La famiglia tra tradizione e trasformazione

16 dicembre 2024 | 19:44
La famiglia tra tradizione e trasformazione

Tra pochi giorni sarà Natale ed è piuttosto diffusa l’idea che sia la festa della famiglia. Per chi è educato alla cultura cristiana, questo accostamento è automatico, perché il Natale è, in effetti, un momento di unione, condivisione e riflessione proprio sul nucleo familiare. Storicamente e simbolicamente, questa celebrazione offre un’opportunità unica per ragionare sulla centralità della famiglia nella nostra vita: è il luogo dove nascono i primi legami, si apprendono valori fondamentali e si perpetuano tradizioni che ci collegano al passato e al futuro. Ma che cos’è davvero la famiglia? Come si è evoluta questa istituzione nel corso del tempo, e quali funzioni ha svolto e continua a svolgere?
In questo articolo, esaminerò le varie idee di famiglia elaborate dagli esseri umani, esplorandone le definizioni, le funzioni e le trasformazioni. Innanzitutto, bisogna partire dalla comprensione di alcuni concetti basilari, per poi addentrarsi nelle loro molteplici manifestazioni culturali, dalle regole di selezione del partner alle strutture familiari, fino al cambiamento dei ruoli delle donne e alle implicazioni economiche di queste istituzioni.
Evidentemente, il Natale che ho evocato con questa introduzione è giusto una cornice simbolica che invita alla riflessione sul tema della famiglia, perché, in realtà, l’argomento va molto al di là.
Esiste una definizione di famiglia?
La famiglia è una istituzione universale, nel senso che se ne ha notizia in ogni società umana conosciuta; tuttavia, la sua definizione varia ampiamente tra culture e periodi storici. In termini generali, possiamo dire che la famiglia è un gruppo sociale che comprende individui legati da vincoli di sangue, matrimonio o adozione, e che svolge funzioni essenziali per il mantenimento della società. Può essere considerata come il nucleo primario delle relazioni umane, dove l’individuo trova il primo contesto per lo sviluppo etico e affettivo. Aristotele la definiva come la “comunità naturale”, mentre pensatori moderni come Hegel la vedevano come un’unità organica che concilia interessi individuali e sociali.
Questo gruppo sociale di base che comunemente chiamato famiglia, dunque, non è concepito allo stesso modo dalle varie società umane, anzi esiste una vasta gamma di strutture familiari. Per la maggior parte degli europei di classe media, ad esempio, la famiglia è composta da un marito, una moglie e i loro figli. Per un pastore dell’Africa orientale, invece, la famiglia potrebbe includere centinaia di parenti, legati sia dal sangue sia dal matrimonio. Tra gli Hopi del Nord America, la famiglia comprende una donna, il suo marito, i loro figli maschi non sposati, le figlie sposate con i rispettivi mariti e figli. E gli esempi potrebbero continuare a lungo.
Dal punto di vista formale, la famiglia può nascere da un’alleanza sociale regolata da norme e consuetudini, a cui generalmente diamo il nome di matrimonio, e che – sempre sul piano normativo – ha l’obiettivo di legittimare le relazioni sessuali, definire i diritti dei figli e consolidare legami tra gruppi familiari. Come sappiamo, esistono varie forme di matrimonio, ma, soprattutto, esistono famiglie anche in assenza di qualsiasi tipo di matrimonio.
Pertanto, sebbene i termini “famiglia” e “matrimonio” siano di uso comune, i loro significati possono risultare ambigui. Poiché vengono utilizzati in modo indiscriminato sia dagli scienziati sociali sia dalle persone comuni, è utile definirli con maggiore precisione.
La famiglia è un’unità sociale caratterizzata da cooperazione economica, gestione della riproduzione e dell’educazione dei figli, e residenza comune. Include adulti di entrambi i sessi che mantengono una relazione sessuale socialmente approvata, e i membri riconoscono reciprocamente diritti e obblighi. Il matrimonio, invece, è un insieme di usanze che formalizzano la relazione tra partner adulti all’interno della famiglia. Si tratta di un’unione socialmente riconosciuta che regola i diritti e i doveri sessuali ed economici tra i coniugi, generalmente con l’assunzione di una certa stabilità nel tempo.
