Mena spegne la luce: la gentrificazione commerciale avanza per le botteghe storiche della Divina, tra black friday, e-commerce, caro affitti, overtourism e caos traffico.
Il periodo che precede le festività natalizie è tradizionalmente dedicato agli acquisti, ma sul finire del “Black Friday” e l’inizio delle feste, dicembre getta luci ma anche molte ombre sul tessuto commerciale di Minori, il borgo nel cuore della Costa d’Amalfi, conosciuto come la “Città del Gusto“.
Dopo decenni di attività, “Mena” figlia del fondatore Vincenzo Fasano detto Tittino, che col suo negozio da sempre anima il Corso di Minori, sta per spegnere le sue storiche vetrine.
Il borgo perde un pezzo importante, Me.Fra.An. Abbigliamento, un negozio che è rimasto sempre aperto, offrendo un servizio a residenti e turisti in tutte le stagioni.
Con sconti fino al 70% è alla sua ultima stagione, congedandosi dopo aver consolidato quell’eredità di famiglia che, nonostante le tante difficoltà ed una pandemia, ha mantenuto con orgoglio con l’alta qualità della merce e supportando le esigenze della clientela.
Non a caso è stato scelto tra le location per Equalizer con Denzel Washington, rappresentativo della tradizione dello spirito locale.
È un bilancio pesante quello del commercio a Minori, che nell’ultimo decennio ha perso numerose attività commerciali: dalle calzature alla sanitaria, dall’orologiaio alla profumeria, dai prodotti per animali a tanti altri di svariate tipologie merceologiche ed artigianali, che facevano di questo piccolo centro, un polo commerciale molto significativo, non solo per i residenti del luogo ma anche per i comuni limitrofi.
Diversi i fattori contribuiscono alla desertificazione commerciale e dei servizi al cittadino: l’overtourism e la forte domanda di attività di ristorazione con l’aumento dei canoni di locazione, nonché lo shopping globale sul web.
Il rischio è che negozi e botteghe artigiane storiche, lascino il posto a “catene” e franchising sempre meno legati ai bisogni dei cittadini che abitano i nostri borghi, così che i luoghi si assomiglieranno con stesse insegne e marchi di catena.
La rete delle botteghe storiche invece, dovrebbe diventare patrimonio da difendere, ed in questo, il ruolo di noi consumatori non è argomento marginale.
Alla determinazione e al coraggio dei negozianti infatti, dovrebbe accompagnarsi la consapevolezza degli acquirenti, dato che le logiche del mercato globale sono sempre più estreme.
La politica del prezzo stracciato e delle svendite continue, mette sempre più i negozi in concorrenza con gli e-commerce, a scapito soprattutto della qualità della merce: i capi della fast fashion, costano pochissimo, durano sempre meno ed inquinano di più, ed il prezzo da pagare per la comunità è pesante, con centri storici sempre più desertificati o “gentrificati” ed identici nell’offerta commerciale. Conclusioni: nei nostri centri storici molte serrande non si apriranno mai più, e se i Comuni non daranno una mano concreta al commercio tradizionale, il rischio è quello di vedere soltanto rosticcerie, gelaterie e paninoteche, aperte solo alcuni mesi all’anno, ed i residenti saranno costretti a spostarsi per i propri acquisti con aggravio del traffico veicolare sulla statale costiera, sempre più pericolosa da percorrere.