Sgominata banda del ‘pezzotto’ dalla GdF Napoli
Tre persone gravemente indiziate di aver preso parte, a vario titolo, ad un’associazione per delinquere diretta a realizzare plurimi delitti in materia di diritto d’autore e di re-investimento dei relativi proventi illeciti, il cui promotore risulta coinvolto, altresì, nella commercializzazione di video e foto pedopornografici. Giro d’affari di 850mila di euro
I militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma, hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli nei confronti di tre persone gravemente indiziate di aver preso parte, a vario titolo, ad un’associazione per delinquere diretta a realizzare plurimi delitti in materia di diritto d’autore e di re-investimento dei relativi proventi illeciti, il cui promotore risulta coinvolto, altresì, nella commercializzazione di video e foto pedopornografici.
Le indagini dirette dall’Ufficio di Procura – Sezione III, Criminalità Economica – hanno consentito di accertare che il promotore del sodalizio, celandosi dietro un’identità fittizia, promuoveva sul web e sui social network una IPTV illegale, utilizzata per trasmettere palinsesti, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento delle principali piattaforme di streaming. A tal fine, egli si avvaleva di due sodali che reclutavano i clienti e fornivano loro assistenza.
Complessivamente, sono stati identificati oltre 6.000 utenti privati che avrebbero fatto accesso ai contenuti multimediali non autorizzati attraverso 46 siti web, di cui 19 inibiti nel corso delle indagini e 27 oggetto di sequestro in data odierna. Tra questi ultimi, figura anche il “sito madre”, ossia il link che, mediante un complesso sistema di re-indirizzamento, portava gli utenti ad un nuovo indirizzo web allorquando la pagina originale non era più esistente in rete. Nel primo periodo di operatività del sodalizio, il prezzo degli abbonamenti, variabile tra 10 euro mensili e 80 euro annuali, veniva pagato in contanti o mediante accrediti su conti italiani ed esteri. Successivamente, circa 2 mila utenti avrebbero eseguito pagamenti in criptovaluta confluiti su 64 wallet digitali, oggetto anch’essi di congelamento. La IPTV “pirata” avrebbe generato un giro di affari ammontante, in soli quattro anni, a oltre 850 mila euro.
Il principale indagato – che non ha mai presentato la dichiarazione dei redditi – avrebbe utilizzato la IPTV anche per diffondere canali per adulti. Inoltre, nel corso della perquisizione eseguita nella sua
abitazione, sono stati rinvenuti circa 1.600 file pedopornografici che venivano commercializzati su più gruppi WhatsApp utilizzando un apposito listino prezzi e un conto dedicato. Per ricercare e categorizzare tali file è stata adottata un’innovativa attività di analisi forense consistita nel confrontare le tracce informatiche presenti sui filmati dei minori con i codici hash che, in ambito internazionale, erano risultati già classificati quale materiale pedopornografico.
Nel corso delle perquisizioni sono state sequestrate, inoltre, una sala server abusiva e moderni apparati informatici in grado di generare valute virtuali, nonché sostanza stupefacente derivata dalla cannabis che il principale indagato era solito produrre all’interno di una serra indoor (attrezzata con irrogatore, luci e termostato), ubicata negli stessi locali adibiti a centrale della “IPTV”. Nei confronti del promotore del sodalizio è stata disposta la custodia cautelare in carcere mentre i due sodali sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.