Libri. “L’elicottero di latta” di Andrea Stucci e Antonella Frixa vince il Premio Internazionale Spoleto Art Festival Letteratura, 2024.
Segnalazione di Maurizio Vitiello – Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo la recensione di Stefania Vignetti su “L’elicottero di latta” di Andrea Stucchi e Antonella Frixa, che vince il Premio Internazionale Spoleto Art Festival Letteratura 2024
L’elicottero di latta, pubblicato dalla Casa Editrice Carabba, ha conseguito il Premio Internazionale Spoleto Art Festival Letteratura 2024.
Scritto a quattro mani da Andrea Stucchi e Antonella Frixa, è il racconto di una storia vera di devianza e tossicodipendenza, ma anche di redenzione e riscatto. Due percorsi di vita diversi quelli di Andrea e Antonella, il primo per venti anni responsabile di una comunità di recupero per tossicodipendenti e oggi impegnato nella prevenzione nelle scuole, l’altra libera professionista, esperta di brand storytelling, che hanno saputo trovare la giusta sinergia per dar vita a un racconto coinvolgente e illuminante. “Amica mia, facciamo che io parlo e tu scrivi”.
La voce narrante è quella di Andrea che apre il racconto partendo dalla sua infanzia segnata sì dall’estrema indigenza e dalla perdita del padre, ma anche rischiarata dalla presenza confortante della madre, unico riferimento dei tanti figli.
“Poco importava della piccolezza della nostra casa, della muffa sul soffitto o dei nostri continui traslochi, io rimanevo un bambino fortunato perché accanto a me c’era mia mamma. […] La mia mano nella sua, stretta e salda, mi faceva sentire al centro del mondo, dentro una bolla preziosa dove non sarebbe potuto accadere nulla di male”.
È la morte di lei che segna l’esistenza di Andrea e a soli quindici anni è difficile continuare a navigare “il tempestoso mare” della vita privati del faro che fino a ora ha illuminato il percorso.
“L’unica persona che per me in quegli anni non avrebbe dovuto andarsene morì di cancro a 48 anni mentre io ero il suo adolescente povero, ma dannatamente felice. […] Il mio cuore continuava a battere, ma faceva il bugiardo perché davanti a quel letto di ospedale sul quale era distesa mia mamma, in realtà stava morendo l’Andrea bambino. È in quel preciso momento, davanti a lei che devo aver perso il mio freno, mi è caduto su quel pavimento di marmo […]. Perché finché c’era lei, non sarei mai stato in grado di uscire da certi recinti, da certi limiti. […] Il mondo per me si spense. Rimasi al buio […].
Con la sua morte mi sono frantumato in tanti pezzi che si sono disseminati in tanti altrove […]”.
Dopo la morte della madre la famiglia si disgrega, Andrea finisce a vivere da una delle sorelle più grandi, già sposata e fuori casa.
È in questo periodo che iniziano le prime esperienze con le sostanze. “Siamo alla fine degli anni ’70, gli anni dell’eroina e della cocaina, gli anni dei morti da overdose, ma noi non lo sapevamo ancora […]. Eravamo giovani, spinti dalla sete di libertà e di sperimentazione. Solo col tempo, pochi anni dopo, vedendoci morire tra di noi, comprendemmo la portata dei danni causati dalle sostanze”.
Presto abbandona la casa della sorella e inizia a vivere spostandosi di continuo. “Non avevo più una casa mia, ma sono entrato in tutte quelle dei miei amici che per anni hanno rappresentato la mia ancora di salvezza, la mia famiglia spezzata, la mia voglia di continuare a stare al mondo”.
Emerge forte il valore ambivalente dell’amicizia in questo libro. L’amicizia che asseconda, incoraggia il deragliamento dai binari della vita, ma anche l’amicizia che accoglie, ristora e che ti salva. È grazie ad un amico che Andrea interrompe la sua inesorabile discesa verso l’abisso per iniziare e riemergere, a cercare la luce.
Comincia così per lui un lungo percorso che lo libera dalla rete della dipendenza e lo restituisce alla vita.
Una prosa accattivante e suggestiva suggella il dipanarsi della trama di una storia di attaccamento alla vita, una vita che il protagonista, nonostante tutto, non ha mai smesso di amare.
È la storia di una seconda possibilità, di un bene ricevuto che Andrea torna a restituire alle persone che incontra ogni giorno perché, come si legge nella prefazione firmata da Don Luigi Giovannoni, “Andrea è vivo e può sognare, è libero e può andare, può sostenere i venti e inebriarsi di sole. Può essere un gradito ed esperto compagno di viaggio […]”.
Stefania Vignetti