È importante notare che la definizione di matrimonio si riferisce a “partner”, non solo a mariti e mogli. Sebbene nella cultura occidentale si presuma spesso che il matrimonio riguardi esclusivamente uomini e donne, in molte altre società le unioni tra persone dello stesso sesso sono legittime. In alcune regioni dell’Africa occidentale, ad esempio, una donna di successo nel commercio può sposare un’altra donna per ottenere aiuto nelle mansioni domestiche. Tra i Nandi del Kenya, una donna può prendere in moglie un’altra donna se il padre della sposa non ha eredi maschi; in questo caso, un uomo consorte viene scelto per procreare con la sposa. Tra i Cheyenne delle Grandi Pianure americane, i guerrieri potevano prendere come seconde mogli uomini travestiti.
Fino a poco tempo fa, i matrimoni tra persone dello stesso sesso non erano riconosciuti legalmente in nessuna parte del mondo. Tuttavia, nei Paesi occidentali, tali unioni sono ora legalizzate in diverse nazioni, a partire dai Paesi Bassi nel 2001, o in altre forme giuridiche anche in Italia.
Regole, tabù, eccezioni e alternative
Il matrimonio, oltre a rappresentare un’unione sociale e legale, legittima generalmente la relazione sessuale tra i coniugi. Tuttavia, questa legittimazione non è universale o incondizionata. In molte società, norme culturali e religiose stabiliscono periodi in cui i rapporti sessuali tra i coniugi sono proibiti. Ad esempio, durante le mestruazioni, in molte culture il contatto sessuale è considerato impuro. Analogamente, la gravidanza e il periodo successivo al parto sono spesso soggetti a restrizioni, che possono essere giustificate da motivazioni igieniche, simboliche o connesse alla salute della madre e del neonato.
In alcune culture, i tabù sessuali sono associati a eventi specifici come la caccia, la preparazione a una battuta di guerra o momenti di significato religioso, ad esempio prima di riti di fertilità o raccolti. Questi divieti possono servire a rafforzare la disciplina collettiva, mantenere l’equilibrio spirituale o proteggere il gruppo da eventi percepiti come negativi.
Inoltre, il matrimonio può stabilire norme non solo sulla frequenza e i contesti del rapporto sessuale, ma anche sul ruolo della sessualità all’interno della relazione, influenzando le dinamiche di potere, il controllo della procreazione e le aspettative reciproche tra i partner.
Un altro elemento caratteristico è la “permanenza” del matrimonio, spesso considerata un valore ideale, soprattutto nelle società occidentali, dove i rituali matrimoniali includono promesse di impegno eterno. Tuttavia, sebbene ci si prometta “finché morte non ci separi”, nella nostra parte di mondo i tassi di divorzio sono alti: secondo una statistica del 2020, in Europa il Portogallo ha addirittura il 91,5% di divorzi, a cui seguono la Spagna e il Lussemburgo con percentuali superiori all’80%. In Italia, invece, i dati dicono che naufraga circa la metà dei matrimoni. L’effettiva durata delle unioni matrimoniali, dunque, varia notevolmente tra le culture e nel tempo; e i tassi di divorzio elevati in alcuni paesi
industrializzati riflettono un adattamento delle norme sociali alle realtà contemporanee, tra cui la maggiore autonomia economica delle donne, il cambiamento delle aspettative personali e la crescente accettazione della separazione come soluzione a matrimoni infelici.
