Piano di Sorrento, Don Antonino D’Esposito: “Doniamo senza chiedere nulla in cambio”

10 novembre 2024 | 18:38
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Piano di Sorrento. Questa mattina, all’inizio della celebrazione eucaristica, Don Antonino ha sottolineato: «Per noi cristiani celebrare la domenica è un dono straordinario perché ci permette di avere un significato, di ricordarci la direzione della nostra vita. Un autore ebraico dice che gli ebrei avevano in grande considerazione il sabato che è come una cattedrale nel tempo. Ed anche per noi la domenica è una cattedrale nel tempo». L’omelia è stata ricca di spunti di riflessione: «Oggi il Vangelo ci porta direttamente a Gerusalemme. Gesù sta nel tempio ed incontra diverse categorie del popolo di Israele, diverse sfumature e sensibilità, modi di vivere la fede.
Il tempio di Gerusalemme era una costruzione enorme. Un luogo di preghiera ma anche un luogo d’incontro dove la gente agenda andava a passeggiare. Potremmo dire che era il centro religioso ma anche sociale di Gerusalemme. Migliaia di persone salivano e Gesù nel tempio guarda, osserva. Ed abbiamo un primo ammonimento di Gesù ai discepoli ed alla folla: “Guardatevi dagli scribi”. Gli scribi erano quelli che conoscevano la scrittura, che sapevano leggere e scrivere ed appartenevano un po’ all’elite culturale religiosa. “Attenzione a questi perché amano passeggiare in lunghe vesti, vogliono i primi posti nei banchetti, vogliono essere visti”. Queste persone hanno una religiosità di facciata, fanno le cose per essere visti, per essere guardati, per essere ammirati.
E poi Gesù dice: “Divorano le case delle vedove”. Cioè alla fine se ne possono approfittare di uno che è in difficoltà. Quindi la mancanza di carità, la mancanza di solidarietà, è come se vanificasse tutte quelle pratiche religiose che diventano in qualche modo un apparato esteriore a cui non corrisponde la vita. Quindi il rischio di una religiosità falsa, apparente, autoappagante, narcisistica, dell’uomo che mette l’io al posto di Dio. In fondo quello che si fa per essere ammirati, lodati, per avere un ritorno di immagine e di gratificazione, di vantaggi.
Gesù è vissuto un’epoca in cui non c’erano i social. Cosa direbbe Gesù con i social? Dove alla fine il rischio è che anche tante cose che si fanno in bene abbiamo bisogno di pubblicare, di far vedere e se non si vede non va bene. Se un altro dice bene di noi ci sta pure, ma che uno si autoesalti, che uno pubblichi continuamente il bene che fa a volte può essere un po’ pericoloso. E’ chiaro che tutti abbiamo bisogno a volte di un ritorno, ci fa piacere se una cosa ha un’approvazione, questo è umano. Ma quando poi questo diventa solamente apparenza, diventa una dipendenza quasi da quello che gli altri dicono, fanno e pensano. Allora questo poi diventa pericoloso. Gesù ci mette in guardia e ci dà un esempio positivo. Questi scribi e farisei sono il rischio di una deriva di apparenza, di narcisismo, di ostentazione.
Proprio Gesù nel tempio ci dà un esempio positivo. In mezzo a questa gente che va lì e si fa vedere facendo le sue offerte in modo molto appariscente c’è una povera vedova che offre degli spiccioli ma è tutto quello che ha per vivere. Gesù chiama i discepoli e dice: “Guardate questa donna, lei è un esempio di fede”. Non è questione di quanto ha dato ma quello che ha dato era tutto quanto aveva per vivere. Quindi una donna che più degli altri in qualche modo vive una fede ed una fiducia in Dio senza ostentazione. E Gesù la mostra come esempio di una donna che ha dato tutto, ha gettato tutta la sua vita in quella offerta.
Gesù nel Vangelo ci indica i tanti maestri che a volte sono i piccoli, sono quella realtà che noi non guardiamo. Gesù ci indica a volte maestri improbabili che noi non sceglieremmo, che noi non guardiamo. Gesù in questi maestri vede riflessa la verità di Dio, la bontà di Dio, la totalità di Dio.
Chiediamo la grazia di saper anche noi donare come questa donna, non qualcosa, semplicemente donare noi stessi, tutto quello che si ama. A Dio e agli altri non si dà quello che resta ma si dà tutto senza resto. A volte vorremmo donare quello che resta di tante altre cose ma qui questa donna dona tutto senza chiedere il resto. Chiediamo di avere questa fiducia di dare senza chiedere il resto, dare anche con gratitudine, con fiducia, sapendo che certe conferme non ci toccano, non dobbiamo pretenderle. A volte noi vorremmo subito la conferma, l’attestato, vorremmo il bravo, vorremmo il grazie, vorremmo sentirci dire qualcosa. Invece le cose più belle sono quelle che noi facciamo e nell’immediato nessuno se ne accorge, nessuno dice grazie. Significa quel bene porterà un frutto più grande perché non sarà semplice gratificazione ma sarà il Signore che vede tutto, anche le cose più segrete, e sarà lui in qualche modo a dare un bene, quel bene di cui io veramente ho bisogno».
Alla fine della celebrazione Don Antonino ha ricordato l’appuntamento ogni martedì, alle 16.30, nella Basilica di San Michele Arcangelo per la recita di un Santo Rosario per le vocazioni. Ed ha poi anticipato una raccolta destinata al pranzo per i carcerati con la Comunità di Sant’Egidio.
Il 21 dicembre in Basilica un concerto di solidarietà il cui ricavato sarà devoluto alla Custodia di Terra Santa.