori. Migliaia di uomini disperati sono morti in mare mentre tentavano di approdare in un porto sicuro, migliaia di disperati vengono mandati non nel porto sicuro più vicino al luogo dello sbarco ma nel porto più lontano, a migliaia di disperati vengono negati i soccorsi!
Un abisso divide le modalità con le quali vengono affrontati i naufragi oggi dalle modalità del naufragio del dicembre 1929. La ricostruzione di questo naufragio è stata facilitata dalla visione dell’archivio storico dell’Istituto Luce che ha documentato la preparazione delle opere d’arte che la nave Leonardo da VINCI avrebbe trasportato da Genova a Londra per l’esposizione mondiale. Ovviamente la tempesta, che provocò un vero disastro e mise a dura prova tutte le navi che transitavano per quella via di mare, veniva seguita con grande attenzione dal Governo Italiano e dagli organizzatori dell’Esposizione.
Quello che mi ha colpito maggiormente è stato l’intervento della nave passeggeri inglese. Il Comandante aveva l’obbligo di mettere in salvo i passeggeri, l’equipaggio e la nave. Quando il CASMONA non riesce più ad inviare segnali nitidi, l’ARLANA la cerca, ammaina scialuppe e lance per mettere in salvo l’equipaggio del CASMONA; un ufficiale dell’ARLANA si fa calare con una cima per recuperare la barca di salvataggio alla deriva con il suo occupante. Dall’ARLANA calano le cime per tirare a bordo i naufraghi. Messi in salvo 29 dei 32 uomini dell’equipaggio, mentre il CASMONA affonda, il Comandante ordina al telegrafista ed allo sguattero di lanciarsi in mare e solo dopo, buon ultimo, si lancia in mare. A bordo non c’erano più lance o scialuppe. Una nave Norvegese li mette in salvo.
Nessuno si è girato dall’altra parte, nessuno ha pensato solo a sé stesso, tutti hanno fatto quello che la legge del mare impone a chi naviga.
Non a caso i salvataggi dei disperati vengono effettuati dalle navi dei volontari e dalla gente di mare che vive in paesi bellissimi dei quali parliamo solo quando dobbiamo mettere in luce gli aspetti negativi e non quando mettono a rischio la loro vita per salvare vite altrui.
Prof. Francesca LAURO

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