Chi è Veronica Sposito, l’insegnante di Meta di Sorrento accusata di violenze su minori a Castellammare
Veronica Sposito arrestata per violenza sessuale e maltrattamenti su bambini: l’insegnante di Meta di Sorrento è al centro di un caso che scuote la scuola di Castellammare.
Veronica Sposito, insegnante di sostegno di 37 anni, è finita al centro di un’inchiesta per violenza sessuale, induzione a compiere atti sessuali e maltrattamenti nei confronti di sei alunni del plesso Catello Salvati di Castellammare di Stabia. Le accuse sono emerse a seguito di un’aggressione che la donna ha subito il 14 novembre scorso da parte di genitori e parenti degli alunni coinvolti, scatenando un’indagine che promette di fare chiarezza su una vicenda che sta dividendo l’opinione pubblica.
Veronica Sposito, residente a Meta di Sorrento, è stata arrestata con l’accusa di aver abusato di sei bambini e di averli sottoposti a maltrattamenti fisici e psicologici. La donna, che appartiene a una famiglia molto conosciuta in Penisola Sorrentina è stata accusata di aver utilizzato Internet per instaurare contatti non appropriati con gli alunni.
Secondo quanto emerge dalle 52 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Luisa Crasta, la docente avrebbe abusato di sette studenti, quattro maschi e tre femmine, di età compresa tra i 12 e i 13 anni. Episodi di natura sessuale si sarebbero verificati in un’aula scolastica ribattezzata “la saletta” e in un gruppo virtuale su Instagram, creato dalla stessa insegnante per dialoghi dal contenuto sessualmente esplicito.
Gli studenti hanno raccontato in forma protetta agli investigatori che in questa “saletta” la professoressa mostrava video pornografici, intratteneva conversazioni inappropriate e dava istruzioni su comportamenti sessuali, spingendoli persino a scambiarsi effusioni tra loro. In un caso specifico, la donna avrebbe compiuto un abuso diretto su un giovane alunno.
L’indagine, coordinata dalla pm Bianca Maria Colangelo e diretta dal procuratore Nunzio Fragliasso, si è avvalsa di testimonianze raccolte con delicatezza e riservatezza, che delineano un quadro inquietante. Secondo gli inquirenti, l’indagata non solo ignorava i confini disciplinari, ma mostrava un’indifferenza assoluta verso le conseguenze penali delle sue azioni.
Le lettere consegnate a fine anno scolastico ad alcuni degli alunni, ritenute altamente compromettenti, sono state acquisite come prova. In esse, la professoressa utilizzava un linguaggio considerato inappropriato e molto lontano dalla formalità che ci si aspetta in un rapporto educativo.
Il caso ha scosso la comunità locale, dove la famiglia della docente è ben nota. Genitori e colleghi sono increduli di fronte a tali accuse, mentre i carabinieri continuano a raccogliere elementi a supporto del procedimento. Il carcere è stato ritenuto l’unico strumento efficace per evitare nuovi episodi, vista la spregiudicatezza dimostrata dall’indagata.
Le vittime, intanto, stanno affrontando un percorso di sostegno psicologico per superare gli effetti devastanti di questa esperienza. Alcuni studenti hanno raccontato di soffrire di incubi e difficoltà a dormire, conseguenze dirette del trauma subito.
Questi sono i resoconti delle indagini, ma noi rimaniamo increduli e non ci pentiamo nell’averla difesa contro le aggressioni fisiche delle donne stabiasi. Non ci si fa giustizia da soli. Ricordiamo che fino a condanna vige la presunzione di innocenza.