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Manfredi ha ricordato la strage Rapido 904,”democrazia va difesa sempre”

24 dicembre 2024 | 19:47
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Manfredi ha ricordato la strage Rapido 904,”democrazia va difesa sempre”

NAPOLI, 23 dicembre 2024, 17:23

“Sull’attentato occorre fare verità fino in fondo” è questa l’affermazione del primo Cittadino di Napoli 

“C’è ancora un impegno di verità perché in fondo, benché sia stata identificata la matrice di questo attentato fascista, alla fine tutti i retroscena di quello che è successo non sono stati ancora scoperti”. Lo ha detto il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, a margine della commemorazione della strage del rapido 904. “Oggi, in una Europa dove ritornano degli spettri che sono spettri del passato – ha concluso Manfredi – bisogna essere molto vigili, molto presenti, avere memoria, trasferirla ai giovani perché bisogna evitare che quello che è successo in passato possa ritornare. La democrazia va difesa ogni giorno, la libertà ogni giorno” (fonte ANSA)

Ricordare è doloroso, ma necessario. Per provare a chiudere le ferite, ma anche per non lasciare che l’oblio sbiadisca il bisogno di verità e giustizia. Da 40 anni San Benedetto Val di Sambro, piccolo centro adagiato sui dolci pendii dell’Appennino bolognese, commemora la strage del Rapido 904. E da 50 anni fa lo stesso con quella precedente dell’Italicus. Due attentati nello stesso punto, la Grande galleria dell’Appennino. Nel ’74 la bomba scoppiò all’uscita dal tunnel mentre dieci anni più tardi, in una crudele replica, l’esplosione avvenne sotto la montagna. E fu anche peggio della prima volta. Furono 12 i morti del 4 agosto di mezzo secolo fa e 16 quelli del 23 dicembre 1984, più 267 feriti. Domani la signora Loretta Pappagallo parlerà nella commemorazione a San Benedetto, in rappresentanza dell’Associazione strage treno 904. Quella maledetta sera si trovava sulla nona carrozza del Napoli-Milano, dove una mano assassina piazzò l’ordigno. Era salita a Firenze, a Santa Maria Novella: stava tornando a Milano per il lavoro dopo aver lasciato il figlioletto dai nonni, a Empoli. «All’epoca – racconta – lavoravo in regia di una tv privata. Avrei dovuto prendere il direttissimo che sarebbe arrivato a Milano alle 21.30, invece siccome avevo promesso a un collega che gli avrei comprato una cintura per Natale, decisi di salire sul treno successivo, il Rapido 904. Proprio a pochi metri da me, si seppe poi dalle indagini, sulle reticelle dei bagagli, qualcuno aveva depositato la valigetta con il plastico. Mi sedetti in uno scompartimento in cui c’era la famiglia Taglialatela. Entrai e loro stavano sentendo le canzoni di Mario Merola, poi avevano iniziato a mangiare qualcosa visto che era quasi ora di cena. Io però volevo stare tranquilla e sonnecchiare, quindi mi alzai e mi spostai nella carrozza dietro. Quella decisione mi ha salvato la vita, perché quella povera famiglia poi è stata investita in pieno dall’esplosione»

Il tempo di sistemarsi nel nuovo posto e accade l’inimmaginabile. Sono le 19.08, l’Italia sta correndo a comprare gli ultimi regali. Sul Rapido 904 invece il tempo si ferma. «Appena seduta vidi un grande flash, e poi udii un botto terrificante» ricorda la signora Pappagallo. La voce si incrina, tornare indietro di 40 anni fa ancora male. «Per anni non ho potuto guardare i fuochi d’artificio, se scoppiava il temporale andavo a nascondermi come i bambini… Poi grazie alla mia psicologa ho fatto un grande lavoro su me stessa. Per superare il trauma sono tornata in quei luoghi, dove ho avuto modo di conoscere altre persone. Da allora ogni anno partecipo alle commemorazioni». Tra gli incontri più significativi c’è quello con Paolo Vandelli, uno dei ferrovieri in servizio a San Benedetto Val di Sambro che fu tra i primi a spingersi nel buio della galleria per portare i primi soccorsi, trovandosi di fronte una scena di guerra. «Siamo entrati con il mezzo di servizio insieme al collega Giuseppe Facchini – ricorda – C’era tanto fumo, si respirava a fatica. Ci siamo trovati di fronte i superstiti che vagavano sui binari: abbiamo caricato i feriti più gravi e abbiamo aiutato gli altri ad avviarsi verso l’uscita. Ricordo ancora quell’orrenda puzza di bruciato e il sangue sul pavimento del nostro mezzo…». Nell’oscurità, tra i sopravvissuti, c’è anche Loretta Pappagallo. «Non riuscivo a ricordare come ne ero venuta fuori perché la carrozza 9 si era sventrata e la mia, la 10, si era accartocciata – spiega – Poi parlando con la psicologa i ricordi sono riemersi piano piano… Pianti, grida disperate. Mi sono ritrovata a gattonare sui binari. Ho perso lucidità solo relativamente, capivo dove mi trovavo. Avevo fratture alle gambe e mi sono appoggiata al vagone. Attorno urlavano di non muoversi perché era in arrivo da Milano un altro rapido che avrebbe dovuto incrociarsi con il nostro. Doveva essere uno sterminio: per fortuna a Bologna hanno interrotto la circolazione…». A questo punto la voce si spezza di nuovo. «Preferisco fermarmi qui, stanno affiorando brutti ricordi… Mi scusi». C’è anche chi è rimasto in silenzio per 40 anni. Giovanni Manzo, napoletano, era il macchinista del Rapido 904. Non ha mai pronunciato una parola in pubblico: ha partecipato alle cerimonie, restandosene in disparte come uno qualunque. Per anni, il 23 dicembre, è uscito dalla biglietteria di Napoli centrale (dove era stato trasferito) per onorare i caduti, senza dire nulla. A volte, in totale anonimato, accompagna ancora a qualche evento la figlia Rosaria, nel frattempo diventata Presidente dell’Associazione familiari. «Papà è fatto così, anche a noi in famiglia non ha mai detto nulla dell’attentato. Quella sera telefonò a mia madre, che era in preda all’angoscia per dirle solo “Sto bene”. Gli investigatori volevano interrogarlo, ma lui pensava solo a tornare a casa il più in fretta possibile» (fonte Avvenire)