In molte società tradizionali, invece, il matrimonio può essere meno legato a concetti romantici di durata e più orientato a funzioni economiche, politiche o sociali. Per esempio, tra i Navajo (Stati Uniti), le unioni temporanee sono considerate normali, e gli individui possono avere più matrimoni successivi nel corso della loro vita. In altre culture, come quelle islamiche sciite, il concetto di matrimonio temporaneo esiste formalmente, come nel caso del “Nikah Mut’ah”, un contratto matrimoniale verbale o scritto, di tradizione pre-islamica, un tempo praticato soprattutto da commercianti in viaggio che cercavano una relazione temporanea durante il soggiorno in una città, in cui la durata del matrimonio
deve essere specificata in anticipo (da poche ore fino a novantanove anni), ma non necessita di testimoni o registrazione, anche se la presenza di astanti è consigliata.
Tali pratiche mostrano come la permanenza non sia un elemento universale o necessario del matrimonio, quanto piuttosto una costruzione culturale.
Infine, sebbene nella cultura occidentale sia diffusa l’idea che i membri di una famiglia debbano vivere insieme sotto lo stesso tetto, questa definizione non è valida ovunque. In molte culture africane, le abitazioni separate per mariti e mogli riflettono una divisione delle responsabilità economiche e sociali. Ad esempio, in alcune società pastorali, i mariti si occupano delle mandrie lontano dai villaggi, mentre le mogli gestiscono le attività domestiche. Questa separazione non mina il legame familiare, ma risponde alle esigenze di sopravvivenza e organizzazione sociale.
Un caso interessante è rappresentato dai Nyakyusa (Tanzania), presso i quali i ragazzi adolescenti vivono in villaggi separati dagli adulti, come parte di un sistema di educazione collettiva che prepara i giovani alla vita adulta. Questi esempi dimostrano che la co-residenza non è sempre necessaria per definire un gruppo familiare: le relazioni affettive, i diritti e i doveri reciproci possono trascendere i confini fisici e manifestarsi attraverso altri tipi di interazione e organizzazione.
Funzioni del matrimonio e della famiglia
Il matrimonio e la famiglia sono istituzioni fondamentali per la stabilità delle società umane.
Una delle loro funzioni principali è la regolazione della riproduzione e dell’educazione dei figli. In assenza di strutture familiari, l’organizzazione della cura e del sostentamento dei bambini sarebbe notevolmente più complessa. Attraverso la famiglia, infatti, si stabilisce un ambiente protetto in cui i bambini possono crescere, ricevere educazione e interiorizzare le norme culturali.
Un’altra funzione essenziale è la divisione del lavoro tra i sessi, che consente una distribuzione equilibrata delle responsabilità economiche e domestiche. Questo aspetto è particolarmente rilevante in società tradizionali, dove il matrimonio sancisce l’integrazione di competenze diverse, come la produzione agricola da parte degli uomini e la gestione della casa da parte delle donne. Sebbene le dinamiche siano mutate in molte società moderne, il matrimonio continua a rappresentare una piattaforma di cooperazione economica e sociale.
Infine, il matrimonio crea reti di supporto emotivo ed economico che rafforzano la coesione sociale. Attraverso l’unione di due famiglie, si ampliano le reti di alleanza e cooperazione, creando legami che spesso trascendono i confini della coppia per includere parenti e comunità più ampie. In questo senso, il matrimonio e la famiglia fungono non solo da pilastro individuale, ma anche da fondamenta per l’intero tessuto sociale.
Il matrimonio è un rito di passaggio
In quanto rito, il matrimonio sancisce l’entrata in una nuova fase della vita. Questo passaggio non riguarda solo gli individui coinvolti, ma può riflettere anche un cambiamento a livello familiare e sociale. In molte culture, il matrimonio non è solo un’unione privata tra due persone, ma un accordo che coinvolge interi gruppi familiari e, in alcuni casi, la comunità. Ciò significa che il matrimonio è spesso accompagnato da cerimonie che simboleggiano il cambiamento del ruolo sociale dei partecipanti: la persona che prima era un individuo, o parte di una famiglia nucleare, entra a far parte di una nuova unità sociale con nuove responsabilità e diritti. Nelle società occidentali, ad esempio, il matrimonio segna il passaggio dalla condizione di “singolo” a quella di “marito” o “moglie”, con implicazioni legali e sociali. Nelle società più collettivistiche, il matrimonio può anche implicare l’assunzione di un ruolo più ampio all’interno della rete familiare estesa.
