Amalfi, quella frana del 22 dicembre 1899 che provocò 11 morti, la storia della resilienza dei Gambardella del Santa Caterina

8 novembre 2024 | 10:20
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Amalfi, quella frana del 22 dicembre 1899 che provocò 11 morti, la storia della resilienza dei Gambardella del Santa Caterina

Amalfi, quella frana del 22 dicembre 1899 che distrusse il Santa Caterina e provocò 11 morti. Una foto postata oggi da Giovanni Fucito ci ha fatto tornare in mente un pezzo di storia della Costiera amalfitana. Oggi si parla di frane, territorio a rischio idrogeologico,  mutamenti climatici, che sicuramente ci sono stati, ma il rischio  fa parte della storia della Divina e bisogna tenerne sempre conto. Quel giorno , alla vigilia del Natale e dell’inizio del nuovo secolo, ci furono undici morti, di cui due stranieri, i cui corpi non sono mai stati ritrovati. Da qui una bella storia di resilienza degli amalfitani, in particolare della famiglia Gambardella. Raccontata da Renato Andreoletti su Hotel Domani, che ci piace riportare perchè è stata fatta durante il Covid, altra “frana” che la famiglia e gli amalfitani sono riusciti a superare:

“Fin dal 1200 incombente sul mare, a 600 metri dall’abitato di Amalfi, a mezza costa fu edificato un cenobio prima abitato dai monaci cistercensi, poi dai frati cappuccini, infine trasformato in albergo nel 1885. Ai piedi del convento, tra la montagna e il mare, nel 1860 Giuseppe Gambardella, medico di Amalfi, si fece costruire la sua personale abitazione, successivamente ebbe l’idea, data la posizione aggettante sul mare, lungo la strada che prosegue sinuosa verso Praiano, Positano e la costiera sorrentina, di trasformare la sua abitazione in albergo con il nome di Hotel Santa Caterina.

Il piccolo albergo fu ampliato nel 1899, anno fatale perché il 22 dicembre fu completamente distrutto da un’imponente frana che si staccò dalla roccia che era accanto all’Hotel Cappuccini e travolse quel tratto di costiera. La famiglia Gambardella perse tutto tranne la vita finendo in miseria. Il figlio Crescenzo, di 12 anni, che era destinato a diventare medico come il padre, dovette interrompere gli studi e iniziare a lavorare. La madre vendette una piccola proprietà che possedeva e assieme al marito acquistò una casetta con giardino poco distante dal primo albergo distrutto, in una zona più sicura e riparata rispetto al rischio di frane, spostandosi di altri 600 metri andando sempre verso Ovest lungo l’impareggiabile costa rocciosa dell’Amalfitano.

Ci vollero cinque anni di sacrifici, Crescenzo e la madre costruirono materialmente le prime sei camere del nuovo Hotel Santa Caterina che fu riaperto il 4 febbraio del 1904. Esperienze del genere segnano, e non poco. Crescenzo Gambardella divenne uomo assai prima dei suoi coetanei rivelando una personalità forte, votata al riscatto di ciò che avevano perso i suoi genitori. Crescenzo, giovane imprenditore amalfitano dotato di energia inesauribile e volontà di ferro, lavorò duramente tutta la vita, ampliò ogni anno l’albergo, acquistò proprietà confinanti dotando così l’hotel anche di una spettacolare discesa a mare. In tarda età sposò Alma, donna risoluta e capacissima.

Crescenzo e Alma ebbero due figlie, Giusi e Ninni, alle quali papà Crescenzo non smise mai di raccontare la terribile tragedia che ne aveva segnato la vita, trasmettendo loro un esempio di vocazione al lavoro e determinazione a raggiungere risultati anche contro l’inclemenza della natura e la dabbenaggine degli esseri umani che solo 11 anni dopo la riapertura dell’albergo avevano precipitato il Paese e l’intero continente europeo nella Prima guerra mondiale che sulla costiera significò il sacrificio di tanti giovani che partirono per un fronte a dir poco lontano, su montagne sconosciute quanto impervie, senza mai far ritorno alle loro case. Non bastasse, vent’anni dopo la tragedia si sarebbe ripetuta, e questa volta su scala assai più vasta, arrivando perfino sulla costiera con gli eserciti invasori, prima i tedeschi, che si insediarono comodamente nel più bell’albergo di Amalfi, il Santa Caterina, e poi gli americani, ritiratisi i tedeschi, che dell’Hotel Santa Caterina fecero il primo Rest Camp sulla costiera per i loro ufficiali convalescenti.

“Finita la guerra, ripreso in mano l’albergo maltrattato a dir poco da tutti coloro che l’avevano occupato, Crescenzo ed Alma lo riportarono al suo splendore, ampliandolo progressivamente. A partire da metà anni ’70, noi figlie abbiamo proseguito in quest’opera, portando l’albergo a 66 camere di cui 36 nel corpo centrale, le altre disseminate lungo la scogliera, vere e proprie abitazioni di lusso incastonate tra la roccia e il mare, nascoste in questa sorta di esplosione botanica controllata che è diventato l’albergo. L’hotel si estende su 500 metri di costa tra terrazze coltivate a limoni, ulivi e orti che ci danno la materia prima che fa felici i nostri cuochi guidati da un maestro di rara sapienza quanto notevole modestia, Giuseppe Stanzione, che aveva già conquistato la stella Michelin e che l’ha confermata anche al ristorante Glicine dell’Hotel Santa Caterina” raccontano Giusi e Ninni Gambardella, che governano assieme l’albergo assistite dai rispettivi figli Crescenzo Gargano, Alessandro e Beatrice Camera.

