Sorrento, successo per la presentazione in anteprima del libro “Il Narcos” sulla storia di Raffaele Imperiale

10 ottobre 2024 | 19:52
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Sorrento. Questo pomeriggio, nella sala conferenze dell’Hotel Tramontano, si è tenuta la presentazione in anteprima del libro “Il Narcos. La storia di Raffaele Imperiale da Scampia a Dubai, dal contante alle criptovalute fino al mercato globale della cocaina”, edito da PaperFirst. All’incontro hanno preso parte i due autori, la giornalista Daniela De Crescenzo e l’ispettore della Guardia di Finanza, in servizio presso il Gico di Napoli, Tommaso Montanino, con la partecipazione di Maurizio de Marco, il sostituto procuratore che ha condotto le indagini sui colossali traffici illeciti di Imperiale. A moderare il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Vincenzo Iurillo.
L’evento è stato promosso dalla Libreria Tasso con il patrocinio del Comune di Sorrento.
Una vita a dir poco rocambolesca e spericolata, quella vissuta da Raffaele Imperiale che, partito da Castellammare di Stabia, ha dominato per trent’anni il traffico della cocaina tra l’Europa e il Sudamerica. Un narcotrafficante di spicco, tra i superlatitanti più pericolosi fino all’arresto nel 2021, che per ottenere sconti di pena ha consegnato allo Stato nel 2016 due quadri di Van Gogh, e nel 2023 un’intera isola al largo di Dubai, prima di pentirsi e cominciare a collaborare con la giustizia.
Il giornalista Vincenzo Iurillo, in un suo articolo, così scrive: «Tra le istruzioni lasciate al suo avvocato per i primi abboccamenti con gli statunitensi, e le videoconferenze in prima persona su zoom con gli emissari dell’Fbi e della Dea incaricati di dialogare, per circa sei anni il potente camorrista e trafficante internazionale di droga Raffaele Imperiale ci ha pensato sul serio. Da Amsterdam e fino alla latitanza dorata di Dubai, Imperiale ha trattato a lungo con l’autorità giudiziaria degli Stati Uniti le condizioni per una collaborazione con loro. In cambio di un aiuto ad incastrare gli altri capi del cartello mondiale della droga, gli Usa avrebbero garantito a Imperiale di patteggiare una pena mite per riciclaggio e, dopo un breve periodo di detenzione, rifarsi una vita negli Stati Uniti, con la famiglia e gli affetti. Senza rinunciare a troppi di quegli agi a cui si era abituato da multimilionario. E, soprattutto, sotto l’ombrello del riparo dalle richieste di estradizione che sarebbero piovute da tutti gli stati coi quali aveva inchieste sul groppone e pendenze da risolvere.
A cominciare dall’Italia, dove il boss dei Van Gogh originario di Castellammare di Stabia era inseguito da una condanna a quasi 6 anni e da altre ordinanze di arresto prodotte a Napoli e rimaste nel limbo dell’impossibilità di eseguirle, vista la scarsa collaborazione del governo emiratino. Ma fu il procuratore di Napoli Giovanni Melillo (ora capo della Direzione Nazionale Antimafia), che mise sul tavolo relazioni internazionali costruite quando era capo di gabinetto del ministro di Giustizia Andrea Orlando, a sfilare la ‘polpetta Imperiale’ dal piatto degli americani, che forse ne pregustavano il sapore.
A percorrere l’ultimo chilometro ci pensò il ministro di Giustizia Marta Cartabia, incontrando personalmente le massime autorità politiche del paese arabo, a nome di un governo finalmente consapevole fino in fondo del peso criminale di Imperiale e della necessità di riportarlo in Italia, a pagare il conto degli eccellenti risultati investigativi e processuali ottenuti dai pm anticamorra Maurizio De Marco, Lucio Giugliano, Giuliano Caputo e Vincenza Marra. Un accordo bilaterale tra Italia ed Emirati, fino ad allora valido poco più di una scritta tracciata sul bagnasciuga di una spiaggia, prese così improvvisamente vigore. E ‘Lelluccio Ferrarelle’ (vecchio soprannome di quando commerciava onestamente acque minerali e bibite nel napoletano) fu arrestato a Dubai nel luglio 2021 e dopo diversi mesi espulso e consegnato ai servizi italiani. Furono loro a condurlo al carcere di Rebibbia, nel 2022, dove ci mise poche settimane a pentirsi. Il 22 novembre 2022 Imperiale dice ai pm De Marco e Giugliano: “Avete fatto un ottimo lavoro, mi sento fiero di nuovo di dire sono italiano, perché avevo perso un po’ la speranza negli ultimi dieci anni. Io mi sento fiero di essere italiano, perché ho visto che i servizi a un certo livello veramente lavorano…”».