Costa Concordia |
Cronaca
/

13 anni dal naufragio della Costa Concordia, uno dei più gravi incidenti marittimi della storia italiana

13 gennaio 2025 | 17:22
Share0
13 anni dal naufragio della Costa Concordia, uno dei più gravi incidenti marittimi della storia italiana

Ricorre oggi il 13esimo anniversario del naufragio della nave da crociera “Costa Concordia”, uno dei più gravi incidenti marittimi della storia italiana. La nave, di proprietà della compagnia di navigazione “Costa Crociere”, salpò dal porto di Civitavecchia alla volta di Savona comandata da Francesco Schettino. A bordo c’erano 4.229 persone tra equipaggio e passeggeri. Alle ore 21.45 del 13 gennaio 2012, giunta nelle acque dell’arcipelago toscano nei pressi dell’Isola del Giglio, entrò in collisione con il gruppo di scogli detti delle Scole. In quel momento, il comandante Francesco Schettino e i suoi sottoposti stavano effettuando il cosiddetto “inchino”, una serie di manovre che vengono compiute nelle vicinanze di insediamenti costieri come forma di saluto verso chi osserva da terra. A seguito del violento impatto la nave riportò l’apertura di una falla lunga circa 35,59 metri sul lato di sinistra della carena. La Concordia, a quel punto, iniziò a imbarcare acqua. Il rumore sentito distintamente dai passeggeri e il fatto che non ci fosse più la luce gettò i turisti nel panico. Qualche minuto dopo, dagli altoparlanti arrivarono le prime rassicurazioni. C’era stato un problema tecnico, si diceva, ma gli addetti stavano lavorando per risolverlo e la situazione era sotto controllo.
Per circa un’ora, i passeggeri rimasero a bordo della nave con la luce che andava e veniva, senza ricevere ulteriori indicazioni. Come hanno raccontato alcuni sopravvissuti nelle varie interviste rilasciate, alcune persone urlavano mentre altre erano tranquille, convinte che la situazione sarebbe migliorata. Alcuni erano tornati nelle cabine, altri si erano già recati vicino alle scialuppe.
L’ordine di indossare i giubbotti di salvataggio e dirigersi alle cosiddette “muster station” arrivò solo tre quarti d’ora dopo l’impatto, alle 22.33. Qualche minuto prima, dopo una serie di tentennamenti, Schettino aveva anche ammesso alla Capitaneria di porto che la nave aveva una falla e aveva chiesto un rimorchiatore. A questo segnale di emergenza, non seguì subito l’ordine di abbandonare la nave: un ritardo che rese più difficili le operazioni di evacuazione.
Il codice di navigazione prevede che il comandante scenda per ultimo dall’imbarcazione se questa è in avaria e punisce con la reclusione chi viola la norma. In quell’occasione, Schettino venne meno al suo dovere. Mise piede a terra quando ancora la maggior parte delle persone era a bordo e non ci tornò nemmeno quando Gregorio de Falco, allora comandante della Capitaneria di porto di Livorno, lo invitò esplicitamente a farlo (“Vada a bordo, c…”).
I bambini, gli anziani, i disabili e le donne incinte dovevano essere tra le prime persone a essere evacuate dalla nave. Come hanno ricostruito alcuni sopravvissuti, le priorità non vennero rispettate poiché molti passeggeri erano sopraffatti dal panico. Dopo l’impatto, la nave aveva infatti iniziato progressivamente ad inclinarsi, riempiendo d’acqua alcuni ambienti.
Le operazioni di soccorso andarono avanti per svariate ore e non furono semplici. Il ritardo con cui venne dato il segnale d’allarme e il progressivo inclinarsi della nave resero alcune scialuppe inutilizzabili. Alcune persone si buttarono in mare per cercare di salvarsi.
Nell’incidente, che si aggravò a causa dell’allarme lanciato in ritardo, morirono 32 persone e altre 157 rimasero ferite.
Il primo febbraio del 2015 il comandante Schettino venne condannato in primo grado a 16 anni di reclusione. Poco più di un anno dopo, la Corte d’Appello di Firenze confermò la condanna. Il 12 maggio del 2017, la Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la sentenza di condanna per Schettino: 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave. L’ex comandante è stato anche interdetto per sempre dai pubblici uffici