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80 anni dal 27 gennaio 1945: il ricordo di una liberazione e l’imperativo della memoria

27 gennaio 2025 | 18:35
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80 anni dal 27 gennaio 1945: il ricordo di una liberazione e l’imperativo della memoria

Il 27 gennaio 1945 segna una data che ha cambiato per sempre il corso della storia. Quel giorno, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, liberando i sopravvissuti e rivelando al mondo l’orrore del genocidio perpetrato dal regime nazista. A distanza di 80 anni, questa giornata continua a essere un momento cruciale di riflessione, commemorazione e consapevolezza collettiva.
Auschwitz-Birkenau, il più grande e letale campo di sterminio nazista, divenne il simbolo della Shoah. In quel complesso, circa 1,1 milioni di persone – in gran parte ebrei, ma anche prigionieri politici, rom, sinti, omosessuali e testimoni di Geova – persero la vita in condizioni di indicibile crudeltà.
Quando i soldati sovietici entrarono nel campo, si trovarono di fronte a una realtà che superava ogni immaginazione: circa 7.000 prigionieri ancora in vita, stremati dalla fame e dalle malattie, e cumuli di vestiti, scarpe, oggetti personali – testimonianze silenziose di vite spezzate. La liberazione di Auschwitz rivelò al mondo l’estensione del genocidio nazista, ponendo le basi per i successivi processi di Norimberga e l’affermazione del concetto di crimini contro l’umanità.
Nel 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito il 27 gennaio come Giorno della Memoria, una ricorrenza internazionale per onorare le vittime dell’Olocausto e per riaffermare il dovere di trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della tolleranza, del rispetto e della giustizia.
Quest’anno, all’ottantesimo anniversario della liberazione, il significato di questa giornata si fa ancora più urgente. Le voci dei sopravvissuti, custodi di una memoria diretta, sono sempre più rare, ma le loro testimonianze continuano a essere una bussola morale per un’umanità che non può permettersi di dimenticare.
Ricordare non è solo un tributo alle vittime: è un atto di responsabilità. La memoria è un antidoto contro l’indifferenza, contro il negazionismo e contro ogni forma di odio che continua a riaffacciarsi in diverse parti del mondo.
A 80 anni di distanza, i giovani hanno un ruolo centrale nel portare avanti la memoria della Shoah. Le scuole, i musei, le istituzioni culturali e le commemorazioni pubbliche sono strumenti fondamentali per far comprendere che ciò che è accaduto non è solo storia, ma un monito per il presente e il futuro.
Il rischio dell’oblio, infatti, è sempre dietro l’angolo. Gli episodi di antisemitismo e di intolleranza non sono relegati al passato, ma trovano nuove forme di espressione. È dunque fondamentale trasmettere ai ragazzi non solo i fatti, ma anche i valori che derivano da essi: la solidarietà, l’empatia, la difesa dei diritti umani.
L’ottantesimo anniversario del 27 gennaio 1945 non è solo un momento per rivolgere lo sguardo al passato, ma anche un’occasione per riflettere su quale società vogliamo costruire. La liberazione di Auschwitz ci ha mostrato il costo disumano dell’odio e della discriminazione, ma ci ha anche insegnato la forza della resilienza umana e l’importanza della giustizia.
In un’epoca in cui i conflitti, le disuguaglianze e le discriminazioni sono ancora drammaticamente presenti, ricordare Auschwitz è più che mai un dovere morale. Come ci insegnano le parole di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
La memoria di quel 27 gennaio di 80 anni fa continua a essere un faro, un monito e un impegno. Non solo per chi ha vissuto quegli orrori, ma per tutti noi che abbiamo il compito di costruire un futuro in cui tali tragedie non possano più accadere.