“E così anche il pescatore lo abbiamo messo a posto”, i retroscena sull’omicidio di Angelo Vassallo che voleva fermare la camorra e la droga nel Cilento

8 novembre 2024 | 11:03
Share0
“E così anche il pescatore lo abbiamo messo a posto”, i retroscena sull’omicidio di Angelo Vassallo che voleva fermare la camorra e la droga nel Cilento

“E così anche il pescatore lo abbiamo messo a posto”, i retroscena sull’omicidio di Angelo Vassallo che voleva fermare la camorra e la droga nel Cilento . Lo sapevano tutti oramai che c’erano state le complicità delle istituzioni, delle mele marce dell’arma, ora , dopo gli arresti, vengono fuori dei particolari, ed emerge finalmente anche la verità. Pochi giorni prima di essere ammazzato, il sindaco di Pollica Angelo Vassallo aveva manifestato la paura di essere ucciso al suo amico vicesindaco di Lustra, altro paesino del Cilento, Domenico Vaccaro. “Vassallo – emerge dall’ordinanza della Procura di Salerno – maturava la chiara ed effettiva percezione della presenza sul territorio di una organizzazione criminale operante secondo gli schemi camorristici, tanto da confidare a Domenico Vaccaro che qualcuno voleva portare la camorra in Cilento manifestando seri timori per la propria incolumità tanto da modificare radicalmente le sue abitudini. Ad un certo punto – si legge nel verbale reso da Vaccaro agli inquirenti nel 2021 – Vassallo confidò di avere delle grosse preoccupazioni e disse testualmente: “Ho visto e sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe stato meglio non sapere e non vedere, vogliono portare la camorra nel Cilento ed io farò di tutto perché ciò non avvenga, ed ho paura che mi fanno fuori, tengo paura che mi fanno fuori. Torno a casa prima di mezzanotte, non faccio mai la stessa strada e non mi fermo chiunque incontro per strada, anche se è un amico”.

Il depistaggio
“E così anche il pescatore lo abbiamo messo a posto”. E’ Romolo Ridosso a commentare l’agguato costato la vita all’ex sindaco di Pollica. Il particolare emerge dall’ordinanza, con la quale la gip del Tribunale di Salerno Annamaria Ferraiolo ha portato in carcere il colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, 54 anni, l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, 62 anni, l’imprenditore Giuseppe Cipriano, 56 anni, e Romolo Ridosso, 63 anni, ritenuto esponente del clan camorristico Ridosso-Loreto. A casa di Ridosso, subito dopo l’agguato c’era stato un incontro cosi’ come ha raccontato agli investigatori l’allora sua convivente, già testimone di giustizia, considerata attendibile dagli investigatori della Dda di Salerno che, per oltre un decennio, hanno cercato di far luce sull’omicidio del ‘sindaco pescatore’, come era soprannominato Vassallo. La donna racconta agli investigatori di un incontro tra Cioffi, Cipriano e Ridosso nell’abitazione di quest’ultimo a Lettere (Napoli). I due ospiti arrivano sul posto a bordo di un Suv nero e sono accolti da Ridosso, che intrattiene con loro una conversazione privata. Al suo rientro in casa, parlando a voce alta da solo, Ridosso afferma: “Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto”, senza aggiungere altro. E inoltre, così come emerge dall’ordinanza, ci sarebbe stato un accordo preventivo per depistare le indagini dell’omicidio al quale avrebbe partecipato Cagnazzo, che poi avrebbe spinto la Procura di Salerno a seguire una falsa pista. Il colonnello Cagnazzo “come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno” indirizzandole verso una falsa pista, “quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo, omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo, per questioni legate allo spaccio di stupefacenti”. Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti del Ros, dopo l’omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all’esame dello stub. Damiani, sosteneva falsamente l’ufficiale dell’arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli. Altra fake news che il carabiniere, sempre secondo gli inquirenti, diffuse all’epoca era quella dell’esistenza di un ‘gruppo Damiani’ dedito al traffico di droga che veniva veicolata attraverso l’uso di un gommone.