Dal punto di vista simbolico, il matrimonio può essere visto anche come una sorta di “contratto” tra gli individui e le loro famiglie, un impegno che si estende oltre il legame romantico o sessuale. In molte tradizioni, le famiglie non solo approvano ma attivamente partecipano alla negoziazione dell’unione matrimoniale, stabilendo accordi economici, sociali e culturali. Questi contratti matrimoniali spesso prevedono scambi simbolici, come la dote o il pagamento di un “prezzo” per la sposa, che rappresentano impegni reciproci di supporto e protezione tra le due famiglie.
Il significato e la funzione del matrimonio, tuttavia, variano notevolmente tra i contesti culturali e storici: un tempo, il matrimonio era quasi solo un’istituzione che regolava le alleanze politiche, le questioni economiche e la trasmissione dei beni. In molte società tradizionali, il matrimonio era visto principalmente come uno strumento per mantenere o accrescere il potere economico e politico di una famiglia. Le unioni matrimoniali erano spesso decise più sulla base di considerazioni pratiche che di affetto, e le coppie erano tenute a restare insieme per motivi di stabilità sociale, economica e politica.
Tuttavia, con l’evoluzione delle società moderne e l’emergere di nuove ideologie sulla libertà individuale, l’amore romantico ha assunto un ruolo centrale nel matrimonio. In Occidente, specie nel XX e XXI secolo, l’idea di matrimonio basato sull’amore e sul consenso reciproco è diventata dominante. Questo cambiamento ha avuto profonde implicazioni: il matrimonio non è più solo un accordo familiare o economico, ma una scelta individuale, riflettendo un’evoluzione nei valori sociali ed economici.
Nonostante questi cambiamenti, il matrimonio continua a mantenere funzioni che vanno oltre l’aspetto romantico o individuale, perché spesso è ancora il principale meccanismo per garantire la stabilità e la sicurezza, nonché un’istituzione che crea alleanze durature tra famiglie, magari attraverso la condivisione di risorse, il rafforzamento dei legami di parentela e la trasmissione di tradizioni culturali e valori religiosi, con un forte legame con il concetto di comunità.
La parentela lévistraussiana
In antropologia, il matrimonio (e i riti) e la famiglia (e la parentela) sono classici temi di ricerca e riflessione, con una vastissima letteratura prodotta negli ultimi 150 anni.
All’interno di questa tradizione intellettuale, uno dei contributi principali è di Claude Lévi-Strauss con il volume “Le strutture elementari della parentela” (1949). Si tratta di una pietra miliare nell’antropologia strutturale, che segnando un cambiamento radicale nel modo di analizzare le dinamiche sociali e culturali. In questo libro, Lévi-Strauss applica il metodo strutturalista, ispirato in parte alle teorie linguistiche di Ferdinand de Saussure, per esplorare le regole matrimoniali e le alleanze tra i gruppi sociali.
Il punto di partenza di Lévi-Strauss è la constatazione che le norme matrimoniali, lungi dall’essere arbitrarie o esclusivamente determinate da fattori storici o ambientali, seguono logiche profonde e universali. Individua nella proibizione dell’incesto una regola fondativa delle società umane, una interdizione che, lungi dall’essere un limite puramente negativo, assume un valore costruttivo: obbliga gli individui a cercare partner al di fuori del proprio gruppo familiare, favorendo la creazione di legami sociali più ampi. Questo processo, definito “scambio matrimoniale”, diventa il motore dell’organizzazione sociale, poiché trasforma le relazioni biologiche in relazioni culturali.
