Tragedia al Ruggi: 4 medici accusati di omicidio colposo per un parto senza vita

La decisione del gip riapre le ferite di una tragedia familiare: quattro medici del reparto di ginecologia dovranno rispondere dell’accusa di omicidio colposo in concorso per la morte di un feto alla 26ª settimana.
Si infittisce il caso giudiziario legato alla morte di un feto di 26 settimane avvenuta all’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”. Il gip ha deciso: quattro medici del reparto di ginecologia e ostetricia saranno sottoposti a processo con l’accusa di omicidio colposo in concorso. Entro dieci giorni, il sostituto procuratore incaricato dovrà formulare ufficialmente le accuse, un passaggio chiave che prelude all’udienza preliminare davanti al Gup, per stabilire se i sanitari saranno rinviati a giudizio.
L’episodio risale al 2022, ma la ferita è ancora aperta, soprattutto per la coppia di San Marzano sul Sarno che, dopo la perdita del loro secondogenito alla 26esima settimana di gestazione, ha deciso di lottare per la verità. La denuncia, presentata il 24 agosto dello stesso anno, è diventata il cuore pulsante di un’indagine inizialmente destinata all’archiviazione.
Nonostante la richiesta del pubblico ministero di chiudere il caso, la coppia ha opposto un fermo diniego, chiedendo di approfondire le dinamiche di quanto accaduto. È stato grazie alla loro determinazione che l’inchiesta ha ripreso vigore, portando alla decisione odierna del giudice per le indagini preliminari di disporre l’imputazione coatta per i quattro medici coinvolti.
Ora si attendono gli sviluppi: l’udienza preliminare rappresenterà un momento cruciale per fare luce su eventuali responsabilità e chiarire se ci siano stati errori o omissioni che avrebbero potuto evitare la tragedia. Per i genitori, questa è una battaglia non solo per ottenere giustizia, ma anche per prevenire altri casi simili in futuro.
L’ospedale Ruggi, intanto, si trova sotto i riflettori: la vicenda getta ombre sul reparto di ginecologia e ostetricia, un’area che dovrebbe rappresentare un luogo di sicurezza e vita. Il caso apre una riflessione più ampia sull’importanza di garantire standard elevati di assistenza sanitaria, soprattutto in situazioni delicate come la gestazione e il parto.