Sin dal 2016, Romolo Ridosso, che in quell’anno aveva iniziato a collaborare con la giustizia e che oggi è stato arrestato per concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo, metteva in relazione il delitto del sindaco ‘pescatore’ con il traffico di droga “a quintali” in cui era coinvolto Raffaele Maurelli. Sentito dagli inquirenti all’epoca, Ridosso fece riferimento a presunti collegamenti tra Maurelli (poi deceduto) con i Casalesi e Nicola Schiavone (figlio di Francesco, detto Sandokan), avanzando l’ipotesi dell’esistenza di un gruppo che era in ‘affari’ con i Casalesi, nel quale avrebbe provato a entrare. Tentativo, poi, sfumato perchè “abbandonato” dallo stesso gruppo, dopo l’arresto di suo figlio. E’ Salvatore Ridosso, figlio di Romolo, a raccontare, nel 2014 agli investigatori, del ‘viaggio ad Acciaroli’, uno o due giorni prima del delitto Vassallo. In auto, lui, il padre e Giuseppe Cipriano, conosciuto come Peppe dell’Odeon, raggiunsero la località costiera cilentana perchè Peppe dell’Odeon avrebbe dovuto incontrare una persona. Ma, quell’incontro, secondo quanto riferi’, non ci fu. Salvatore Ridosso rivelò che, poi, appreso dell’omicidio del sindaco ‘pescatore’, lui e il padre si allarmarono perchè convinti di essere finiti in una trappola della persona che li aveva portati ad Acciaroli; loro invece nulla avevano a che fare con il delitto. Quanto ai motivi dell’omicidio, Salvatore Ridosso disse agli inquirenti che Vassallo aveva scoperto un traffico di droga che sarebbe avvenuto, via mare, a bordo di barche che partivano dal porto di Castellammare di Stabia. Lo stupefacente veniva preso nelle zone di Secondigliano da alcuni esponenti del clan Amato-Pagano, caricata sulle imbarcazioni con direzione il porto di Acciaroli. Da li’, poi la droga sarebbe stata smerciata in Calabria e in Cilento.

Il ruolo di Cagnazzo
“Gravi alterazioni” della scena del crimine sono state rilevate dalla Dda di Salerno che indaga sull’omicidio di Angelo Vassallo. Ad alterare la scena del delitto sarebbe stato il colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, tra i primi a intervenire sul luogo dell’omicidio. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori e confluito nell’ordinanza con la quale la gip di Salerno Annamaria Ferraiolo ha disposto la custodia cautelare in carcere per quattro persone (tra cui lo stesso Cagnazzo), mentre erano in corso i rilievi da parte della polizia giudiziaria il colonnello dei Carabinieri avrebbe rimosso di sua iniziativa alcuni reperti, in particolare dei bossoli. Claudio Vassallo, fratello di Angelo, ha riferito che l’ufficiale, al di fuori da ogni prassi investigativo-scientifica, per dimostrare che l’arma del delitto era “una pistola calibro 9” ha raccolto con un rametto, un bossolo, glielo ha mostrato e lo ha rimesso a terra. La stessa scena è stata riferita agli investigatori da un maresciallo dei Carabinieri all’epoca in servizio presso la Stazione di Pollica. Le persone presenti sul luogo del delitto hanno descritto un ulteriore comportamento anomalo assunto sulla scena del crimine dal colonnello Cagnazzo, che si era messo alla ricerca di alcuni mozziconi di sigaretta, che ha portato via dal luogo oggetto di sopralluogo tecnico. Durante il sopralluogo, i militari hanno trovato, in un uliveto sul margine destro della strada a circa 4 metri dall’auto di Vassallo, una sigaretta sulla quale, a seguito di esami, è stato rilevato il dna di Cagnazzo.