Lévi-Strauss introduce inoltre il concetto di reciprocità come principio fondamentale degli scambi matrimoniali. Gli individui e i gruppi non si limitano a contrarre alleanze, ma lo fanno secondo schemi che rispettano regole di reciprocità, diretta o differita, creando una rete strutturata di obblighi e diritti. Questa rete non solo stabilisce chi può sposare chi, ma anche come risorse, potere e influenza vengono distribuiti e riprodotti nella società.
Com’è giusto nel dibattito scientifico, quell’opera è stata anche criticata per la sua apparente astrazione e per la tendenza a sottovalutare i fattori storici e materiali, ma rimane un contributo fondamentale per comprendere le basi simboliche della vita sociale.
Infatti, il suo impatto è andato ben oltre l’antropologia, perché ha influenzato profondamente discipline come la linguistica, la sociologia e la psicoanalisi, ispirando pensatori come Jacques Lacan e Michel Foucault.
Abbracciare le imperfezioni
Vista con distacco scientifico, la famiglia è un’entità che non può essere ridotta alla sua sola dimensione affettiva o biologica, perché vi si intrecciano anche dinamiche di potere, interessi di varia natura, interpretazioni giuridiche o, purtroppo, anche forme di violenza.
La famiglia, cioè, è uno spazio cruciale di tensione e trasformazione socio-culturale dalle molteplici forme e dimensioni: monogamia, poligamia, poliandria, famiglie estese o allargate, matrimoni etero o omosessuali, relazioni matrifocali o assenza formale di unione matrimoniale – come nel caso dei Musuo in Cina – sono esempi che sfidano l’idea di un nucleo familiare “naturale”. Come ogni “oggetto culturale”, anche la famiglia cambia, e cambia l’interpretazione che ne diamo: in Italia, ad esempio, il diritto di famiglia ha subito trasformazioni significative, passando dalla rigida gerarchia patriarcale a un modello più egalitario, sancito dalla riforma del 1975.
Come spiega Eva Illouz nei suoi studi sociologici sulle emozioni, la sofferenza amorosa è un turbamento che non sempre deriva da disfunzioni psicologiche individuali, bensì da problemi profondamente radicati nelle strutture sociali, culturali ed economiche della modernità. È certamente molto difficile conciliare libertà, passione e impegno in un mondo in cui l’amore è sempre più oggetto di calcoli e aspettative; tuttavia, possiamo imparare a trasformare o reinterpretare quella sofferenza, cercando di vedere le relazioni amorose come opportunità di crescita, connessione autentica e arricchimento emotivo, piuttosto che come “campi di battaglia”. Nella sua idea più intima, la famiglia basata sull’amore ha molti aspetti positivi da preservare e nutrire: possiamo affrontare le relazioni romantiche, anche quelle difficili, come esperienze di auto-scoperta, in cui ciascun partner esplora le proprie vulnerabilità, desideri e limiti; possiamo preservare le connessioni autentiche, cioè basate sulla trasparenza, la vulnerabilità e l’empatia; possiamo declinare l’amore come un atto di resistenza contro le forze razionalizzanti e commerciali della società moderna, quindi come autentico atto di libertà; possiamo, infine, abbracciare l’imperfezione e apprezzare le sfide e le difficoltà delle relazioni come parte integrante dell’esperienza umana.
Natale può essere ancora quel tempo in cui riflettere su queste esperienze e in cui capire che l’amore non è un fenomeno istantaneo e rapido, ma una costruzione lenta e paziente.
La famiglia del XXI secolo è fragile, eppure, quando c’è, è il risultato di impegno e desiderio, di difficoltà e gioie; forse non è “perfetta”, ma a me sembra più realistica e soddisfacente di alcune sue forme antenate. Oggi la famiglia del rispetto può essere una risorsa che alimenta il benessere e la serenità nel lungo periodo, sia a livello individuale che collettivo, perché è il frutto di un lavoro quotidiano su di sé e sul rapporto con l’altro.
(L’immagine di copertina è tratta da “La Famiglia Addams”, serie-tv andata in onda negli USA dal 1964 al 1966, e poi anche in Italia)