Da Meta, Giuseppe Tito contro il PD: accuse a Schlein e risposte sul caos in Campania
Giuseppe Tito, sindaco di Meta, critica duramente la leadership di Elly Schlein e denuncia le contraddizioni interne al PD.
Con un video su Facebook che non lascia spazio a fraintendimenti, Giuseppe Tito, figura di spicco del PD in Penisola Sorrentina, sindaco di Meta e consigliere della Città Metropolitana di Napoli, ha offerto un’analisi tagliente e realista sullo stato attuale del Partito Democratico. Al centro del suo intervento, il conflitto tra la segreteria nazionale guidata da Elly Schlein e il governatore della Campania Vincenzo De Luca, che ha acceso le cronache politiche nazionali a causa della controversa questione del terzo mandato. Tito non si è risparmiato, elencando uno dopo l’altro errori, incongruenze e contraddizioni della leadership attuale, fino a invocare apertamente le dimissioni di Schlein, attribuendole il peso di sconfitte recenti come quella nelle elezioni regionali in Liguria.
La sfida alla leadership di Schlein
Tito ha puntato il dito contro le decisioni ambigue della segretaria, portando come esempio il suo stesso percorso politico. Durante la sua esperienza come consigliere metropolitano nella giunta di Luigi de Magistris, Tito si rifiutò di obbedire a una direttiva del PD che imponeva ai consiglieri di ritirare le deleghe assegnate. Per lui, la priorità era rappresentare i cittadini e i territori che lo avevano sostenuto, anche a costo di scontrarsi con il partito. La conseguenza? L’espulsione.
Tito ha evidenziato come le attuali vicende del consiglio regionale campano siano ancora più gravi. Nonostante il veto di Schlein sul voto alla legge che consentirebbe un terzo mandato a De Luca, i consiglieri PD l’hanno approvata, dimostrando una sfida aperta alla segreteria. Inoltre, pochi giorni dopo, hanno confermato la fiducia al governatore, respingendo la mozione di sfiducia proposta dal centrodestra. Tito si chiede: cosa farà ora il PD? Ignorerà questa disobbedienza plateale o prenderà provvedimenti concreti?
Il problema, secondo Tito, non si limita ai singoli episodi, ma coinvolge anche la gestione del partito a livello regionale. Il commissario regionale del PD, Antonio Misiani, ha visto prorogare il proprio mandato senza che si lasciasse spazio a un congresso per dar voce alla base. Questa decisione rafforza l’immagine di un PD incapace di costruire una leadership partecipativa e coerente.
Tito ha inoltre messo in evidenza l’ipocrisia che aleggia attorno alla regola del terzo mandato. Perché, si chiede, questa norma non si applica anche ai parlamentari, molti dei quali occupano seggi da decenni senza che nessuno metta in discussione il loro ruolo? Emblematico è il caso di Pier Ferdinando Casini, da anni privo di un partito proprio, ma costantemente sostenuto dal PD, che gli garantisce una presenza ininterrotta in Parlamento dal 1983.
Secondo Tito, queste incoerenze stanno minando la credibilità del PD come forza politica in grado di governare il Paese. Il rischio è che il rinnovamento promesso si traduca in una resa dei conti interna tra le correnti, senza risolvere le questioni strutturali che paralizzano il partito. Il caso campano, con la sua portata emblematica, rappresenta un bivio: il PD deve fornire risposte chiare e rapide, pena un nuovo, ennesimo fallimento politico.
Giuseppe Tito lancia un monito che risuona forte e chiaro: senza coerenza e trasparenza, il Partito Democratico rischia di rimanere prigioniero delle sue contraddizioni, condannandosi all’irrilevanza.