“Fin dal 1946 – spiegano – ci siamo avvalsi di un architetto che è diventato soprattutto un amico di famiglia, Alfredo Gravagnuolo, un maestro dell’architettura del 1900, per ben quattro decenni colonna luminosa della Facoltà di Architettura di Napoli a Palazzo Gravina. Dal 1946 al 1999 Alfredo Gravagnuolo è stato anche l’architetto dell’Hotel Santa Caterina. La sua impronta è presente come se fosse solo ieri che progettò i pavimenti in maiolica disegnando personalmente i soggetti poi realizzati dalla Ceramica Artistica Solimene di Vietri, i festoni in maiolica che corrono lungo i pavimenti collegandoli tra di loro, il bancone del bar in pietra pugliese, realizzato da un artista locale sempre su disegno dell’architetto Gravagnuolo.”

“L’architetto scoprì un particolare marmo azzurro, con il quale erano stati realizzati dei piccoli oggetti, cercò la cava e ne fece il particolare pavimento del ristorante Glicine che riprende il colore e la forma delle onde del mare. L’Azul Macaubas, una quarzite naturale molto famosa e apprezzata, si presenta di colore non uniforme, ma omogeneamente sfumato nelle varie gradazioni di blu e azzurro, dai toni più delicati a quelli più affascinanti e profondi. Sembrano le onde del mare. I siti di estrazione si trovano a ovest della citta di Macaubas nello stato di Bahia, in Brasile. Questo marmo è caratterizzato da una grande durevolezza e resistenza. Lo abbiamo installato oltre 30 anni fa e sembra che sia stato appena posato. L’architetto Gravagnuolo se ne innamorò, per noi ha rappresentato un grosso investimento che nel tempo si è rivelato vincente, come tutti gli interventi proposti e attuati dal grande architetto nostro amico.”

Più che un hotel, un sogno fronte mare
Linee classiche, architettura mediterranea e lo stile delle ville amalfitane: tutte le camere dell’Hotel Santa Caterina sono caratterizzate da ampi spazi luminosi, pavimenti in ceramica dipinta a mano, stanze da bagno con maioliche e marmi, balconi con vista sul mare di Amalfi o sul giardino privato. Nell’edificio principale si trovano trentasei camere di tipologia Partial Sea View, Executive Partial Sea View, Front Sea View e Deluxe e 13 tra Junior Suite, Executive Junior Suite e Suite. Inoltre, tra le Garden Suites, la “Villa Santa Caterina” e “Villa il Rosso” si contano altre 17 sistemazioni tra camere e suite di lusso.

Il concetto unificante è l’esclusività degli ambienti offerti, l’emozione indiscussa offerta sia dall’arredo e dalla luminosità degli ambienti quanto dall’impatto con l’esterno e il mare che fronteggia l’albergo. Andrew Camera, classe 1963, è nato in Inghilterra da padre amalfitano e madre inglese, ritornato in Italia assieme alla famiglia nel 1975 ha iniziato a lavorare da adolescente nell’attività turistica di famiglia in costiera, è arrivato all’Hotel Santa Caterina nel 1999, ora ne è l’Hotel Manager. “L’albergo è un classico hotel di famiglia, della famiglia Gambardella, dove l’attenzione ai dettagli come alle persone è la caratteristica intrinseca della cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza. Lo staff è preparato, motivato, selezionato per mentalità prima che per il curriculum professionale. Il risultato è un voto di 9,5 in Booking che è di 9,5 per i servizi, 9,6 per la pulizia, 9,7 sia per il comfort che per la posizione.”

“Da noi il lusso non è mai ostentazione ma semmai discrezione, attenzione, il bello nelle scelte architettoniche e di arredo, che richiamano la storia della nostra costiera, è nella qualità riconosciuta della ristorazione che è innanzitutto qualità delle materie prime, frutto di un’attenta selezione dei produttori, e poi delle tecniche di cottura, che devono rispettare i profumi di ciò che entra in cucina esaltandoli, proponendo piatti gustosi quanto digeribili, con un servizio in sala inappuntabile professionalmente quanto empatico nel rapporto umano. La nostra cucina è a induzione elettrica, più sana e sicura rispetto a quelle tradizionali. Disponiamo di una cantina dei vini che spazia dai migliori produttori della costiera e della regione ai migliori d’Italia e del mondo. La piscina esterna è alimentata con acqua di mare. Il ristorante sulla piattaforma a mare è improntato prevalentemente sul pesce, quello del Glicine è più universale, dispone anche di menù dedicati ai vegetariani come ai vegani senza contare tutti coloro che soffrono di allergie alimentari per i quali proponiamo sempre le migliori soluzioni.

Il verde e le piante da frutto rappresentano un’attività assai complessa affidata a un piccolo esercito di giardinieri e contadini. Per 66 camere, lo staff complessivo dell’albergo ammonta a 165 persone. La clientela americana rappresenta il 70 per cento dei nostri ospiti. Tornerà a partire già dal 2021.” e continua.